Difficile dire quale sia la strategia migliore per sfruttare la pausa invernale.

Per quanto riguarda i nazionali dilettanti, lo stop dalle gare è un periodo molto importante nel quale l’atleta deve sfruttare il tempo libero per migliorare i settori più deboli del proprio gioco e per rinforzarsi fisicamente.

Ogni anno, per questo motivo, appena finita la stagione agonistica, organizziamo un corso tecnico federale nel quale i macchinari e i relativi numeri acquisiti ci danno una configurazione precisa dell’atleta dal punto di vista tecnico e fisico.

Questi risultati vengono confrontati con tutto quello che lo staff ha potuto osservare in gara durante la stagione agonistica per avere un quadro ancora più completo e veritiero della situazione.

Dal confronto fra le due tipologie di valutazione esce il programma invernale del giocatore. Per i Tour Player possiamo affermare che non esista una strategia uguale: ogni giocatore a fine stagione ha esigenze diverse, a seconda sia dei risultati ottenuti che del numero di gare disputate.

C’è chi gioca talmente tanto che arriva a dicembre sfinito e non vede l’ora di sdraiarsi sul divano a riposare, chi va in vacanza con la famiglia senza sacca per ricaricare le pile, chi invece aspetta eccitato questo momento per poter finalmente lavorare più intensamente sullo swing e sfondarsi di palestra.

Dalle esperienze vissute sul Tour ho notato che il più delle volte i giocatori che hanno bisogno di maggior riposo e quindi di una pausa più lunga sono quelli che sono stati molte volte in “contention”, segno che le energie mentali nel golf sono le prime ad esaurirsi e di conseguenza a creare stanchezza.

C’è anche chi non abbassa mai le guardia e pur di giocare va a competere in altri continenti per farsi trovare pronto e sfruttare al meglio i primi appuntamenti dell’anno.

Va anche detto che, rispetto al passato, il calendario attuale dei pro è davvero intenso e la pausa invernale si è ridotta a poche settimane.

Ai miei tempi, negli anni 90, la pausa sul Tour durava almeno quattro mesi e molti giocatori andavano addirittura in Florida a “svernare”.

A proposito della Florida, durante i miei allenamenti ebbi la fortuna di giocare una settimana con il simpaticissimo Nick Price, vincitore di major ed ex numero uno del mondo.

Mi rimase impressa una sua frase a riguardo della pausa invernale. Dopo 18 buche nelle quali giocò molto male mi disse: “Sarei più preoccupato se stessi giocando bene in questo periodo! Il mio obbiettivo è entrare in forma per Augusta e se lo fossi già adesso, a tre mesi dall’appuntamento, so già che non riuscirei a mantenere lo stesso livello”.

In quel periodo infatti Price si divertiva a praticare sci nautico e altri sport che durante la stagione agonistica non avrebbe più potuto fare e accettava con estrema calma il fatto di non essere in forma e di tirare tanti brutti colpi. Nick Faldo, al contrario, che in quel periodo si stava allenando nello stesso circolo, passava ore in campo pratica senza andare sul percorso per giorni interi. Due grandi campioni, due opposte preparazioni alla stagione agonistica.

Se dovessi dare un consiglio ai giovani pro di oggi mi sentirei di dire loro di non seguire troppo l’istinto durante la pausa invernale ma, al contrario, di lavorare duro e migliorare, sia dal punto di vista fisico che tecnico.

È vero che nel golf la differenza alla fine la fa testa ma possiamo affermare con certezza che essere in perfetta forma fisica non aiuta solo a tirare più forte la palla ma permette anche di rimanere lucidi più a lungo e nei momenti chiave.

Per quanto riguarda il lavoro tecnico sullo swing sono convinto che la pausa sia il momento migliore per apportare modifiche, per poi arrivare alle gare e lavorare quasi esclusivamente sul gioco corto, risparmiando le energie per importanti per la competizione.