Non so quanti golfisti dei nostri giorni si siano mai posti il quesito.

Ormai infatti sembra radicato e scontato che la distanza delle 18 buche rappresenti universalmente l’unità di misura di un giro convenzionale di golf.

Però non è sempre stato così, e ci è voluto molto tempo prima che il numero ideale di buche che formano un percorso di golf si affermasse definitivamente.

Ma vediamo come tutto iniziò con l’aiuto di Peter Lewis, storico del golf autore di numerosi articoli e pubblicazioni sulle origini del gioco antico e reale.

Iniziamo con lo sgombrare il campo dalla leggenda che il numero delle buche venne stabilito in base agli shots di whisky contenuti in una bottiglia, che alcuni simpatici golfisti scozzesi erano soliti scolarsi lungo il percorso sino ad esaurimento della scorta della loro bevanda nazionale preferita.

Se provate a fare una ricerca su internet, troverete varie pittoresche versioni di questa fake news e su come le dosi di whisky contenute in una bottiglia avrebbero influenzato quante buche fosse giusto giocare in un giro di golf.

Molto più seriamente e sulla base di prove documentali, tutto ebbe inizio il 3 ottobre 1764, ovviamente in Scozia e in quel di St Andrews.

Uno sparuto gruppetto di gentiluomini si riunì per stabilire chi fosse il più bravo giocatore di golf, per aggiudicarsi il titolo di Capitano e un bastone d’argento che era stato messo in palio dieci anni prima per questa sfida annuale.

Tra loro vi erano i migliori giocatori del momento e diverse autorevoli personalità tra le quali anche l’influente Provost (sindaco) di St Andrews e alcuni membri del parlamento.

Per la cronaca, William St Clair si aggiudicò la sfida e il diritto di essere il Capitano del Club per un anno, con il rimarchevole score di 121 colpi.

La prova venne allora disputata per la prima volta sull’insolita distanza di 18 buche, come testimoniato dal verbale della riunione tenutasi la mattina seguente tra il neo Capitano e gli altri gentlemen che si erano cimentati nell’annuale sfida.

Il verbale in questione registra la soddisfazione dei concorrenti sulla novità apportata per l’occasione al percorso, che risultava ridotto da 22 a 18 buche.

Per comprendere come avvenne questa modifica è necessario esaminare la conformazione dei links di St Andrews, dove si giocava già a golf in qualche forma soprattutto ricreazionale e non competitiva da oltre due secoli.

Il tracciato consisteva in una lunga e stretta striscia di terreno erboso che i giocatori percorrevano sino alla sua estremità in 11 buche, per poi tornare sui loro passi utilizzando le stesse buche sino a tornare al punto di partenza.

Anche oggi l’Old Course di St Andrews si snoda più o meno sullo stesso terreno utilizzando green doppi, che servono sia le prime che le seconde nove, ad eccezione dei green delle buche 1, 9, 17 e 18 che vengono utilizzati in esclusiva.

Sempre il verbale della citata riunione ci dice che la modifica venne realizzata trasformando le prime e quindi le ultime quattro buche del precedente tracciato di 22, in due buche da giocarsi come 1 e 2 e poi alla fine del giro come 17 e 18.

Si trattava ovviamente di buche più lunghe delle precedenti e che risultarono molto più valide e interessanti.

È difatti probabile che la lunghezza totale del percorso rimase pressoché inalterata e che quindi la storica modifica del tracciato, che tanto inciderà sulla conformazione dei campi di golf moderni, sia stata ottenuta semplicemente eliminando due buche e i rispettivi green (per quanto all’epoca non esistesse ancora il concetto di putting green vero e proprio) della prima e della terza buca del vecchio tracciato, che al ritorno erano giocate come diciannovesima e ventunesima.

Non è certo se la transizione avvenne da un giorno all’altro e definitivamente, così come si possono fare solo delle ipotesi sulla esatta posizione e lunghezza delle buche scomparse e di quelle più lunghe che le sostituirono accorpandole.

Forse ancora per qualche tempo fu possibile giocare il campo di St Andrews sia sulla distanza delle 22 buche e contemporaneamente anche su quella di 18.

Di sicuro dal 1764 i Members della Society of St Andrews Golfers, come allora era chiamato quello che presto diverrà il Royal and Ancient Golf Club di St Andrews, giocarono i links su 18 buche con maggior soddisfazione di prima e quella del 4 ottobre di quell’anno è la data di nascita del primo percorso di golf di 18 buche.

Il golf inteso come attività sportiva, già allora definita salutare, era ancora praticato su pochi campi e soprattutto in Scozia.

