Storico direttore di Margara e arbitro internazionale di grande esperienza, Gian Marco Griffi oltre al golf ha un grande hobby, scrivere. Ha già pubblicato due libri, e l’ultimo, Ferrovie del Messico, sta ottenendo un enorme successo, diversi premi ed è stato persino proposto per il Premio Strega 2023.

Gian Marco Griffi è molto conosciuto nel mondo del golf: 46 anni, sposato con Paola, un figlio di 4 anni che ha chiamato Dante, come il bisnonno (anche se molti pensano che Dante Alighieri abbia avuto una certa influenza sulla scelta del nome).

Storico direttore sportivo di Margara, arbitro internazionale di grande esperienza e responsabile della SZR1 (l’organo territoriale della FIG che nomina gli arbitri per le gare in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta), giocatore occasionale di golf con un handicap nella media. Un personaggio già di suo. Pochi però sapevano della sua grande passione: scrivere. Aveva già pubblicato due libri (“Più segreti degli angeli sono i suicidi” nel 2017 e “Inciampi” nel 2019), ma il suo scrivere era rimasto nel ristretto giro di lettori attenti, colti ma dai numeri limitati. 

Il Covid, che lo ha tenuto per mesi lontano dal campo di Margara, gli ha però fatto fare il grande salto di qualità. Durante il lock down ha vissuto, come milioni di italiani, un periodo difficile. Ma da qui, è uscito “Ferrovie del Messico”, un libro di 816 pagine.

Dopo una prima timida edizione del maggio 2022, di sole 168 copie a cura di Laurana Editore, il libro ha cominciato a girare: oggi è un successo impressionante, insperato ma – a giudizio di chi scrive, e non solo – assolutamente meritato. La ristampa è infatti giunta alla decima edizione, con un totale di oltre 13.000 copie diffuse.  Era opportuno quindi intervistare per Golf & Turismo un personaggio così famoso nel mondo del golf ma anche anomalo, uno che ha saputo uscire dallo stereotipo dell’addetto, dell’appassionato, del giocatore che vive unicamente con e per questo pur magnifico sport.

Oltre al successo di vendite, questo libro ha già collezionato diversi premi. 

Il primo è stato il Premio di Narrativa Città di Leonforte. Non ho potuto ritirarlo perché in quei giorni ero Direttore di Torneo al Trofeo Lolli Ghetti, una delle gare più importanti in Italia. E poi non me lo aspettavo proprio.

E poi altri due importanti premi a distanza di pochi giorni: il premio Mastercard e il Libro dell’Anno del programma di Rai Radio 3 Fahrenheit, due manifestazioni con giurie di altissimo profilo.

Sì, proprio una grande soddisfazione, soprattutto perché attribuiti a un libro edito da un piccolo editore. Ma ho provato grande soddisfazione anche nel vedere “Ferrovie del Messico” sugli scaffali delle maggiori librerie d’Italia.

E adesso la sorpresa di vedere il tuo libro proposto per il Premio Strega, uno dei massimi premi letterari in Italia. Qui i libri vengono presentati da un gruppo di circa 400 personalità della cultura ed ex vincitori: il tuo è stato indicato da Alessandro Barbero.

Mi onora che, senza conoscerlo personalmente e a mia insaputa, lo abbia presentato Alessandro Barbero, già vincitore dello Strega nel 1996, uno dei più grandi esperti di storia in Italia, professore di Storia Medievale dell’Università del Piemonte Orientale e volto assai noto al pubblico televisivo.

Tante volte hai detto che il tuo sogno è sempre stato scrivere.

Sì, è vero: a me piace scrivere, mettere su carta i miei pensieri, le trame, sviluppare storie legate soprattutto al mio territorio.

Ecco: il territorio. Il tuo libro si svolge per buona parte ad Asti, la tua città, e nel Monferrato.

 Il personaggio protagonista, e che collega tutte le altre storie e i personaggi che appaiono nelle oltre 800 pagine, è Francesco Magetti, detto Cesco, milite della Guardia Nazionale Repubblicana Ferroviaria, di stanza ad Asti nel 1944. 

Viene incaricato di disegnare la carta delle ferrovie del Messico e per questo va in biblioteca a cercare l’unico documento sul Messico di cui è a conoscenza. 

Lì conosce e si innamora istantaneamente e perdutamente di Tilde, la bellissima bibliotecaria. Da qui si sviluppa un mosaico di storie, entrano in scena tanti personaggi (avranno un ruolo anche Hitler ed Eva Braun), tutti collegati dal fil rouge di Cesco, perseguitato da un terribile mal di denti, che per tutto il libro cerca il modo di disegnare la mappa senza avere minimamente idea di come fare.

Quello che colpisce molto è anche lo stile del libro: io lo definirei ‘destrutturato’ e non solo nel linguaggio che è molto ‘parlato’.

 Si, direi che il termine ci sta tutto. Quello che volevo fare è creare un linguaggio che definirei ‘parlato letterato’. Volevo scrivere come parla la gente, ma ad ogni personaggio ho dato un linguaggio suo, con una pluralità di stili perché c’è una pluralità di narratori, dove ognuno parla in modo diverso. Per arrivare a questo ho dovuto costruire un linguaggio che trascendesse la lingua e la sintassi classica e poi decostruirlo per adattarlo al linguaggio delle persone semplici, dando ad ognuno la sua sfumatura. Ecco perché lo definirei un ‘parlato letterato’.

Ma c’è anche un destrutturato temporale. Inserisci nella narrazione elementi di altre epoche come il computer, la musichetta d’attesa al telefono, il casco che legge i pensieri. C’è poi l’inserimento di situazioni piuttosto sorprendenti, fuori dal momento storico della guerra, del clima triste e difficile del momento: l’ufficiale nazista che gioca a golf in un campo del Monferrato, ad esempio. E poi c’è una ironia evidente che aleggia in tutto il libro e che lo rende dilettevole anche nei momenti più cupi.

Ho voluto inserire degli elementi particolari per uscire dal contesto storico. Non è un romanzo storico, anche se ho cercato di creare una base che fosse la più realistica possibile. Quegli anni sono stati tristi, Asti era stata bombardata, c’era la fame, era difficile vivere. Su questa base nasce il romanzo storicamente credibile anche perché l’ho scritto dopo avere trovato dei diari, tanti diari dell’epoca: i libri di storia raccontando una verità, i diari ti fanno immergere nella vita sconosciuta ma legata alla gente, alla vita vera. E da lì sono partito.

Una domanda sulla tua vita. Cosa è cambiato con questo successo? Come l’ha presa il tuo Presidente Maria Amelia Lolli Ghetti, tra l’altro vice presidente della FIG?

Direi che il Presidente è stata fra le persone più felici di quello che mi sta accadendo perché finalmente si porta nel Circolo qualcosa di nuovo che dia modo di proiettare all’esterno un’immagine diversa di ciò che, ancora oggi e nonostante gli sforzi, appare sempre come una realtà chiusa in sé stessa. Per me, ovviamente, è un periodo nuovo, qualcosa di inatteso: le serate in giro per l’Italia, l’incontro con tante persone nuove interessate a ciò che scrivi, conoscere piccole librerie ed editori coraggiosi che ancora riescono a proporre una letteratura di qualità. E pensare di fare parte di questo mondo, mi riempie di orgoglio e gioia.

Un’ultima curiosità: con tutte le bevande che ci sono al mondo, Cesco Magetti beve acqua con l’idrolitina. Perché questa idea?

Perché la bevo io.