Dicono che uno dei peggiori difetti di noi italiani sia quello di vedere l’erba del vicino sempre più verde.

Ma se il verde di cui parliamo è quello dei nostri fairway, forse è doveroso ricordarsi che il nostro Paese vanta una delle più lunghe e affascinanti tradizioni golfistiche a livello europeo.

Dal 1925 a oggi la massima manifestazione golfistica italiana ha saputo ritagliarsi un ruolo prestigioso e di primissimo piano nel panorama continentale.

Certo, ci sono stati anni difficili e addirittura periodi bui, come il decennio di stop forzato tra il 1961 e il 1970.

Ma basta scorrere l’albo d’oro e l’album dei ricordi delle 75 edizioni sinora disputate per rendersi conto che molti dei grandi nomi che hanno scritto la storia di questo sport hanno calcato i nostri green a caccia di gloria.

Dal primo titolo assegnato a Francesco Pasquali all’Alpino al record, ancora imbattuto, di quattro successi appartenente al francese August Boyer (1926-1928-1930-1931), poi pareggiato tra prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale dal belga Flory Van Donck (1938-1947-1953-1955).

Da Henry Cotton (1936) a Ugo Grappasonni, il primo italiano a firmare una doppietta (Roma 1950 – Villa d’Este 1954).

Da Tony Jacklin, nella storica edizione disputata in compartecipazione tra l’Olgiata e l’Acquasanta nel 1973, a Bernhard Langer (Ugolino 1983 – Gardagolf 1997).

E ancora da Sandy Lyle (Milano 1984 – Monticello 1992) a Sam Torrance (Monticello 1987 – Le Rovedine 1995), dallo “Squalo Bianco” Greg Norman (Monticello 1988) a Eduardo Romero, campione nel 1994 nell’edizione che celebrava la nascita del Marco Simone.

E come dimenticare i due più grandi spagnoli di tutti i tempi, Ballesteros e Olazábal, mai vincitori in casa nostra, ma protagonisti di innumerevoli edizioni insieme al nostro Costantino Rocca.

Una prestigiosa tradizione continuata anche nel Terzo Millennio, con la doppietta di Ian Poulter (Is Molas 2000 – Olgiata 2002), la vittoria di Graeme McDowell nel 2004.

E poi il ritorno al successo di un italiano, Francesco Molinari (Tolcinasco 2006), 26 anni dopo l’ultimo acuto azzurro di Massimo Mannelli (Roma 1980).

Ma la vera svolta, quella che ha portato l’Open d’Italia nell’élite continentale, la si deve a quel sogno che pareva impossibile realizzare, portare il più importante evento golfistico al mondo, la Ryder Cup, sul nostro suolo.

Grazie alla determinazione del Presidente federale Franco Chimenti ora quel sogno è una magnifica realtà e l’Italia ospiterà il meglio del golf europeo e statunitense sui rinnovati fairway del Marco Simone.

Mancano ormai tre anni e quel cammino è stato ormai tracciato in modo netto e irreversibile, portando l’Open d’Italia in prima fila tra gli eventi di cartello dell’European Tour.

Sotto la prestigiosa etichetta delle Rolex Series, l’Open d’Italia ha ­riacceso l’entusiasmo di pubblico e sponsor e non ultimo l’interesse di molti dei top player internazionali.

Ma quello che ha colpito è il lavoro svolto dalla Federazione e dal Comitato Organizzatore dell’Open, che hanno saputo trasformare il nostro torneo portandolo a livello dei più grandi eventi golfistici internazionali.

Dopo le tre edizioni consecutive al Golf Club Milano tra il 2015 e il 2017 e quella di Gardagolf dello scorso anno, l’Open d’Italia torna così finalmente nella Capitale 17 anni dopo l’ultima volta.

Molti i motivi d’interesse di questa 76esima edizione.

In primis il field stellare con una prima linea formata da Francesco Molinari (a caccia di uno storico tris nel torneo di casa), Shane Lowry, Justin Rose e Paul Casey.

Il percorso che troveranno di fronte i 156 protagonisti dal 10 al 13 ottobre sarà però molto diverso da quello che celebrò 17 anni fa il secondo successo di Ian Poulter.

Grazie alle sostanziali modifiche apportate nel 2012, l’Olgiata sarà un severo test per tutti.

Lungo e delicato, con l’obbligo di lavorare la palla su ogni colpo per evitare le tante insidie, è un percorso articolato e mai ripetitivo il cui restyling ne ha esaltato ancor più la bellezza e l’unicità.

Un campo che premierà chi saprà affrontarlo con rispetto, pazienza e abilità più che con aggressività e potenza.

Giocare in casa non è mai facile ma forse come mai prima di quest’anno i nostri azzurri arrivano all’appuntamento ricchi di speranze e fortemente motivati.

Francesco Molinari tenterà di tutto per diventare il primo italiano a conquistare per tre volte il titolo nazionale dopo averlo sfiorato lo scorso anno, battuto sul filo di lana dal danese Thorbjørn Olesen.

Alle sue spalle l’Italia del golf ha sfornato quest’anno sull’European Tour una serie di risultati eccezionali tra cui spiccano il successo di Andrea Pavan nel BMW International Open a giugno e i due trionfi di Guido Migliozzi (Kenya Open a marzo e Belgian Knockout a maggio).

A fine agosto Lorenzo Gagli ha sfiorato l’impresa a Crans nell’Omega European Masters, perdendo solo al playoff.

Edoardo Molinari ha ritrovato la brillantezza dei giorni migliori, firmando due top ten di importanza vitale tra giugno e luglio nel BMW International Open (3°) e nell’Irish Open (9°).

Classifica della Race to Dubai alla mano, a fine settembre sono ben sette gli italiani che risultano tra i primi 110.

L’Olgiata sarà per i nostri un’occasione d’oro per dare il colpo decisivo a una stagione fantastica, approfittando del fatto che nessuno come loro conosce le insidie e i segreti del tracciato di casa.

Chiudiamo con una curiosità: nelle ultime tre edizioni chi ha sollevato la coppa ha sempre superato quota 20 sotto il par.

L’ultima volta che l’Olgiata nuova versione ha ospitato una gara continentale, l’EMC Challenge nel 2015, si impose l’azzurro Matteo Delpodio con un totale di -5, a conferma che quello che attende i protagonisti è un tracciato da prendere decisamente con le molle.

Tutti a Roma allora a tifare azzurri e a godersi il grande spettacolo di un’edizione che si annuncia spettacolare e combattuta sino all’ultimo colpo.

Non esserci sarebbe un vero peccato.