Non vedevo l’ora di partire. L’Irlanda era da sempre una meta che faceva parte della mia lista dei desideri. E ora non vedo l’ora di raccontarvi il motivo per cui, anche dopo il ritorno, sono ancora completamente immerso in una sorta di nirvana golfistico-irlandese.

Anche se volutamente esagerato, credo che il termine possa descrivere bene quello stato di beatitudine, di appagamento, di puro godimento spirituale che la visita e la vista di questa parte di Irlanda mi abbia potuto trasmettere. 

Sunny South East, la chiamano quelli del posto. Per la percentuale maggiore di giornate di sole rispetto alle altre contee dell’isola. Avevano ragione. La costa est a sud di Dublino ci ha regalato giornate inaspettate. Quelle che sai di poter trovare poche settimane all’anno. Esordio felice quindi, pur essendo partito con la valigia piena di stratagemmi anti-freddo e anti-pioggia.

L’abbigliamento ‘a cipolla’ è assolutamente da consigliare. Non tutti nascono con la camicia come il sottoscritto che trova l’Irlanda calda e asciutta quindi la termica sopra e sotto è di grande aiuto nelle giornate dove farete conoscenza con le quattro stagioni in ventiquattro ore.

Neanche a farlo apposta, la nostra guida “spirituale” che lavora per l’ente del turismo locale, Failte Ireland si chiama Rory Mathews, vi viene in mente qualcuno? È lui che per darci il benvenuto ci porta a visitare la Powerscourt House and Gardens con i suoi favolosi giardini e oltre alle varie attrazioni anche due campi da golf da 18 buche.

La sacca è pronta per l’esordio a The European Club di Brittas Bay, io un po’ meno. Davanti alla club house ci aspetta Pat Ruddy, un signore distinto che ha passato da poco i 75 anni. Lui è l’unico proprietario e architetto del percorso, ma soprattutto una persona straordinaria nel vero senso della parola. 

Ha fondato, finanziato e costruito il percorso da zero. Era uno scrittore prima di avvicinarsi all’architettura e alla costruzione. Sono suoi anche i progetti di altri campi (12 in tutto) fra i quali anche il Sandy Hills North al Rosapenna Resort.

Le sue opinioni appassionate sul golf e sul design e gli aneddoti pieni della sua vita ci tengono inchiodati nella piccola, ma ordinatissima ed efficiente club house in attesa del tee time. 

Ci spiega del suo capolavoro, e del layout del percorso che ha continuato a modificare costantemente nel corso degli anni in una ricerca, quasi maniacale, della perfezione. La cosa che mi ha colpito è l’assoluta modernità con la quale è stato concepito il percorso pur mantenendo i valori tradizionali dei links.

Paesaggi di dune aspri, selvaggi a tratti, battuti in continuazione dal vento del mare con bunker profondi e green ondulati. E nonostante tutto ciò la possibilità di avere una visuale completa della buca in 14 occasioni.

Come scrive Ruddy in una delle sue pubblicazioni “The European Club è concepito per ricompensare il golfista ‘pensante’, un posto da sogno per il giocatore che usa il cervello”.

Fairway duri e veloci verso green perfettamente mantenuti che invitano a tenere traiettorie basse sugli approcci. E poi il posizionamento dei bunker. Prima strategico, poi con lo scopo di cambiare la percezione di profondità sia sul colpo di partenza che verso il green. Uno studio durato anni che ha portato anche alla decisione di rendere l’esperienza ancora più unica. Innanzitutto, non confinata alle 18 buche.

‘Give me more golf’ (letto liberamente ‘Fammi giocare di più’) è infatti il claim che l’architetto ha usato quando decise di aggiungere la buca 7a e la 12a. Si tratta di due buche par 3 che si inseriscono perfettamente nel giro, regalando altrettante “cartoline” in più all’ospite. Poi progettando un green di 127 yard (116 metri) al par 4 della 12. Impossibile non provare a puttarlo da parte a parte. Non esiterei a definirlo uno dei migliori links mai giocati, al quale posso affiancare Pebble Beach dal punto di vista scenografico. Il prezzo del green fee è alto, ma commisurato all’esperienza. Da giocare almeno una volta nella vita. Anche Tiger Woods lo ha fatto con un record, ancora imbattuto, di 67 colpi.

Dunque inebriato dalle 20 buche e dall’accoglienza inimmaginabile, ripercorro tutti i miei colpi (77) con il sorriso sulle labbra, mentre ci dirigiamo verso la contea di Wexford dove, a Rosslare il Kelly’s Resort ci ospiterà in attesa del secondo tee time nella Sunny South East.

