L’uomo che non t’aspetti, quello il cui nome sembra più uno scioglilingua che quello di una star dello sport mondiale, comanda a sorpresa la classifica del circuito golfistico più ricco e ambito del mondo, il PGA Tour.

Quando il Covid-19 ha costretto a metà marzo lo stop in corsa del Player Championship e dell’intero golf professionistico, Sungjae Im deve aver perso improvvisamente la sua flemma tutta coreana.

Una vittoria, nientemeno che al prestigioso Honda Classic sul temibile PGA National di Palm Beach pochi giorni prima, davanti a tutto il gotha del mondo golfistico, cinque Top 10 dall’inizio della campagna 2019-2020 tra cui un brillante terzo posto al Arnold Palmer Invitational, quasi 4 milioni di dollari intascati e il primo posto della FedEx Cup davanti al numero uno del mondo, Rory McIlroy, e al quattro, Justin Thomas.

Attenzione però a non etichettare come sconosciuto il giovane Im, che lo scorso anno alla sua prima stagione piena sul PGA Tour ha chiuso addirittura al 19° posto della FedEx Cup e che a dicembre è stato una delle stelle dell’International Team alla Presidents Cup in Australia.

Talento cristallino, un putter micidiale e un viso impenetrabile alle emozioni tipico degli asiatici, Im è arrivato in fretta e in furia alla ribalta del PGA Tour passando dalla gavetta del Korn Ferry, il circuito satellite statunitense.

A 22 anni ha già le idee molto chiare e la voglia di mettersi in gioco ogni settimana tipica dei teenager.

In piena rampa di lancio però, il Coronavirus ha momentaneamente stoppato le sue ambizioni, chiudendo le porte in faccia al destino del giovane coreano. Almeno per il momento…

“Chi mi conosce bene sa quanto amo giocare il maggior numero possibile di eventi durante una stagione” – dice lui quasi minimizzando.

Nel 2019 ha messo insieme ben 35 presenze e quest’anno, sino al momento dell’interruzione al Players Championship, avevo partecipato a ben 14 dei 16 tornei in programma.

“Inutile dire che è stato davvero frustrante non poter competere in questi ultimi due mesi a causa della tremenda pandemia di Covid-19 che ha colpito il mondo intero – continua Im -.

In realtà, ripensando alla mia carriera fino ad ora, credo che questa sia la pausa più lunga dalle gare che io abbia mai avuto…”.

Per fortuna però il peggio sembra alle spalle e tutto il mondo professionistico è ormai prossimo alla riapertura.

Il PGA Tour è stato il primo a tirare su la saracinesca post-pandemia in ordine di tempo, l’11 giugno con il Charles Schwab Challenge al Colonial Country Club di Fort Worth, in Texas.

Sono emozionato – confida Im -, come fossi improvvisamente tornato al mio primo torneo sul circuito americano: l’obiettivo che mi sono dato è quello di cercare di arrivare in queste prime gare sempre al weekend, per poi giocarmi le carte nel migliore dei modi.

Per l’intero movimento è stato molto importante tornare in campo e per questo non posso che ringraziare tutti coloro che hanno lavorato sodo per questo obiettivo.

Certo, non ci saranno i fan, almeno per le prime gare, ma la voglia di tornare a giocare colpi che finalmente contano davvero è tanta.

Il pubblico arriverà, ora la cosa più importante è mettere i tornei nelle condizioni di rispettare attentamente tutte le misure di prevenzione e di distanziamento sociale richieste, per poter arrivare quanto prima a una ‘nuova normalità’.

La mia speranza è quella di giocare più gare possibili del nuovo calendario ma probabilmente mi prenderò una settimana di break verso la metà per rifiatare.

Ovviamente l’obiettivo principale è arrivare ancora al Tour Championship di Atlanta di settembre, l’evento che chiude la FedEx Cup, e se fossi ancora tra i primi alla vigilia del torneo, beh allora un pensierino alla coppa lo farei davvero…”.

Nato a Cheongju il 30 marzo 1998, è passato pro nel 2015 dopo aver studiato alla Korea National Sport University.

Nel 2017 tenta il grande salto oltreoceano, e conquista subito la carta per il Web.com Tour (l’attuale Korn Ferry) attraverso la Qualifying School con un biglietto da visita che parla da solo, un 60 nel giro decisivo.

Gli basta poi solo una stagione, il 2018, per entrare dalla porta principale nella vetrina del PGA Tour: due successi sul circuito satellite americano (Bahamas Great Exuma Classic e Portland Open) per vincere a mani basse il titolo di Rookie of the Year, poi ripetuto lo scorso anno sul PGA, unico a riuscirci nella storia del golf americano insieme a Stewart Cink (1996-97).

