Ho avuto la fortuna di giocare la Pro-Am dell’MCB Tour Championship qui nell’isola di Mauritius con Gary Wolstenholme. A molti questo nome potrebbe significare ben poco ma Gary, gigante buono di 1 metro e 90, ha alle spalle una storia incredibile.

Per chi non lo sapesse Wolstenholme è stato per oltre vent’anni un giocatore amateur passato poi al professionismo in tarda età accedendo direttamente allo Staysure Tour.

Un vero anticonformista ed eccentrico che ha dedicato la sua vita al golf e all’Inghilterra giocando per il suo Paese in oltre 20 occasioni.

Ma questa ossessione per il nostro sport non gli ha fruttato nessun guadagno; l’amore folle per il golf lo ha anche costretto a vendere la sua casa e trasferirsi dalla madre. Una scelta che pare assurda ed esagerata, ma quando lo senti parlare e raccontare della propria vita, tutti i pezzi del puzzle si uniscono e il risultato è una storia che va assolutamente letta perché non ci sarà mai un altro golfista come lui.

Gary per chi non ti conoscesse bene descrivi in poche parole la tua vita?
Mi definisco un mammone alto 1.90 che ama il proprio lavoro e il golf sopra ogni cosa. La mia vita non è stata facile. I miei genitori, mio padre in particolar modo, non hanno mai accettato la scelta di non passare al professionismo lottando costantemente per arrivare a fine mese.

Come ti mantenevi?
Mi sono sempre arrangiato in qualche modo con lavori vari fino a diventare marketing manager per un campo da golf. Ma l’ufficio non ha mai fatto per me e appena potevo mi infilavo le scarpe da golf e correvo in campo pratica.

Sei l’uomo dei record con ben 12 vittorie da dilettante e sei apparizioni nella Walker Cup. E non dimentichiamo che proprio in quella competizione hai battuto Tiger Woods nell’edizione del 1995…
Sì, nella mia carriera ho fatto dei buoni risultati e tutti si ricordano la vittoria su Tiger, soprattutto lui (ride). Ma purtroppo ci sono anche dei ricordi negativi legati al mio carattere e alla difficoltà che ho nell’approcciarmi con le persone.

Che cosa intendi? Sembri la persona più disponibile del mondo 
Purtroppo sono stato vittima di bullismo durante le diverse edizioni di Walker Cup da parte dei miei compagni di squadra più giovani. La mia camera d’albergo distrutta, le mie preziose palline, alle quali ero molto legato, rubate. Si è trattato di un bassissimo livello di civiltà e sebbene ci siano sempre due facce in una stessa storia, questi eventi mi hanno colpito e segnato molto.

E tutto questo per colpa del tuo carattere?
Sì, sono schietto, molto schietto e a volte supponente. Ho sempre detto tutto ciò che pensavo e forse è anche per questo che nella mia vita non ho ricevuto molti abbracci.

Mentre giocavamo mi parlavi di un fatto accaduto con la R&A. Di cosa si tratta? 
Se ci penso mi prudono ancora le mani. Nel 2005 vengo contattato dalla R&A e invitato da loro ad unirmi come membro dell’Associazione. Un’opportunità unica per un dilettante inglese che ama la sua terra e tutto ciò che essa rappresenta. Peccato che il motivo fosse un altro.
Arrivato a St. Andrews Peter Dawson, amministratore delegato dell’R&A mi riporta che alcuni soci si sono lamentati perché, a detta loro, Gary Wolstenholme non era “adatto” a rappresentare l’Inghilterra nelle competizioni internazionali. Una delusione e un danno morale che furono però ampiamente ripagati due anni dopo quando ricevetti l’MBE, una delle più alte l’onorificenza britanniche da parte della Casa Reale.

Da qui la scelta di passare al professionismo?
Esatto, ho pensato che dopo quanto accaduto a St. Andrews non ci fosse più posto per me nel mondo dilettantistico. Nel 2008 all’eta di 48 anni decisi di tentare e due anni dopo vinsi il mio titolo sul circuito Over 50. Ammetto che dopo la vittoria in Repubblica Cieca i soldi sono diventati una grande motivazione per me e per mia mamma Joan, la mia prima fan!

Se ti dovessi guardare indietro rifaresti tutto da capo o ci sono cose che ti recrimini?
Meglio che non lo faccia perché ci sarebbero mille opportunità e occasioni mancate. Una su tutte, non essermi fatto una famiglia e non aver avuto figli ai quali trasmettere la mia passione. Quello che però conta è il presente, vivere ogni momento al massimo delle proprie forze e guardare sempre avanti.

A proposito di futuro, come lo vedi il tuo? Ti troverò ancora sui campi da golf nei prossimi 10 anni e oltre?
Penso molto a cosa farò “da grande” e credo che giocherò ancora per almeno tre o quattro anni, dopodiché mangerò gelato finché il mio medico non me lo proibirà!

Grazie Gary per il tuo tempo, la tua incredibile simpatia e schiettezza e i diversi consigli sul putt anche se, lo sai, sono un caso perso. C’è un’ultima cosa che vorresti dire a tutti i giovani che decidono di dedicare la propria vita al golf?
Cara mia di cose da dire ce ne sarebbero molte ma c’è una alla quale tengo molto. Ragazzi godetevi quello che avete, apprezzate le piccole cose e non siate avari. E se poi un putt non entra poco importa, ci sarà sempre una birra ad aspettarvi alla fine della 18!