Cominciavano a costituirsi le prime Associazioni di giocatori, anche se su alcuni di questi primi percorsi non ci sono notizie o documentazioni di qualche forma di Club organizzato.

Anche le notizie sul numero delle buche di cui disponevano i pochi campi in attività verso la metà del XVlll secolo non sono molte.

Quello che è certo è che ogni campo aveva un numero di buche diverso, spesso dettato dallo spazio disponibile.

Molti percorsi scozzesi, considerati all’epoca tra i migliori per la qualità del tappeto erboso e la varietà degli ostacoli, avevano solo poche buche, che venivano ripetute più volte nel corso dei match.

A Leith, dove si cimentavano i componenti della Honorable Company of Edimburgh Golfers, erano solo cinque.

E lo stesso ridotto numero di buche si trovava a Bruntsfield e Blackheath, mentre sei erano quelle di North Inch a Perth.

A Musselbugh e Glasgow si saliva a sette, a Prestwich e Gullane a 12, per arrivare alle 15 di Dunbar.

Il tutto in una situazione in continua evoluzione, con buche che venivano aggiunte appena lo spazio e i fondi disponibili lo rendevano possibile.

Anche le prime gare sociali venivano disputate su di un numero di buche diverso, spesso ripetendole per arrivare a una distanza accettabile per stabilire chi fosse il miglior golfista del Club.

In alcuni percorsi di dovette ricorrere ai cosiddetti giri asimmetrici, dove venivano ripetute solo alcune buche per completare la gara, come ad esempio a Montrose, dove un giro Medal veniva giocato sulle 14 buche del percorso, delle quali tre venivano ripetute, per arrivare così a 17.

A Carnoustie il giro asimmetrico consisteva invece in 19 buche su di un percorso di dieci.

In entrambi questi esempi, lo scopo di ripetere solo alcune delle buche disponibili non era raggiungere un numero di buche prestabilito.

È la dimostrazione di quanto questo aspetto del gioco fosse ancora poco importante.

St Andrews rimase a lungo l’unico percorso di 18 buche e lo era ancora nel 1857, circa cento anni dopo la storica modifica del percorso da 22 a 18.

Nel 1842 l’R & A nella prima edizione delle Regole, che vennero stampate in una forma di vera e propria pubblicazione, stabilì anche per la prima volta che 18 buche rappresentavano un giro dei links o un match, salvo fosse diversamente disposto.

Il golf conobbe una prima fase di popolarità a partire dal penultimo decennio del XIX secolo.

E fu solo allora che molti nuovi percorsi, soprattutto in Inghilterra, iniziarono ad aspirare e a riconoscere in 18 il numero ideale di buche di un percorso, a volte iniziando a dotarsi di almeno di nove buche, con il proposito di realizzare le seconde nove in una fase successiva.

Ciò avvenne certamente a imitazione di St Andrews, che nel frattempo si era trasformato in una vera e propria Mecca del Golf, e anche grazie al crescente prestigio del Royal & Ancient Golf Club, che si stava affermando come governing body del golf.

Chi contribuì a rendere diffusa questa aspirazione al numero di 18 buche per un nuovo percorso fu certamente Tom Morris Senior, uno dei primi e più forti professionisti dell’epoca.

Divenuto una vera autorità in campo golfistico, veniva chiamato dai promotori di nuovi campi per tracciarne il percorso.

Old Tom, originario di St Andrews, ovviamente optava per le 18 buche ove la disponibilità di terreno e di fondi lo consentivano.

È interessante notare che all’epoca i percorsi non venivano progettati e disegnati su carta come avviene adesso.

L’attività di questi primi progettisti di campi avveniva tutta sul terreno mediante la sistemazione di picchetti in corrispondenza delle partenze e dei green.

Grazie anche alla idoneità dei luoghi che venivano scelti, in pochi giorni i percorsi venivano tracciati e in breve tempo erano già giocabili, in quanto non venivano effettuati movimenti di terra e utilizzati terreni dove l’erba era già presente.

Fu per merito di Old Tom Morris che vennero realizzati i primi percorsi di 18 buche in Inghilterra, come quello del Royal North Devon Golf Club a Westward Ho!

Fu solo quindi verso la fine dell’800 e soprattutto dall’inizio del secolo scorso che il concetto di 18 buche divenne riconosciuto come numero ideale in tutto il mondo, uno standard per il giro convenzionale di golf.

E tutto ciò avvenne quasi casualmente, a seguito dell’esperimento deciso dai Members della Society of St Andrews Golfers.

Da allora sono passati 255 anni.