I Millennials, secondo la versione più accreditata, sono i nati fra il 1981 e il 1996. Ma qualcuno sposta questo limite fino al 2000, il che comunque significa che stiamo parlando – più o meno – di chi oggi ha da 20 a 39 anni. Con qualche fantastica eccezione (leggi Tiger Woods, Phil Michelson, Adam Scott, Henrik Stenson o Matt Kuchar), i Millennials sono oggi i dominatori del golf mondiale. E, se vogliamo essere ancora più precisi, il numero più folto di protagonisti assoluti si concentra fra gli attuali ventenni.

È quello che sembra aver decretato il Sentry Tournament of Champions, concluso domenica sul magnifico percorso di Kapalua, alle Hawaii. Se il buongiorno si vede dal mattino, il torneo d’apertura del 2020, cui erano invitati tutti i vincitori dell’anno scorso, ha dato un responso molto interessante. I giovani del secondo decennio dei Millennials l’hanno fatta da padroni, a cominciare dai tre che si sono contesi il titolo al playoff.

Il vincitore, Justin Thomas, numero 4 delle classifiche mondiali, è nato a Louisville (Kentucky) 26 anni fa. Come il californiano Xander Schauffele, uscito subito dallo spareggio. Non ancora trentenne il texano Patrick Reed, che invece ha ceduto per ultimo a Thomas, alla terza buca di playoff.

Come se non bastasse, alle loro spalle Patrick Cantley (27) e l’enfant prodige cileno Joaquin Niemann (21). La media delle loro età dice 25,8 e fa sembrare “vecchio” uno come Rickie Fowler, che di anni ne ha 31 e che ha diviso con Niemann il quinto posto del Tournament of Champions. E nei primi dieci ci sono ancora Jon Rahm (25) e l’americano di origini nipponiche Collin Morikawa (22).

Se ci aggiungete che i numeri 1 e 2 del mondo, per scelta assenti a Kapalua come Woods e Molinari, sono Brooks Koepka (29) e Rory Mcilroy (30), il quadro è completo. Nel 2020 assisteremo all’assalto finale dei Millennials del secondo decennio al vertice del World Ranking, con grandissime chances di vittoria nei tornei da antologia. E qualcuno pensa ancora che il golf sia uno sport per vecchi.