Due anni più giovane del circolo del golf di Roma Acquasanta, l’Old Course del Rosslare Golf Links, inaugurato nel 1905, (9 buche fino al 1926) ci rivela subito un particolare interessante e molto moderno, pensando all’epoca della progettazione. È un par 72 di 6.786 metri a forma di 8 adagiato su un fianco.

Questo tipo di layout mette il giocatore in condizione di confrontarsi con qualsiasi direzione di vento durante il giro. Pur permettendo qualche errore in più rispetto allo European Club per una maggiore generosità dei fairway, l’Old Course di Rosslare mi ha fatto divertire come un bambino alle giostre.

Il fattore distanza passa in secondo piano anche per la proverbiale compattezza del terreno. Ma la cosa più divertente è utilizzare l’immaginazione usando, se necessario il putt da 40 metri per l’eagle a un par 4 con il vento a favore. O giocare il drive da terra a un par 5 con il vento contro.

Le enormi dune che lo riparano dalla sabbia della spiaggia adiacente ospitano un rough lungo e tagliente, quasi impossibile da gestire, ma giustamente penalizzante per i colpi troppo fuori linea. Si esce dal percorso pronti per rigiocarlo all’infinito alla ricerca di differenti interpretazioni. Ci dicono anche che con due ore a disposizione si può giocare sul Burrow Links, 12 buche disegnate da Christy O’Connor Jr., una validissima alternativa che continua ad attirare molti giocatori.

“I soci al momento sono 1.300 e pagano una quota annua di 950 euro” ci racconta il simpaticissimo Jerry Foley, general manager del golf, che ci sorprende con un pranzo in club house con i rispettivi Captains, che in divisa, ci intratterranno piacevolmente con diversi aneddoti e curiosità locali.

Restano pochi minuti prima di partire per la contea di Kilkenny. Si lascia il mare dopo una brevissima sosta sulla punta più estrema della penisola. Dopo due ore di pullman, attraversando piccoli villaggi disseminati nell’entroterra irlandese, entriamo a Mount Juliet Estate, attuale sede dell’Horizon Irish Open che si disputerà sul Jack Nicklaus Signature Design Golf Course dal 30 giugno al 3 luglio. La tenuta di 200 ettari ospita uno dei resort fra i più belli al mondo.

La Manor House, in stile georgiano, è la quintessenza dell’ospitalità di lusso con decorazioni e arredamento dedicate per ogni singola camera. La Hunter’s Yard, che ospitava cavalli, stallieri e cocchieri, quando Mount Juliet era una fattoria di migliaia di ettari, riunisce ora 93 camere luminose e spaziose, adiacenti alla club house del golf, a pochi passi dalla Spa e a 5 minuti a piedi dalla Manor House. Nel ristorante The Hound si respira un’atmosfera country, ideale per una colazione con vista sul percorso o una cena informale dopo un giro di golf.

Praticamente tutti gli ingredienti per rendere piacevole un soggiorno anche per chi non è un giocatore appassionato che può fare qualche lezione all’Academy di Paul McGinley. 

Chi invece lo fosse, può sfogarsi su un percorso par 72 di 7.264 metri dai tee di campionato che offre la possibilità ai giocatori di qualsiasi livello di poter godere di ogni caratteristica di questo parkland completamente immerso nelle piante secolari della tenuta.

Il disegno di Nicklaus non tradisce, rimanendo fermo nei suoi canoni stilistici, ma regalando scorci di percorso che tolgono il fiato. Lo spazio circostante migliora il tutto con una scenografia dalle mille sfumature di colore, facendo ancora una volta giocare su un campo dagli standard elevatissimi. 

Qui hanno vinto Tiger Woods, Nick Faldo, Sam Torrance, Ernie Else con tutta l’élite del golf mondiale concorde sulla straordinarietà del percorso e della sua ubicazione. 

Per me il valore aggiunto di aver giocato su un percorso sul quale si svolgerà una tappa della stagione del DP World Tour e quindi la possibilità di poterlo commentare con una conoscenza molto più approfondita. La serata a Dublino al Morgan Hotel ci fa passare qualche ora di svago nel quartiere di Temple Bar, noto per la quantità innumerevole di pub. Tempo per scambiarsi informazioni e contatti fra operatori del settore, ma anche per ricordare molti bei momenti passati in soli tre giorni di Sunny South East.