Lipparelli dominatore assoluto, Di Nitto stratega che ha alternato Challenge tour ed Alps Tour e Maccario che con la vittoria in “fotofinish” del Grand Final si è guadagnato il quarto posto dell’ordine di merito.

Non sono nemmeno da dimenticare le vittorie di Cianchetti e Scalise all’inizio dell’ anno che hanno contribuito al dominio Italiano sul circuito.

Grandi ragazzi, è stato bello vedervi trionfare. Tra poco vi raggiungerò anche io!

La mia stagione 2019  è stata sicuramente l’annata più  particolare da quando sono passato professionista, ma anche la più formativa.

Faccio un passo indietro.

A fine 2018 mi sono rotto il polso e da allora fino a maggio 2019, sono stato investito dalla scia della legge di Murphy. In poche parole tutto ciò che poteva andare male, finiva peggio.

Alla fine la vita è come una partita a carte: si vince quando hai la mano migliore.

Io ho dovuto aspettare un bel po’ prima che arrivasse la mia mano vincente, ma finalmente è giunta quando meno me lo aspettavo, nel momento peggiore: Acaya.

Ero appena tornato dalla gara nella Guadalupa, dove inaspettatamente avevo passato il taglio e mi ero piazzato al 25esimo posto. Tutto si prospettava per il meglio. Gara in Italia, tempo stupendo, cibo squisito, location perfetta e il gioco apparentemente ottimo. Unica preoccupazione? Il putt.

Ebbene si, seppure io mi sia sempre definito un ottimo puttatore, quest’anno ho dovuto lottare contro l’hips. Non auguro a nessuno di averlo, perché quel maledetto scattino mi ha fatto veramente perdere la testa e tuttora ogni tanto torna a bussare.

Purtroppo quando il putt cede, tutto il resto del gioco cade come un domino. Così  è  successo a me.

Un blackout completo innescato da 4 maledetti putt alla buca 4.

Ho scelto il campo peggiore per vedere nero. Acaya non perdona e così ho consegnato il peggiore score da quando sono professionista: 88.

Non nascondo che a seguito di quel risultato mi sono trovato davanti ad un bivio. Resto o mollo? Sono felice? Come faccio a migliorare questa situazione? Riuscirò mai a ritornare a giocare bene?

L’unico modo per continuare era quello di cambiare. Allora ho preso coraggio ed ho cambiato mental coach. Lui non aveva colpe, semplicemente non ascoltavo più quello che mi diceva, non perché dicesse cose sbagliate, ma perché dopo 5 anni di collaborazione e sopratutto amicizia, lo vedevo come un consigliere piuttosto che come mental coach.

I primi frutti si sono visti inaspettatamente  durante la settimana successiva a Metz, nel nord della Francia.

Avevo visto un netto cambio di marcia già dalla prova campo, ma la dimostrazione l’ho avuta dopo il primo giro. Meno 2 di giornata e primo giro senza scattino.

Questo stato di tranquillità mi ha portato a consegnare un secondo giro in -7 salendo in terza posizione.

Sono passato dalle stalle alle stelle.

Purtroppo una top 5 non si costruisce in una settimana ed ho concluso il torneo in tredicesima posizione.

Da quel momento la mia stagione è cambiata.

Ho ripreso fiducia e nelle successive quattro gare ho ottenuto un dodicesimo posto, due quarti posti consecutivi ed un diciassettesimo.

La gara più bella è stata quella al Golf Nazionale.

Per la prima volta della stagione, ho avuto finalmente un caddie sulla sacca. Una persona che mi è stata sempre vicina anche nei momenti di difficoltà. Michele Menegon.

È stata una sinergia  perfetta. Nonostante il caldo cuocente, Michele  non si è mai tolto la sacca dalle spalle, se la teneva stretta come se fosse un tesoro inestimabile.

Lui non gioca a golf però ha capito quello che serve per giocare bene, la pazienza!

Grazie a questa sua impostazione, anche dopo una partenza disastrosa del primo giro dove ero +4 dopo 5 buche, è riuscito a tenermi calmo e tra una battuta e l’altra, abbiamo concluso il torneo al quarto posto.

Mi ricordo ancora la reazione dopo il putt imbucato per il birdie alla cinquantaquattresima buca, per entrambi è stata come una vittoria, un recupero incredibile. Grazie Michi, è stato grazie a te se abbiamo rimontato così.

La seconda parte dell’anno, nonostante la delusione delle qualifiche per l’European tour dove non mi sono qualificato per tre colpi, è per me motivo di grande gioia.

Il mio obbiettivo stagionale non era quello di mantenere la carta dell’Alps tour, ma a male estremi estremi rimedi.

Essere riuscito a passare dal numero 87 dell’ordine di merito Alps al numero 32 in cinque gare mi ha finalmente dato la consapevolezza di quello che sono in grado di fare.

Il segreto? Mettersi in gioco e perseveranza.

Ora mi aspetta un inverno di duro lavoro. L’anno prossimo  sarà ricco di soddisfazioni.

Non è  importante la destinazione, ma il viaggio.

Grazie a chi mi sta vicino sempre. Senza di voi non sarei la persona che sono oggi.