Manca davvero poco all’evento più esaltante e atteso del panorama golfistico mondiale.
Whistling Straits sta per aprire le sue porte all’edizione numero 43 della Ryder Cup e tra i giocatori europei ce n’è uno su tutti che smania di scendere in campo. Parliamo di Tommy Fleetwood, che abbiamo raggiunto alla vigilia della biennale sfida Europa-Stati Uniti.

Impossibile dimenticare quello che l’inglese e Francesco Molinari hanno “combinato” alla Ryder del 2018. Così come è impossibile non ricordarsi dei cori a loro dedicati; quel “Moliwood” che echeggiava da ogni parte del percorso e ci rendeva ancora più orgogliosi di essere italiani.
L’amicizia che lega i due fuoriclasse è profonda, solida e genuina. Dopotutto, è difficile non legare con Fleetwood. 

Chiunque lo abbia incontrato nel suo cammino ricorda la sua simpatia, la sua risata contagiosa e quel non prendersi mai troppo sul serio. Non c’è esempio migliore dell’umorismo inglese del video che Fleetwood ha realizzato con Francesco Molinari durante la festa per la vittoria di Ryder Cup 2018 a Parigi. Probabilmente i 15 secondi più divertenti nella storia del golf e un video diventato virale e visto da più di tre milioni di persone.

Sappiamo molto del campione Tommy Fleetwood. Raccontaci qualcosa che non conosciamo
di te. Se dovessi descrivere una tua giornata ideale, come sarebbe?
Il mio giorno perfetto inizierebbe con una grandissima e gustosa colazione con tutta la famiglia, seguita da momenti di gioco con i miei figli e relax con mia moglie e magari qualche esercizio fisico giusto per non perdere l’allenamento. E poi ancora mangiare. Non c’è niente di meglio della buona cucina fatta in casa.

È vero che c’è una grande differenza tra il PGA e l’European Tour? Questa disparità è soprattutto tecnica piuttosto che organizzativa?
Sono due realtà molto distanti. Due diversi Continenti con differenti fan, giocatori e tipologie di percorsi e, soprattutto, un distinto modo di giocare e approcciarsi ai tornei. Detto questo, bisogna sempre tenere in mente che non importa dove ci si trova, bisogna focalizzarsi sul momento e assicurarsi di avere tutte le carte in regola per essere competitivi e vincere. In qualsiasi parte del mondo si giochi.

Qual è il tuo più grande pregio e il tuo più grande difetto?
Credo che una delle mie migliori qualità sia la capacità mantenere la calma ed essere pragmatico. Spesso sono troppo esigente e critico con me stesso e desidero e mi aspetto sempre di più, il che è sì un punto di forza ma anche, e soprattutto, una debolezza.

Cosa ne pensi dell’utilizzo di telemetri e range finder nei tornei professionistici? Sono uno strumento utile per velocizzare il gioco? E quanto è importante per i dilettanti avere questi sistemi di misurazione?
Partendo dagli amateur, ritengo che i telemetri e i golf watch siano un ottimo strumento sul quale investire per ottenere tutte le informazioni necessarie sia durante le sessioni di allenamento che in gara. Non credo invece che acceleri la routine per noi professionisti rendendo il gioco più riconoscibile agli occhi dei golfisti più creativi.

Sei il nuovo ambasciatore TAG Heuer, come hai contribuito allo sviluppo del TAG Heuer Connected Golf Edition e delle sue caratteristiche?
Mi affido all’esperienza sul campo. Ho il privilegio di giocare ogni settimana con alcuni dei campioni più forti del mondo, ma vedo anche mio padre e i miei figli che amano il golf, si divertono ma vogliono sempre migliorare. Quindi, se sommi tutto, ho un ampio bagaglio di conoscenze su ciò che ogni tipo di golfista desidererebbe. Da qui, lavoro con TAG Heuer per migliorare le capacità tecniche per ogni livello di gioco. 

Chi sono i giocatori con i quali hai legato di più?
Quelli con cui ho avuto il piacere di condividere l’esperienza in Ryder. Durante quella settimana si crea un fortissimo rapporto di amicizia, un sentimento che poi dura negli anni anche fuori dal campo. 

Sei diventato famoso per i tuoi capelli. C’è ancora qualcuno che ti prende in giro?
Ce ne sono meno rispetto agli anni passati. La differenza però è che per alcuni di loro i capelli sono sempre più radi io invece li ho ancora tutti quanti… (ride).  

Qual è il major che sogni di vincere? 
L’Open Championship è in assoluto il mio obiettivo. Sogno di vincere la Claret Jug da sempre. Nello specifico però non c’è un torneo che mi si addice più di altri perché lavoro ogni giorno per costruirmi un gioco il più completo possibile che mi permetta di competere in qualsiasi torneo e su qualsiasi tracciato.

Tutti cantano le gesta dei “Moliwood”. Tre anni dopo, ti sei fatto un’idea del perché tu e Francesco Molinari siete stati imbattibili a Parigi?
Siamo due ragazzi molto simili nel carattere, siamo entrambi calmi e pacati e abbiamo lo stesso senso dell’umorismo. La nostra amicizia è cresciuta e si è consolidata nel tempo. Francesco è un amico con la A maiuscola e con le nostre famiglie ci frequentiamo anche fuori dal campo.

Manca pochissimo alla Ryder Cup di Whistling Straits. Pensi che la squadra americana sia la favorita questa volta?
Presi singolarmente i giocatori statunitensi sono fortissimi così come lo erano nel 2018 a Le National. Dalla mia esperienza ti posso però dire che il legame che noi europei riusciamo a creare è qualcosa di magico. L’affiatamento tra giocatori, capitano, vice capitani e tutto lo staff è fortissimo ed è da sempre la più grande qualità del team europeo. 

Alla Ryder Cup 2023 al Marco Simone chi vedresti bene come capitano europeo?
Mi piacerebbe davvero tanto Lee Westwood, sarebbe un ottimo capitano. L’edizione del 2023 sarà davvero memorabile. Roma è una città incredibile, il teatro di gara perfetto per ospitare un evento come la Ryder.

Hai due metri di putt per vincere l’Open Championship. Cosa ti passa per la testa prima di metterti sulla palla e cercare di cambiare la tua vita per sempre?
Nient’altro che mettere quella palla in buca.

Cosa si può fare per rendere il golf più appetibile per le nuove generazioni?
Il divertimento è la chiave di tutto. Ho una Golf Academy dedicata ai ragazzi che mi appassiona e alla quale dedico molte energie. Attualmente è nella mia città natale, Southport, ma spero di portarla anche in altre realtà. Sono dell’idea che se si riuscisse a rendere il golf più divertente per i bambini tra i 6 e i 14 anni il nostro sport e il numero dei golfisti aumenterebbero esponenzialmente.

Hai sposato il tuo manager. Dicci la verità, chi comanda a casa?
Siamo una squadra coesa in tutto ciò che facciamo. Non credo che sarei l’uomo e il giocatore di golf che oggi sono senza di lei e mi auguro che mia moglie possa dire lo stesso di me. Forse però è meglio chiederglielo!