Mettete i piedi guardando la buca, quindi le mani, allentate la pressione sulla destra staccando leggermente l’indice dall’impugnatura, fate un minuscolo forward press sul grip, staccate il putter et voilà, eccovi serviti sei birdie e un bel meno 6 alla Molinari.

In un Open d’Italia dominato dalle secchiate d’acqua mattutine piovute dal cielo, ci volevano 18 buche tinte d’azzurro. E non solo per quanto riguarda i colori del cielo.

Ci voleva insomma un giro “Molinaroso”, un giro con colpi da tee a green disegnati col righello e zero sbavature. Ci voleva un ricongiungimento col pubblico di casa dopo l’affaire delle Olimpiadi che rischiava di incrinare il rapporto d’amore che ha sempre legato il campione torinese alla folla.

Appaiato in un tee time con Westwood –alle prese con qualche acciacco causa umidità- e Cabrera Bello, due star della prossima Ryder, quello che ha mostrato il gioco più scintillante è stato il nostro Molinari, stagno e solido nello swing manco fosse uno scaldabagno.

Merito anche di una stabilità nella parte inferiore del corpo che ha dell’incredibile: “è sempre stata la chiave del mio swing – spiega il Chicco nazionale al termine delle 18 buche- ciò che mi permette traiettorie così precise è che ho poca separazione tra i fianchi e le spalle”.

Guardare per credere: se confrontato con quello di Westwood o quello di Cabrera Bello, il gioco dei piedi di Francesco nel corso dell’arco dello swing è quello che mostra meno instabilità e più equilibrio.

Morale: colpi con meno effetti e traiettorie al laser verso le bandiere. Soprattutto con i ferri lunghi al green.

Siamo solo a un quarto di gara, come ha tenuto a precisare Molinari, ora è al secondo posto provvisorio ma la strada è ancora lunga: “L’importante è conservare le energie fino a domenica. Quindi adesso devo staccare, ricaricare le pile e ripartire domani”.

Meteo permettendo.