I par 3 sono per i campi da golf come gli assi per il poker, carte che possono stravolgere il gioco e che, se posizionate correttamente, suscitano apprensione, speranza e lievi palpitazioni cardiache. Possono rappresentare i momenti più intensi di un giro, pensate alla 15 e alla 16 di Cypress Point o al green a isola della 17 del TPC di Sawgrass, oppure essere come delle normali carte basse che hanno poco impatto sul gioco. La maggior parte dei percorsi di buon livello hanno almeno un bel par 3, forse due se sono fortunati, ma il loro appealing aumenta quando ne posseggono almeno tre o quattro eccellenti.

Uno grande complesso di par 3 può cambiare e molto le dinamiche di un tracciato. Ma ciò che distingue un grande gruppo di par 3 da un insieme semplicemente buono è una questione più sfuggente. Gli esperti dicono che ogni par 3 dovrebbe essere di una lunghezza diversa e richiedere un bastone differente dal tee. Molti architetti insistono che debbano essere posizionati su angoli diversi del tracciato, per garantire condizioni di vento non omogenee. Altri invece sostengono che dovrebbero essere progettati per richiedere colpi e traiettorie molto diverse tra di loro.

Queste sono considerazioni generali che centinaia di percorsi soddisfano ma che non garantiscono alcuna grandezza. I migliori par 3 del mondo hanno qualità indescrivibili che non possono essere elencate in una lista. Molto semplicemente li riconosci o lo avverti quando li vedi. Ti fanno venire voglia di giocarci.

Non esiste uno standard minimo su quante buche siano necessarie per dare vita a un grande insieme di par 3 in un percorso: la maggior parte dei campi ne ha da tre a sei. L’Old Course di St Andrews, il campo più famoso del mondo, ne possiede solo due. Si dà il caso che sei dei sette tracciati che compongono la nostra lista dei migliori par 3 del pianeta ne abbiano quattro. Utilizzando la nuova classifica di Golf Digest dei 100 migliori campi da golf del mondo come punto di partenza, vi presentiamo in questo servizio quelli che a nostro avviso possiedono alcuni dei più affascinanti e completi set di par 3 del pianeta (al di fuori degli Stati Uniti). 

BARNBOUGLE DUNES – THE DUNES
TASMANIA, AUSTRALIA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 16°

Alcuni campi sono così naturalmente o architettonicamente eccezionali che sembra impossibile isolare solo i par 3 come elementi distintivi. Pine Valley, National Golf Links, Sand Hills, Royal County Down e Royal Melbourne hanno tutti pochissimi punti deboli e si potrebbe sostenere che anche i loro par 4 e par 5 sono tra i migliori del mondo. Barnbougle Dunes, immerso nelle ventose e tumultuose colline di sabbia della costa nord-orientale della Tasmania, appartiene a questo gruppo. Ma cominciamo con i par 3. 

Il quartetto di buche corte di Barnbougle guadagna punti per molti motivi ma, in particolare, le buche sono degne di nota per la loro peculiarità. La differenza tra ciascuno dei par 3 è da capogiro. Il merito principale va alle dune che si sollevano e mutano e che generano cunette e dossi naturali per le buche, ma gli architetti Tom Doak e Mike Clayton hanno anche avuto la lungimiranza di orientare tali buche in direzioni che massimizzano l’effetto delle peculiari forme del terreno e dei venti. Utilizzare il terreno per guidare la pallina verso i green è entusiasmante ed essenziale, in particolare alla 5, di 200 metri, e alla 13, di 187 metri, quest’ultima con uno dei green a grandini più difficili dell’emisfero meridionale. Senza contare che nessun tipo di consiglio o di esperienza aiuterà i golfisti a prendere e soprattutto a fermare la palla sul minuscolo green della buca 7.

Barnbougle Dunes: buca 5, par di 201 metri
Barnbougle Dunes: buca 7, par di 112 metri

KING ISLAND, AUSTRALIA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 12°

I campi da golf sull’oceano in genere sono di due tipi. I primi sono  situati tra le dune, dove è nato questo gioco, con buche che vi saltano sopra, ma per lo più passano sotto o in mezzo a piccole creste di sabbia, ginestre, fiori e festuca. Pensate all’Old Course di St Andrews (9° al mondo tra i percorsi non americani),  Rye (54°), a Tara Iti (2°) e a Lahinch (41°). Il secondo tipo è quello a picco sul mare, posizionato più in alto rispetto al livello delle onde. Questi campi hanno una bella vista perché si gioca su terreni più esposti. Alcuni esempi sono: Pebble Beach, Cape Kidnappers (21°), Old Head (85°) e Quivira (87°). Capo Wickham, situato su un’isola tra la Tasmania e la terraferma australiana, appartiene alla seconda categoria. L’americano Mike DeVries e l’australiano Darius Oliver hanno progettato delle buche che attraversano gli altipiani rialzati del punto nord-occidentale dell’isola, con nove buche che vanno addirittura a toccare il bordo roccioso esterno. Tra queste nove vi sono tre dei quattro par 3, a partire dalla lunga buca 3 che si scaglia nell’Oceano Indiano sulla destra. Dopo la 7, che ritorna verso l’entroterra ed è in leggera pendenza, ci sono la delicata buca 11, contraddistinta di nuovo dalle falesie costiere, con il mare ora a sinistra, e la splendida 17, che salta da un terrazza all’altra verso un green profondo, da sinistra a destra, dove se si rimane corti a destra si finisce in spiaggia, in Victoria Cove.

