ll lupo in questione è Matthew Wolff, amichevolmente chiamato Wolfy (lupacchiotto) dagli amici e dal suo coach, George Gankas.

A soli 21 anni è tecnicamente un rookie del Pga Tour, avendo debuttato da professionista al Travellers Championship nel giugno 2019.

Al quarto torneo giocato sul circuito (il primo, a febbraio, da dilettante nel Waste Management Phoenix Open 2019) vince il 3M Open in Minnesota, imbucando un putt da otto metri per l’eagle alla 72ma buca.

Non finisce qui: nello stesso anno conquista sia il campionato universitario NCAA che il primo torneo professionistico, ma soprattutto, dopo uno splendido quarto posto pari merito nell’ultimo  Pga Championship vinto da Collin Morikawa, riesce a ritrovarsi in testa di due colpi dopo 54 buche allo U.S. Open, dove terminerà in seconda posizione dietro al solo DeChambeau.

E tutto questo con uno degli swing meno ortodossi esistenti sul Tour maggiore. Per molti è riconoscibile da quel gesto preparatorio che serve a ricordare al giocatore una sensazione positiva, il cosiddetto ‘waggle’, che nel caso di Wolff è un piccolo balletto hip pop atto a ricreare (solo per lui) la posizione corretta all’impatto.

Per altri l’attenzione cade sulla velocità che il ventunenne californiano genera con la testa del bastone: 135 miglia orarie con la palla che parte a più di 190 miglia per produrre tee shot da 350 metri.

Quello che impressiona il sottoscritto invece, al di là delle indiscutibili qualità del giocatore, è stata la grande capacità di George Gankas di saper trovare la modalità giusta per far rendere Wolff con continuità e ad altissimo livello.

Gankas è un coach che rifiuta i cliché. Lo si evince immediatamente scorrendo le immagini pubblicate sul suo profilo Instagram.

Con i pantaloncini corti, la T-shirt e le infradito potrebbe presentarsi anche alla prima della Scala, ma per il quasi cinquantenne di Los Angeles sono sufficienti il cemento e i tappetini (anche in non ottima condizione) del campo pratica del Westlake Golf Course, dove insegna dal 2007.

Niente di trascendentale quindi: i giocatori che vanno a trovarlo spesso rimangono meravigliati poiché quello che trovano è esattamente quello che “vedono sui social”. 

Gankas è totalmente a suo agio nell’ambiente in cui lavora, conosce perfettamente lo swing, la sua biomeccanica, le sue applicazioni e nonostante abbia una personale idea di movimento (il cosiddetto stock-swing), preferisce rispettare le caratteristiche di ognuno dei più di venti giocatori professionisti che ruotano attorno ai vari tour e mini tour negli Stati Uniti, oltre alle centinaia di altri giocatori dilettanti e appassionati che arrivano al suo cospetto, attirati dalle sue doti di insegnamento.

Per Matthew Wolff l’iter è stato lo stesso.

A 15 anni muoveva il bastone come adesso (sul profilo IG di Gankas con un poco di pazienza lo trovate), ma con una posizione diversa all’impatto.

Partendo dal set up (ovvero la posizione che il giocatore assume di fronte alla palla) che per Gankas è una condizione obbligatoria per soddisfare il miglior movimento in base al giocatore, riesce a trovare il match-up, la giusta combinazione, per far rendere al meglio non solo Wolff ma qualsiasi altro giocatore indipendentemente dal livello di gioco, dall’età, etc.

La passione per il golf, la sua profonda conoscenza e la genialità sono, oltre al tabacco da masticare, gli ingredienti del successo di questo coach che ogni tanto accende il barbecue a lato del campo pratica, per soddisfare anche il palato dei suoi adepti oltre alla vista dei colpi.

Vi piacerebbe incontrarlo? Nessun problema, la lista d’attesa è lunga, ma George non si rifiuterà.

La tariffa per un’ora parte da 600 dollari, sempre meglio che cambiare il driver ogni mese sperando di guadagnare qualche metro.

Se invece ne volete sapere qualcosa in più, il mio collega e amico Paolo Pustetto presso il Golf Verona potrà aiutarvi.