Francesco Molinari, in partenza per il Royal Portrush, sarà ammesso di diritto fino a quando compirà 60 anni. The Open, gara delle gare, lo saluterà fra pochi giorni come campione in carica, prima occasione per far valere la lunghissima e più prestigiosa exemption, quella riservata ai vincitori. Chicco avrebbe comunque avuto molte altre “benemerenze” da mettere sul piatto per partecipare. Ad esempio, la presenza fra i primi 50 del mondo otto settimane prima del via a Royal Portrush, la classifica nella Race to Dubai o quella nella FedEx 2018. Per non parlare della vittoria nell’Arnold Palmer, uno degli 11 eventi mondiali che danno subito diritto a prendere un volo per la Gran Bretagna. 

In altre parole, i suoi titoli sono tutti quelli principali che qualificano automaticamente un giocatore e che vengono riassunti in sette gruppi, l’ultimo dei quali riservato agli amateur.

Ma tutte queste porte preferenziali non sarebbero sufficienti per comporre il corposo field dell’Open Championship, che conta 156 giocatori. Circa il 22 per cento di quelli che saranno al via il prossimo 18 luglio provengono infatti dalle Qualifying Series, introdotte nel 2014. E un altro 8 per cento viene ammesso con le Local Qualifying sul suolo britannico. Complessivamente, quasi 2.500 aspiranti alla Claret Jug distribuiti su cinque continenti.

Oltre 110 anni di qualifiche

La selezione però è cominciata, con diversi criteri, fin dal 1907, perché il sogno di partecipare a The Open era cresciuto in fretta da quella prima edizione del 1860. All’inizio, per l’Open Championship si effettuavano qualifiche di 36 buche in un giorno, giocate con varie modalità poco prima del torneo. Poi le cose cominciarono a complicarsi, attorno agli anni ’20, con la separazione di prove per professionisti e dilettanti. Vennero introdotte le qualifiche regionali e quelle locali, che fecero salire progressivamente il numero dei partecipanti all’Open. Da 72 a 80, 100, 120, 130 e infine, nel 1989, all’attuale 156.

In totale 46 i posti a disposizione oggi attraverso i vari tipi di qualifica, iniziati con l’Emirates Australian Open dello scorso novembre. Dodici gli eventi delle Qualifying Series, sparsi in dieci Paesi del mondo, di cui tre si svolgono negli Stati Uniti. Gli ultimi saranno il John Deere Classic sul Pga Tour e l’Aberdeen Scottish Open sull’European, che andranno in scena proprio questa settimana.

Una strada lunghissima e complicata, come si può vedere, per i pretendenti meno titolati. A loro disposizione anche le già citate Local Qualifying: 13 eventi di 36 buche in un solo giorno, tre settimane prima dell’Open. Solo i 12 migliori infine superano il successivo, ultimo ostacolo: altre quattro gare in altrettanti grandi circoli britannici, sempre sulla stessa distanza.

Sognando Royal Portrush

Fra quelli che per l’Open Championship si sono già qualificati, c’è però almeno un altro nome italiano. Andrea Pavan, dopo lo splendido successo al BMW Championship di Monaco, sarà al fianco di Molinari per difendere i colori azzurri.

Facendo seguito allo U.S. Open per Paratore, anche per il 30enne romano si tratta della prima esperienza in un major. E per lui incrociamo senz’altro le dita, ricordando come la sua vittoria sia la quarta dei professionisti italiani nel corso del 2019, grazie anche all’accoppiata da standing ovation di Guido Migliozzi, primo in Kenya e Belgio.

Edoardo Molinari è invece andato a un soffio dal qualificarsi durante l’Irish Open, chiuso al nono posto. Per lui e per gli altri azzurri, ultima chiamata l’imminente Scottish Open, con altri tre posti a disposizione.

Ai nostri fantastici campioni dedichiamo varie pagine del numero di Golf & Turismo di luglio. Lo meritano davvero.