Capo Wickham, buca 17 di 164 metri

 

CASA DE CAMPO, TEETH OF THE DOG – REPUBBLICA DOMINICANA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 20°

Pete Dye è sempre stato bravo a disegnare i par 3. Le buche corte dei suoi campi, Crooked Stick e The Golf Club, che progettò negli anni ‘60, sono completamente diverse da qualsiasi altra cosa si disegnasse all’epoca, e per Harbour Town, costruito nel 1969, creò uno dei set di par 3 più innovativi del paese, con nient’altro con cui lavorare che non fossero lagune, binari ferroviari e querce. I suoi modelli erano i campi di Seth Raynor e William Langford su cui aveva giocato da amateur, nel Midwest, insieme a qualche vezzo importato dalla Scozia, e ha continuato a usarli da ispirazione per più di 50 anni.

I cinici potrebbero essere tentati di scartare i par 3 del Teeth of the Dog come dei classici par 3 alla Pete Dye, posizionati sullo sfondo del Mar dei Caraibi, ma ciò dimostrerebbe solo che non ci hanno mai giocato. Il mare gira intorno a tre dei quattro green, con l’oceano a sinistra di due e a destra dell’altro, ma tutti i green hanno dimensioni e forme diverse e la lunghezza varia fino ad arrivare ai 208 metri della 7, con la sabbia come ostacolo più evidente oltre all’acqua. Il corto par 3 della 5, che tra il battitore e il green ha solo acqua, rimane unico nel suo genere, e dei doppioni degli altri sono poi apparsi in molti altri campi firmati da Dye. La 12 di Whistling Straits è una copia della buca 16, e la 13 riappare come buca 8 dell’Ocean Course a Kiawah per esempio. Oggi potrebbero sembrare familiari ma fu qui che Dye ci pensò per la prima volta.

Teeth of the Dog, buca 7 di 208 metri

HIRONO GOLF CLUB – HYOGO, GIAPPONE

Posizione 100 migliori campi del mondo: 6°

I par 3 di per sé non sono buche strategiche ma tattiche. Decidi come giocare il colpo piuttosto che come giocare la buca. Ci sono alcune eccezioni, come quando la forma del terreno consente alla palla di calare verso una buca o quando la dimensione e l’orientamento del green forniscono la possibilità di tirare lontano dall’asta. Ma quasi per definizione, alcune di più e altre di meno, le buche da hole-in-one sono penalizzanti: o esegui il colpo richiesto oppure affronti un putt lungo o un recupero impegnativo, se non addirittura un destino peggiore.

I par 3 di Hirono sono decisamente penalizzanti; questo campo è l’equivalente giapponese di Pine Valley. Anzi, quelli di Hirono potrebbero essere più difficili, ma esteticamente sono altrettanto belli, con dei green che sembrano levitare sullo sfondo di formazioni artistiche di sabbia, erba e pini, i contrasti resi più squisiti dopo un restauro, del 2019, del progetto originale di Charles Alison del 1932, dagli architetti britannici Tom Mackenzie e Martin Ebert. La buca 5 di 160 metri è una delle più riconoscibili in Asia con il suo green posizionato sulla sponda opposta di un’insenatura, dietro una fortezza di pericolosi bunker. I tee originali della buca 13, rimossi decenni fa, sono stati ripristinati per fare in modo che la buca si giochi in diagonale attraverso un ostacolo d’acqua che entra da sinistra. La 7 richiede un colpo che faccia di volo 220 metri sopra un burrone, con dei bunker che salgono verso un green piatto. Anche se non ci sono ostacoli nella parte anteriore della 17, lunga 205 metri, questa è la buca più lunga del quartetto e ha un green cieco ed elevato.

Hirono, buca 13 di 149 metri

JASPER PARK LODGE GOLF CLUB – ALBERTA, CANADA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 75°

I cinque par 3 di Jasper Park si piazzerebbero tra i migliori al mondo già solo per i loro nomi ma sono anche delle buche affascinanti e splendide, che vanno da alcune molto corte ad altre decisamente lunghe. Il canadese Stanley Thompson, il più grande architetto del paese, nel 1925 li collocò sullo sfondo delle Montagne Rocciose Canadesi ed è difficile determinare cosa sia più impressionante, la loro eleganza o i vari colpi richiesti per giocarli.

