Phil Mickelson è uscito dai primi 100 giocatori al mondo, fatto che ha segnato la fine di un’era. Stiamo parlando di un’epoca di eterne sfide dentro e fuori dal campo con il rivale storico Tiger Woods, di colpi impossibili e di una fantasia in campo che oggi sembrano scemare.

Era il 1993 quando Lefty entrò nei primi 100 giocatori al mondo. Ci è rimasto ininterrottamente sino ad oggi. Parliamo di 1.425 settimane, un periodo infinito nel quale tutti noi abbiamo trovato grande ispirazione. L’uscita dai primi 100 giocatori del world ranking segna per il golf maschile la fine di un’era.

Mickelson ha segnato un’era a suon di vittorie

Cinquant’anni compiuti nel giugno 2020, “Lefty” è scivolato questa settimana dal 98° al 101° posto  con 1.4123 punti. Tra i giocatori più vincenti in attività, nella World Golf Hall of Fame, Mickelson ha collezionato 44 vittorie sul PGA Tour (cifra comprensiva di cinque Major) senza essere ancora riuscito a completare il Grande Slam (è arrivato sei volte secondo allo US Open, unico Major che non è riuscito a vincere).

Mickelson aveva esordito lo scorso agosto nel Champions Tour, il circuito “senior” statunitense. Esordio segnato da una vittoria che però suonava come un indizio verso una carriera sul tour maggiore irrimediabilmente in discesa. Lefty continuerà a prendere parte alle gare del PGA Tour e ai major, sicuramente metterà ancora in mostra sprazzi del proprio grande talento senza la continuità di un tempo.

E allora avanti i giovani bombardieri con Dustin Johnson sempre saldamente al comando del world ranking e Bryson DeChambeau, con il successo all’Arnold Palmer Invitational, balzato in sesta posizione. Un golf in cerca di leader, di giocatori in grado di far emozionare proprio come Mickelson e Tiger. Un golf che probabilmente è cambiato tanto, troppo, nel quale si spalanca la bocca per un drive che vola 400 yards piuttosto che un flop shot davanti a un laghetto con asta corta.