All’U.S. Open il rough è alto. Altissimo. A volte sembra cresciuto per dispetto. I fili d’erba sono così fitti da inghiottire la palla. Non solo la rallentano, la nascondono. La respingono. È come se il campo stesso dicesse: “Vuoi davvero provarci da qui?”
Eppure, c’è qualcosa di profondamente filosofico in questa scelta progettuale. Come se la USGA volesse ricordarci una verità semplice e brutale: anche quando fai tutto per bene… puoi finire comunque fuori fairway. Il rough è il simbolo dell’imprevisto, del colpo non perfetto, del margine d’errore. Ma anche della nostra capacità di affrontarlo.

Come reagiamo quando il piano fallisce?

I filosofi stoici – Epitteto, Seneca, Marco Aurelio – insegnavano che la libertà non consiste nel controllare gli eventi, ma nel controllare la nostra reazione agli eventi. Epitteto, schiavo diventato maestro, lo ripeteva con insistenza: “Non sono le cose che ci accadono a turbarci, ma il giudizio che ne diamo”
Un colpo finito nel rough non è una tragedia. È un invito. Il fairway è la pianura tranquilla dell’esistenza. Il rough è ciò che ci mette alla prova.
Cammini fino alla palla. Il lie è infame. Duro. Cattivo. Ma non ti è nemico, semplicemente ti sfida.

Possiamo imprecare, prendercela con la palla, col vento, con il destino. Oppure… possiamo abbracciare il rough. Abbracciare il rough significa: non resistere alla realtà, ma farci i conti con lucidità. Abbracciare il rough significa dire: “Sono qui. Questo è ciò che ho. Cosa posso fare adesso?”

Il rough non è il luogo dove tutto finisce. È il luogo dove qualcosa può iniziare. Come nella vita: quando i piani non vanno come previsto, si apre uno spazio nuovo. Uno spazio dove si può improvvisare, adattarsi, migliorare. Filosoficamente, è resilienza applicata al golf.

Entrare in uno stato mentale diverso

Sul fairway giochi con controllo e sicurezza. Nel rough giochi con attenzione, umiltà, creatività.

‘Abbracciare’ significa non aver paura di questo cambiamento di registro.

Significa dire: “Non sono venuto solo per eseguire. Sono venuto anche per imparare.” Accogliere anche la parte ‘non ideale’ del gioco. La vera felicità non consiste nell’evitare le difficoltà, ma nel trasformarle in valore. Il rough può diventare il luogo dove trasformare la frustrazione in forza.
Vederlo non come un ostacolo, ma come una palestra di carattere. Un luogo di lavoro silenzioso, in cui si forgia il temperamento.

Marco Aurelio scriveva: “Ogni difficoltà della vita è un’opportunità per esercitare una virtù. Se ti capita qualcosa, abbine cura: forse era proprio quello che la tua natura doveva allenare.”

Osserva chi gioca bene all’U.S. Open: osserva chi recupera.

Jon Rahm, ad esempio, non è solo potenza e precisione: è resilienza. Quando finisce nel rough, non cambia umore. Accetta la nuova realtà e la affronta. Non prova il colpo che avrebbe voluto. Gioca quello che ha davanti.

Oppure guarda Patrick Cantlay. Misurato. Controllato. Quando la palla affonda nell’erba alta, non accelera, non forza. Respira. Valuta. Colpisce. Senza dramma. Come se il rough non fosse figlio di un errore, ma parte del campo. Parte della vita. Lì, tra quei fili d’erba ribelli, il golf diventa filosofia incarnata.

Il rough non è solo punizione. È rivelazione

Ti costringe a chiederti: chi sei, quando non è tutto perfetto?

Nel rough non puoi fingere. Il colpo non si improvvisa. Devi usare la testa. E il cuore. Come diceva Seneca in Lettere a Lucilio: “Il fuoco prova l’oro. Le avversità provano l’animo forte.” Il rough dell’U.S. Open è la versione vegetale di quell’avversità. È lì che impari cosa significhi davvero “giocare ogni colpo”.

Una caratteristica che ha reso popolare lo stoicismo è che, fin dagli inizi, è stata una filosofia fortemente pratica.  Lo stoicismo offre molti consigli pratici, molti ‘esercizi’ per diventare saggi. Ad esempio, applicando la tecnica chiamata premeditatio malorum, l’esercizio di immaginare cose che potrebbero andare storte o che ci possono essere portate via, ci aiuta a prepararci per gli inevitabili contrattempi della vita.

Un esercizio di ispirazione stoica lo possiamo fare anche in campo pratica: prendi una palla e buttala nel rough. Non colpirla subito. Osservala. Studia l’erba. Cambia bastone. Cambia prospettiva. Poi, con calma, colpisci. Se non esce bene, riprova. Non per la distanza. Ma per la serenità. Per ricordarti che anche nel rough… puoi essere libero.

Se volete approfondire i temi trattati potete scrivermi a: stefano@stefanoscolari.it