Negli ultimi mesi ho sentito muovere alcune critiche all’European Tour. Personalmente ritengo che a livello organizzativo abbiano fatto dei miracoli.

Se torniamo con la mente a marzo o aprile, l’ipotesi di giocare una stagione quasi completa sarebbe stata utopica.

Quindi, complimenti allo staff che, seppur con le limitazioni e montepremi più bassi, ha portato a termine il lavoro.

Da luglio a oggi c’è stato un torneo ogni settimana e questo grazie a uno sforzo organizzativo enorme per permettere a noi giocatori di non avere eccessivi disagi. 

All’inizio c’erano meno voli ed eravamo costretti a viaggiare soli senza condividere macchine a noleggio e hotel, come facciamo di solito.

Si poteva mangiare con una sola persona, sempre la stessa. Io ero con Lorenzo Gagli, con il quale vado molto d’accordo per fortuna.

Peraltro noi europei siamo stati fortunati rispetto, ad esempio, agli asiatici che dovevano rispettare due settimane di quarantena in aeroporto una volta rientrati, o ai sudafricani, che non potevano lasciare il Paese.

All’Open d’Italia al Chervò Golf San Vigilio ho giocato con l’australiano Jason Scrivener che al rientro ha dovuto rimanere due settimane in quarantena e, ovviamente, non uscirà più dall’Australia sino al prossimo anno.

È sicuramente stato un periodo difficile anche per i giocatori, specie nel lockdown completo.

Alcuni non sono riusciti a praticare né a fare preparazione. Rimanere fermi sul divano per settimane rende difficile motivarsi e ripartire, specie con tempi ridotti.

Personalmente non ho patito più di tanto lo stop, ma vivendo in un campo da golf è stato più facile. Ho potuto lavorare durante il lockdown e il gioco ne ha beneficiato.

Purtroppo non sono arrivati i risultati sperati a causa del poco feeling con il putter. I numeri hanno confermato che il mio gioco da tee a green è stato superiore alla media ma il putt abbondantemente sotto.

Ora mi concentrerò, con il supporto di Phil Kenyon, sui green e nel lavoro in palestra per guadagnare qualche metro in più per la prossima stagione che, per me, inizierà ad Hong Kong.

Tornando alle critiche al Tour, molti puntano il dito verso i montepremi, decisamente più bassi in Europa rispetto agli States.

Questo è un problema che il Covid ha solo accentuato ma che ci trasciniamo da anni. Di fatto la disparità tra i due circuiti c’è sempre stata.

Il problema vero e attuale è che da noi è stato quasi impossibile trovare sponsor per i tornei.

La distribuzione dei costi per una gara nel Vecchio Continente è: 40% a carico del Tour, 40% dallo sponsor e il rimanente dagli incassi vari quali biglietti e partner minori.

In USA quasi la metà dei costi vengono coperti da ospitality e biglietti, quello che una volta chiamavamo botteghino.

Ora non si capisce come, nonostante questo disavanzo causato dal porte chiuse, i montepremi siano rimasti invariati.

Probabilmente il PGA Tour aveva liquidità e l’ha usata per non diminuire i montepremi prendendosi un gran rischio nella speranza che la pandemia finirà presto.

Chiaramente se non si tornerà ad avere pubblico la situazione diverrà presto insostenibile. In Europa sono stati più oculati riducendo subito i costi.

La nuova stagione sarà difficile nella prima parte poiché, dopo l’inizio anno nel deserto dove si riesce a giocare, i primi mesi prevedono spostamenti in giro per il mondo in posti oggi off limits.

Già poter iniziare l’anno ci lascia fiduciosi e questo è un ottimo punto di partenza. Poi speriamo che da maggio, unendo clima, esperienza e vaccini, si torni a normalità.

Intanto godiamoci, seppur con le limitazioni, le festività natalizie.

Auguri a tutti!