L’ennesima conferma delle sue qualità, se ancora ce ne fosse stato bisogno, alla Presidents Cup al Royal Melburne, dove l’International Team viene sconfitto ma in cui lui esce con un personale record di tre vittorie, un pareggio e una sconfitta, mandando a casa nei singoli nientemeno che il campione U.S. Open in carica, Gary Woodland.

Il resto, prima del lockdown, è storia recente, con il primo alloro all’Honda Classic con un giro finale in 66 tutta sostanza e sangue freddo, da navigato campione più che da ragazzino alle prime armi.

“Chi non vorrebbe vincere la FedEx – prosegue Im -, ma la concorrenza è impressionante. La stagione è ancora lunga, con molte prove importanti ancora da disputare.

Peccato perché nel momento della sospensione stavo giocando davvero bene, mi ero sbloccato con il primo titolo e avevo chiuso al terzo posto il Palmer Invitational.

Cosa farei se dovessi vincere la FedExCup?

Sarebbe una enorme soddisfazione per me e per il mio Paese, sicuramente un punto di svolta nella mia carriera e questo mi motiva ancora di più, per cercare di dare il massimo ad ogni torneo. Cerco solo di non pensarci troppo e di concentrarmi più sugli obiettivi a breve termine.

Quello che ho imparato è che più si è avidi e meno si raccoglie in questo gioco. Voglio solo partecipare a un torneo alla volta e dare il massimo.

Poi saranno i risultati a parlare per me. Se seguo il mio abituale modo di affrontare il gioco so che avrò una chance”.

Ma la domanda d’obbligo è una sola: che Im sarà alla ripresa, quello travolgente e sicuro visto prima della sosta oppure il lockdown avrà lasciato nel giovane talento coreano impreviste tossine da smaltire?

“Durante questo inatteso periodo di inattività – racconta – ho cercato di praticare quelle parti del gioco che non mi avevano soddisfatto pienamente durante la prima metà della stagione.

Per fortuna non ho dovuto apportare grandi cambiamenti al mio swing o al gioco in generale. Mi sono semplicemente attenuto alla mia solita routine di pratica e ho giocato ogni giorno.

“Sono stato a Tampa da un amico fin da quando hanno sospeso- si confida – insieme ai miei parenti.

La festa dei genitori in Corea è stata a maggio e gli Stati Uniti celebrano quella del papà a giugno, quindi è stato particolarmente bello avere mio padre accanto in questo difficile periodo.

Mi ha sempre supportato moltissimo nel corso degli anni e mi ha seguito in quasi tutti i tornei fin da quando ero un ragazzino.

Mi ha aiutato a diventare un golfista di successo, non mi ha mai forzato troppo e mi ha sempre permesso di giocare a golf.

È sempre stato presente e so che ha fatto molti sacrifici per aiutarmi ad arrivare ad essere quello che sono oggi.

Per questo gli sarò grato tutta la vita, ha creduto in me come nessun altro”.

Dal punto di vista tecnico Im è seguito dal suo mentore di sempre sin dai tempi del college, il coach coreano Hyun Choi.

“Anche lui è arrivato a Tampa dalla Corea per seguirmi durante lo stop. Non sono il tipo di giocatore che fa troppi cambi di swing, quindi principalmente abbiamo svolto un lavoro di mantenimento.

Siamo molto affiatati e lavora con me da quando ero al liceo. Anche se è un grande allenatore è soprattutto un ottimo amico e la sua semplice presenza mi ha fatto sentire più a mio agio”.

Il lockdown ora è solo un brutto ricordo ma impossibile da dimenticare anche per gli sportivi professionisti, privati come tutti della loro quotidianità e abitudini.

“Non direi che è stato difficile adattarsi a questo nuovo stile di vita anche se ogni giorno alla fine era diventato piuttosto ripetitivo.

Mi svegliavo, facevo colazione, poi stretching, esercizi fisici e nove buche in campo.

Quello che però mi è mancato davvero è stata la competizione, l’adrenalina di essere in gara e giocare per un obiettivo.

Sono andato anche a pescare alcune volte, ho pure incontrato il lanciatore dei Toronto Blue Jay, Hyun Jin Ryu, al TPC di Tampa Bay.

Mi ha riconosciuto, abbiamo fatto una foto insieme e giocato a golf. È stato bello vedere che un atleta famoso, protagonista nella Major League Baseball, mi abbia avvicinato”.

Ora spazio alla ‘nuova normalità’ e finalmente al ritorno delle competizioni ufficiali. La caccia alla FedEx Cup 2020 ricomincia.

“Non vedo l’ora di confrontarmi con i miei colleghi e vedere a che punto sono, così come spero di rivedere presto il pubblico sui campi insieme a noi.

Mi auguro che la situazione Coronavirus si possa risolvere in fretta, per il bene di tutti coloro che stanno soffrendo.

Il mio pensiero va al personale medico e ai volontari che in ogni angolo del mondo lottano ogni giorno per salvare vite umane. Sono loro i veri campioni di questa stagione”.