Il Masters è semplicemente speciale. Ogni anno, tornando ad Augusta, mi vengono in mente alcuni dei ricordi più belli della mia carriera.

Quella di quest’anno è stata un’edizione davvero diversa: niente corde, nessuna tribuna o le tradizionali seggioline che da sempre circondano ogni green, nessun boato, solo silenzio.

Anche le azalee, vero simbolo del circolo, erano assenti, rimpiazzate in questa occasione dalle camelie. In campo poi, al posto del primo taglio di rough, c’era un erba piuttosto complicata da gestire.

Ma a discapito di tutto questo e del differente periodo dell’anno in cui si è giocato, è stato comunque un torneo elettrizzante e pieno di interessanti spunti.

È stato bello far parte ancora una volta della cerimonia di apertura al fianco del mio grande amico Jack Nicklaus, specialmente in un anno così difficile e triste come quello che abbiamo vissuto per la pandemia.

Sebbene fosse quasi impossibile vedere i nostri tee shot a quell’ora del mattino per la scarsa luce, è stato un grande onore far parte di questa straordinaria tradizione.

Il nostro pensiero sul tee non poteva che andare ad Arnold Palmer, che manca moltissimo a noi così come a tutto il golf mondiale per quello che ha fatto per il nostro sport.

Il prossimo anno si unirà a me e a Nicklaus Lee Elder, il primo giocatore di colore a disputare il Masters nel 1975, una decisione che mi ha reso molto felice e orgoglioso di far parte di questo club e che ha un forte valore simbolico.

Ho un enorme rispetto per Elder e ci conosciamo da tantissimi anni: è un uomo coraggioso e accettò ai tempi senza timori l’invito a venire in Sudafrica, per unirsi alla mia lotta contro l’Apartheid. 

Le più sincere congratulazioni vanno a uno straordinario Dustin Johnson, che ha meritatamente conquistato la sua prima Green Jacket. DJ ha mostrato al mondo intero perché è oggi senza dubbio il numero uno del golf.

Mi ha particolarmente colpito la calma con cui ha gestito l’intero torneo e le ultime decisive buche. Ha sempre mostrato una tranquillità assoluta e non ha praticamente mai messo in pericolo il suo successo finale, chiudendo addirittura con il punteggio record di -20.

Il momento che mi è piaciuto di più è stato quello della premiazione, in cui finalmente Dustin si è lasciato andare, mostrando a tutti cosa significhi vincere il Masters per un giocatore di golf.

È apparso per la prima volta molto diverso dall’uomo freddo e stoico che abbiamo imparato a conoscere in tanti anni sul Tour.

È stata una delle reazioni più emotive che io abbia mai visto da parte sua al termine di un torneo. 

Oggi, grazie ai social media, è molto facile esprimere pensieri o commenti superficiali e fuori luogo: DJ, dopo la vittoria, è stato criticato per il suo atteggiamento quasi distaccato, senza invece ricordare il grande e umile lavoro che ha fatto in questi anni per arrivare a indossare la Giacca Verde. 

Troppo spesso si mette in dubbio l’umanità di certi giocatori che non esprimono di solito grandi emozioni ma DJ ha mostrato in quell’occasione di essere un ragazzo sensibile.

Le sue lacrime sono la conferma di quanto significasse per lui quel successo, frutto dell’enorme lavoro svolto per ottenerlo.

Non c’è nessuna sensazione al mondo come la prima vittoria al Masters, la realizzazione di un sogno che vale una intera carriera.

Ormai le festività sono dietro l’angolo: il mio consiglio è quello di non smettere di fare esercizio fisico se non potete continuare a giocare a golf nei mesi invernali.

Rispettate le linee guida per il distanziamento sociale, mantenete la vostra mente fresca, sorridete e regalate amore alle persone che avete al vostro fianco.

Sfruttate al massimo ogni momento e godetevi la vita con intensità.