La filosofia di vita di Miguel Angel Jimenez andrebbe studiata sin dalla prima elementare insieme all’alfabeto e alle tabelline. L’uomo e il golfista coincidono alla perfezione: ciò che è in campo, lo spagnolo lo è anche nella vita: in una parola, felice. E se le discordie, le noie, i grattacapi o le arrabbiature spesso corrispondono ai due terzi della vita di ciascuno di noi, si può star certi che nel “Mecanico” le percentuali si riducono drasticamente:

“Sì, è vero, vivo un momento della mia vita estremamente sereno. Mi divido tra la Spagna, il Tour e la casa di mia moglie a sud di Vienna e tutto fila liscio”.

E qual è il segreto dietro il suo sorriso?

“Lo vuoi sapere? Beh, è facile: tutto ciò che faccio, sono felice di farlo. Ama ciò che fai e vivrai meglio. Semplice. Anche adesso: vedi, dovrei essere a praticare e invece sono qui a chiacchierare con i giornalisti, bevendo dell’ottimo vino e mi sto godendo il momento”.

E quando si sente giù, come fa a tirarsi su?

“Non sono mai giù, io. Davvero. Se invece ti riferisci al gioco, quando il golf non gira bene, mi basta un pizzico di pratica, un goccio di lavoro e tutto torna a posto”.

Eppure una mancanza c’è nella sua vita: un Major. Sarebbe disposto a tagliarsi il codino per conquistare un titolo dello Slam?

Assolutamente no. Non c’è nulla che ne valga la pena. E poi, guarda, a certe cose non ci credo: non sono un tipo superstizioso”.

Però il codino su un uomo di oltre 50 anni, suvvia…

“Non lo taglierò mai: è il mio marchio di fabbrica”.

Il golf è ancora la cosa più importante della sua vita?

“E’ importante per il fatto che mi rende felice, ma ci sono molti altri aspetti che sono preponderanti, soprattutto dopo tanti anni di carriera. Gli amici, i figli, la salute, le persone care hanno un peso maggiore, ovviamente”.

Un’ultima domanda, questa volta golfistica: perché la prova del suo swing è completamente diversa dal movimento che poi effettua?

“Guarda: nella mia vita ho giocato anni e anni con una marea di giocatori, professionisti e amateur, che prima di tirare facevano una prova perfetta. Tutto si muoveva al sincrono e tutto filava liscio come l’olio. Solo che poi quando tiravano, erano una….mierda…. E allora io faccio il contrario: una prova brutta a vedersi, ma un colpo perfetto dopo!”