Magnolia, Camelia, Carolina Cherry, Golden Bell, Azalea.
Non vi stiamo introducendo a un trattato di botanica ma alla scoperta del magico mondo dell’Augusta National Golf Club.

Aprile è tempo di Masters di notti interminabili, trascorse tutte di un fiato attaccati alla tivù a rifarsi gli occhi di fronte a quella che, universalmente, viene riconosciuta come ‘La Grande Bellezza’ del golf mondiale.

Diciotto buche dal profumo intenso, legate a filo diretto ad altrettante piante da cui prendono il loro nome, in una sorta di omaggio alla natura, meravigliosa artefice insieme all’uomo di un capolavoro irripetibile. 

Quello di quest’anno sarà vero Masters, con il ritorno alla massima capienza di pubblico e con la presenza di tutta la stampa mondiale.
Non mancherà quasi nulla per scrivere un’altra indimenticabile pagina, l’86esima, nell’eterno libro del major più affascinante e atteso del golf mondiale. Il ‘quasi’ è legato a due assenze pesantissime, quelle di due campioni che più di tutti hanno segnato con le loro imprese alcune delle edizioni più memorabili di questo torneo unico, Tiger Woods e Phil Mickelson. 

Tiger e Lefty, otto Giacche Verdi in due, hanno trascorso le loro carriere spalla a spalla, protagonisti di una rivalità in campo e fuori che ha spinto il golf attraverso una nuova dimensione di popolarità e successo.

Masters senza le due grandi glorie

Oggi, salvo miracoli dell’ultima ora da parte di Woods, impegnato nel lungo percorso di recupero fisico dopo il pauroso incidente del febbraio del 2021, i due amici/rivali dovranno godersi lo spettacolo senza esserne parte integrante.
Due assenze le loro dal significato diametralmente opposto. Mentre quella di Tiger, la seconda consecutiva, è dettata dal suo stato fisico ancora lontano dal ‘passo gara’, quella di Mickelson suona come l’ennesimo sgarbo di un campione in aperta polemica con il mondo del PGA Tour, più volte attaccato con esternazioni pesanti sulla questione della nascita della Superlega.

Senza loro il Masters perde certamente parte del suo immenso fascino, così come il sogno di ogni appassionato di assistere all’ennesima impresa leggendaria di uno dei due campioni.
Tiger nel 2019 strappò letteralmente la Giacca Verde dalle spalle di Francesco Molinari, tornando ad indossarla per la quinta volta in carriera dopo undici anni dal suo ultimo titolo major e 22 dal primo Masters.
Quell’impresa fu definita dai media il più incredibile ritorno al successo nella storia dello sport di tutti i tempi.

Mickelson, a 50 anni, 11 mesi e 3 giorni, ha sollevato lo scorso anno a Kiawah Island il Wanamaker Trophy per la seconda volta in carriera. Sedici anni dopo il primo successo nel PGA Championship a Baltusrol e 17 dal primo dei suoi sei major, il Masters del 2004.
Un successo il suo che lo ha anche consacrato come il più anziano giocatore a vincere una prova dello Slam nella storia del golf, superando uno dei record più longevi del nostro sport, quello di Julius Boros, che nel 1968 trionfò al PGA Championship a 48 anni suonati. Una nuova generazione di fenomeni è chiamata a onorare al meglio due delle sue più grandi icone.

Ma per entrare nella leggenda e nel cuore della gente come Tiger e Lefty dovranno essere pronti ad andare oltre ogni limite. Esaltarsi anziché abbattersi nelle difficoltà ed essere in grado di creare colpi magici nei momenti di massima pressione.

Augusta e il Masters non faranno come sempre sconti a nessuno. 

Ma una cosa è certa. Chi domenica pomeriggio indosserà la Giacca Verde non sarà certamente frutto del caso ma di un mix perfetto di tenacia, tecnica, passione e talento. 

Quello che solo i numeri uno possono avere.