L’edizione 2022 del Masters continua a stupirmi. Pensavo di averle viste tutte dopo l’incredibile decisione di Tiger Woods di giocare (forse l’unica vera bella notizia di questo major) e il congedo anticipato al taglio di campioni quali Spieth, Rose, Koepka e Molinari.

Passino le condizioni meteo più da località di montagna tipo Aspen o Vail e il vento a raffiche che paragonerei alla bora tipica di Trieste. Avevo anche quasi accettato il fatto che probabilmente, ad aggiudicarsi il primo major 2022, potrebbe essere oggi un tournament player poco empatico e carismatico.

Ma assistere al terzo giro di Rory McIlroy, praticamente da solo, è stata un’esperienza che mi ha lasciato attonito e sulla quale sto ancora riflettendo a distanza di qualche ora.

Rory, il tanto discusso campione nord-irlandese sul quale erano ricadute le speranze di tutti, erede naturale del Fenomeno Tiger grazie alle sue molteplici vittorie in età precoce.

Rory, colui che aveva ridicolizzato 11 anni fa durante lo U.S. Open il difficilissimo campo del Congressional Country Club nei pressi di Bethesda, vicino Washington DC.

Rory, che dopo quella performance, aveva convinto tutti gli addetti ai lavori a suon di trionfi che il nuovo Tiger era finalmente arrivato.

Chi ha vinto 32 tornei in carriera (di cui 20 sul PGA Tour) con 4 major difficilmente può essere criticato ma una cosa è certa: nella convinzione generale di tutti Rory avrebbe dovuto e potuto vincere molto di più.

Il suo talento è sempre stato fuori discussione ma tante, troppe sono state le delusioni negli ultimi anni. E un major non lo vince proprio dalla suo anno d’oro, il 2014, ormai ben otto anni fa…

Nel terzo giro del Masters all’Augusta National, a seguire il talento di Holywood saremmo stati qualche centinaio di persone, non di più.

Tecnica pura, esplosività, feeling e coraggio. Cordilalità nei confronti dei pochi che lo seguivano ma anche concentrazione che gli ha permesso, in una giornata molto complicata, di guadagnare posizioni importanti in classifica.

Per il sottoscritto è stata una goduria immensa poter ammirare e godermi ogni suo singolo colpo, poiché lo ritengo l’unica vera speranza di questo sport, che ha bisogno non solo del campione, dei suoi risultati, e delle vittorie, ma anche di un personaggio.

Perché è inutile nasconderci e sperare che Tiger sia immortale o che ogni due anni ci regali ritorni clamorosi come quello di questa edizione.

Arriverà purtroppo quel momento e se non troviamo subito qualcuno pronto a sostituire anche solo in minima parte il Fenomeno che ha fatto la storia di questo sport, inizieremo a barcollare nelle tenebre del golf.

E secondo me, quel qualcuno esiste già, deve solo prenderne coscienza e rimettersi a fare quello per cui è nato: essere Rory McIlroy.