Solare, determinata, precisa e con la risposta sempre pronta. Questa è Gaia Zonchello un nome che di certo non risuona nuovo nel mondo del golf.

Dopo venti anni di instancabile carriera sull’European Tour come segretario di torneo e recorder, addetta cioè alla consegna degli score, Gaia ha deciso di compiere un grande passo diventando la prima arbitro donna ufficiale del circuito maggiore europeo.

Una riconoscenza che rende onore a Gaia in primis, ma lei è troppo modesta per ammetterlo e rendersene conto, e al nostro Paese, sempre più al centro della scena mondiale grazie ai nostri giocatori e ai protagonisti dei diversi circuiti che contribuiscono a far sventolare orgoglioso il nostro tricolore.

Partiamo dagli inizi. Una vita nel golf e l’apice con l’European Tour. Come ci sei arrivata?

La mia storia lavorativa inizia oltre vent’anni fa quando, dopo essermi iscritta al corso per direttori dei golf club, ho ricoperto il ruolo di segretario sportivo a Poggio dei Medici prima e del Parco di Roma successivamente. Nel frattempo, inizio anche il corso per giudice arbitro sempre dei circoli ed è in quel momento che arriva la chiamata di David Garland, direttore operativo dell’European Tour, che mi propone un ruolo come segretario di torneo. L’entusiasmo è tanto, la valigia è già pronta e da lì inizia la mia avventura.

Hai avuto modo di conoscere i più grandi campioni, che rapporto si instaura con personalità di quel calibro?

Sono tutti grandi professionisti, in campo fino alla consegna score c’è la massima concentrazione poi ci si lascia andare e si scopre la vera indole. Sono molto amica di Rafa Cabrera Bello, di Gonzalo Fernández-Castaño e di tutti gli italiani. Ad Andrea Pavan facevo addirittura da baby-sitter all’Olgiata.

Qual è stato il momento più bello e quello che vorresti cancellare nella tua carriera da segretario di Tour?

Penso che uno dei momenti più indimenticabili sia stato l’incontro in recording area con Tiger Woods in Irlanda, ricordo benissimo la gentilezza e il sorriso a 32 denti – bianchissimi – che mi fece. Per non parlare della vittoria della Coppa del Mondo dei fratelli Molinari, in Cina. Il ricordo più spiacevole invece è quando dovetti squalificare Edoardo Molinari per un errore nel controllo dello score.

Quasi vent’anni sull’European Tour… continua tu la frase. 

Un bagaglio lavorativo ed emotivo che mi porto dietro da ben diciotto stagioni, dal 2000 al 2018, con una media di 23 tornei all’anno e una cinquantina di aerei presi. E una squadra, anzi no, una seconda famiglia, con la quale sono cresciuta professionalmente e umanamente.

Ora però vogliamo sapere qualche aneddoto. Non fare la timida e raccontaci il momento più imbarazzante che hai vissuto.

Per farti capire quanto fosse ‘naïf’ il mio approccio al golf professionistico ti racconto questa: era un sabato mattina, ero al mio primo anno sul Tour e a un certo punto mi dissero che avrei dovuto marcare Nick Faldo perché dopo il taglio era rimasto in team da solo. Mi è preso il panico perché pensavo di dover giocare con lui, quando invece dovevo solamente seguirlo e segnargli il punteggio. Ecco, diciamo che da allora di strada ne ho fatta parecchia!

Siamo arrivati all’aprile del 2018 e al cambio di rotta. Cosa ti era successo?

Dopo quasi vent’anni era arrivato il momento di dare una svolta alla mia carriera, sentivo che non avevo più nulla da dare in quel ruolo. In quel momento arrivò un’altra telefonata di David Garland, che mi propose di diventare la prima arbitro donna ufficiale dell’European Tour. La mia risposta non è stata enfatica come 19 anni prima, presi tempo e decisi di procedere con cautela. Era il periodo dell’imminente cambio di regole e i dubbi iniziavano a prendere il sopravvento. Ma dopo il viaggio in Scozia e il corso al R&A ho realizzato che le regole sono davvero la mia passione. Lì capisci che questo lavoro va oltre il sapere bene una particolare regola del golf. Dietro c’è un mondo che comprende la preparazione del campo, un diverso rapporto con il giocatore e il modo con il quale affrontarlo. Il mio vantaggio è quello di conoscerli tutti bene da anni e aver instaurato un grande rapporto di fiducia reciproca.

Applicare le regole implica anche giocare a golf, come siamo messi a swing e handicap?

Me la cavo. Avevo completamente smesso ma da anni con un gruppo affiatato di amici ho riscoperto la passione sfrenata per questo gioco. Non sono competitiva, scendo in campo per divertirmi, sfidando gli amici per chi dovrà offrire la birra alla fine della 18.

Qual è stato il più grande timore nel compiere questo salto di carriera?

All’inizio ero preoccupata per come avrebbero reagito i giocatori nel vedermi in un ruolo così diverso dato che mi hanno sempre conosciuta come segretario del Tour. Ma la reazione è stata sorprendente, mi hanno trattato con un rispetto dal primo momento che sono scesa in campo.

Qual è il torneo che sogni di arbitrare?

Potessi scegliere vorrei arbitrare il Masters, l’atmosfera che si respira all’Augusta National è davvero unica e poi vorrei essere la prima arbitro donna alla Ryder Cup 2022 al Marco Simone, nella mia città. Ma se parliamo del presente, arbitrare l’Open d’Italia all’Olgiata è stata un’esperienza che mi porterò sempre nel cuore. Essere presente sul campo nel quale sono cresciuta, di fronte ai soci e ad amici che mi conoscono da sempre, mi ha messo a mio agio. Ancora oggi faccio fatica a rendermi conto della fortuna e del privilegio che ho avuto nell’arbitrare quel torneo.

Gaia abbiamo finito, dimmi ora che hai fatto un pezzettino di storia dell’European Tour, dove vuoi arrivare?

Spero che dopo di me ci siano molto altre donne che possano intraprendere questo ruolo sul circuito europeo e, nel mio piccolo, desidero crescere ulteriormente e dedicarmi con tutta me stessa a questo lavoro che, in qualche modo, mi ha scelto e che faccio con passione. Tutto questo conciliando con il mio nuovo ruolo di vice-presidente dell’Olgiata, con la mia famiglia e, ovviamente, continuando a giocare a golf. A proposito, hai la sacca con te?