A causa dell’altitudine, a Jasper Park bisogna giocare sempre un ferro in meno. Per questo motivo le prime nove buche hanno due par 3 che si estendono per più di 210 metri, e per giocarle bene bisogna studiare attentamente dove far atterrare la palla. La 4, nominata “Cavell”, segue il fondovalle verso sud e con il primo colpo bisogna volare sopra un bunker che si trova 40 metri prima del green. La 9, in discesa, con una pendenza che fa rotolare le palle corte verso il green, è chiamata “Cleopatra”, un nome che prende spunto dal monte Pyramid che si vede in lontananza e dalla serie di bunker dorati che circondano il green. “Colin’s Clout” e “Tête Jaune” sono buche affascinanti e audaci dove si gioca un ferro medio ma la migliore di tutte è la più corta, la buca 15, chiamata “The Bad Baby”, lunga soli 126 metri, con un piccolo green che respinge le palline in tutte le direzioni possibili.

NORTH BERWICK GOLF CLUB – SCOZIA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 23°

North Berwick ospita il par 3 più famoso del mondo, almeno per quanto riguarda il nome: il Redan. La buca, la 15, deve il nome alla sua somiglianza con le fortificazioni militari che i soldati britannici incontrarono durante la Guerra di Crimea, con la parte anteriore del green, alta e cieca, costruita sopra a dei bunker che fanno da guardia. Quella di North Berwick era una buca unica fino a quando l’architetto americano C.B. Macdonald prese lo spunto per la sua quarta buca al National Golf Links of America nel 1909, e il suo facsimile del green angolato che scende lontano dal battitore fu così geniale che lui stesso e il suo protetto, Seth Raynor, ne inserirono una versione praticamente identica in ogni campo che costruirono.

Ironia della sorte, il Redan è il meno entusiasmante dei quattro par 3 di North Berwick. Anche se affascinante, far fermare la palla sul green quando il vento soffia in determinate direzioni risulta quasi impossibile, e non si sa mai se ci si è riusciti finché non si passa la cresta del bunker davanti del green. Gli altri par 3 di North Berwick sono molto più intriganti. La 4 funge come porta tra la parte cittadina del campo e quella più tranquilla in campagna, con un green profondo e stretto fiancheggiato da penalizzanti bunker a fossa. La 6 si chiama “Quarry” e si gioca sopra una vecchia cava, con il green sopra un ripido bunker posizionato davanti. La bellissima 10 invece, chiamata “Eastward Ho!”, è leggermente in discesa e costeggia il Firth of Forth fino a un green angolato, difeso da una serie di insidiosi bunker a raggiera.

WATERVILLE GOLF LINKS – IRLANDA

Posizione 100 migliori campi del mondo: 60°

I par 3 di Waterville non meriterebbero di stare su questa classifica se ci basassimo solo sui metri scritti sullo score. Le quattro buche corte variano di soli cinque metri l’una dall’altra, dai 177 ai 182, violando uno dei sacri comandamenti, ovvero quello che ogni par 3 dovrebbe essere di una lunghezza diversa. Ma non fissiamoci sulle regole. I par 3 di Waterville soddisfano un criterio ancora più importante, quello della diversità; essendo insolitamente variegati richiedono colpi molto differenti tra loro, nonostante abbiano lunghezze simili.

Eddie Hackett, celebre architetto irlandese di campi da golf, creò questo links nel 1973 e l’americano Tom Fazio lo aggiornò negli anni 2000. Situati su una penisola della Baia di Ballinskelligs, sopra e in mezzo a dune ispide, tre di questi par 3 hanno i green che sono in balia del vento. La 12 è chiamata “Mass Hole” perché la leggenda narra che le messe cattoliche una volta venissero celebrate nella profonda cavità nascosta tra il green e il battitore, protette e nascoste da occhi ostili o non timorati di Dio. Ancora oggi sul primo colpo si prega affinché si voli tutto. La 17 inizia in cima al punto più elevato di Waterville, con una vista a 360 gradi su Kerry, e prosegue su una terra di nessuno coperta da festuca verso un green appoggiato su un promontorio dell’Oceano Atlantico, accessibile solo ai colpi che vanno da destra a sinistra. Il meno noto ma più interessante dei par 3 è il quarto, simile a una pista da bowling nascosta tra delle alte dune. L’analogia risulta azzeccata perché far rotolare la palla lungo il duro manto erboso è spesso il modo migliore per avvicinarsi al green, incastonato su un dosso tra colline di erba selvatica.

Waterville, buca 17 di 177 metri