Nella prima intervista rilasciata dopo il suo terribile incidente dello scorso febbraio Tiger Woods è stato molto chiaro: “Se tornerò a giocare sul PGA Tour non lo farò più a tempo pieno ma solo in certi eventi”.

Già negli ultimi anni prima dello schianto in macchina il Fenomeno aveva iniziato a ridurre i suoi impegni ufficiali.

Nel 2018, il suo primo anno dopo l’intervento di fusione spinale, Woods giocò 19 tornei, col senno di poi una cifra davvero considerevole come lui stesso ammise, dando colpa proprio alla stanchezza fisica per la sua impalpabile prestazione nella Ryder Cup di Parigi di quello stesso anno.

Allora assicurò che non sarebbe mai più caduto nello stesso errore.

L’anno successico, il 2019, giocò solo 14 tornei in totale, anche per la lunga pausa che si prese dopo aver vinto il suo quinto epico Masters ad aprile.

Nel 2020 il 15 volte vincitore di major è sceso invece in campo in solo in 9 occasioni, numero però falsato dai tre mesi di stop del PGA Tour per la pandemia.

Tiger ha più o meno disuptato una media di 14 tornei all’anno nell’ultimo periodo della sua carriera prima del terribile incidente in auto, un numero che lui stesso oggi ha scartato che possa riuscire a sostenere in futuro, se mai dovesse tornare a gareggiare.

Resta aperta anche la possibilità (speriamo remota) di non rivederlo mai più in un evento ufficiale ma sappiamo che questo accadrebbe soltanto se Tiger stesso si rendesse conto di non poter essere più in grado di tirare la palla in un certo modo. E oggi sta già facendo di tutto perché questo non succeda…

“Non ho ancora dimostrato a me stesso che posso farcela – ha detto martedì all’Hero Challenge -. Attualmente posso giocare un percorso par 3, fare alcuni colpi, chip e putt, ma se parliamo di andare là fuori e giocare contro i migliori del mondo sui campi da golf più difficili allora quella è tutta un’altra cosa. Ho ancora molta strada da fare per arrivare a quel punto. Non ho ancora deciso se voglio arrivare o meno a rimettermi in gioco ad alti livelli, per il momento devo portare la mia gamba a un punto tale in cui possa capire se ha davvero senso o meno prendere questo tipo di decisione”.

Se questo dovesse accadere nei prossimi mesi, che tipo di stagione pianificherebbe allora Tiger per il 2022? Proviamo ad immaginarlo indicando i tornei che, sulla carta, non perderebbe per nulla al mondo e perché.

MASTERS

Nessun altro torneo al mondo ha un valore maggiore del Masters per Tiger Woods. Qui ha dominato nel 1997 nel suo primo major vinto in carriera e qui è tornato a indossare per la quinta volta la Giacca Verde nella leggendaria edizione del 2019, dopo mille infortuni e una fusione vertebrale.

Ad Augusta ha inoltre completato il ‘Tiger Slam’ nel 2001, quando vincendo il Masters ha detenuto contemporaneamente tutti e quattro i major del golf mondiale.

Woods ha un profondo legame con l’Augusta National e il torneo e se potesse scendere in campo, anche solo un’ultima volta prima di smettere definitivamente, sceglierebbe certamente Augusta per il suo addio in grande stile.

OPEN CHAMPIONSHIP

Tiger ama il fascino unico del torneo più antico del mondo e in più questo potrebbe ben adattarsi al tipo di gioco che ci immaginiamo possa esprimere in caso di rientro.

I links necessitano astuzia e precisione più che potenza. Su un percorso duro come ad esempio è successo a Carnoustie nel 2018, Woods può ancora fare la differenza, soprattutto con il suo gioco con i ferri.

Nell’intervista all’Hero ha dichiarato che gli piacerebbe poter giocare nel 150° anniversario del torneo, un’edizione carica di fascino che l’Old Course di St Andrews ospiterà il prossimo luglio.

Allo stato attuale sembra un po’ inverosimile ma Tiger ci ha abituato a bruciare ogni tappa nel recupero dai sui tanti infortuni. Mai dire mai con lui…

GENESIS INVITATIONAL

È il suo evento, è l’ospite d’onore, è coinvolta la sua fondazione ed è nel suo territorio, nel sud della California. E in più è lì dove ha preso il via la sua fenomenale carriera sul PGA Tour quindi farà di tutto per poter un giorno tornarci da giocatore.

HERO WORLD CHALLENGE

È il torneo dove la Fondazione Tiger è più attiva e la sua presenza è fondamentale per le sorti mediatiche del torneo, come si è visto ancora una volta quest’anno.  È anche una settimana piuttosto fredda alle Bahamas, ma il field è limitato e il campo è piatto e senza particolari difficoltà.

PGA CHAMPIONSHIP

Woods se l’è sempre cavata piuttosto bene con i setup della PGA of America nel corso degli anni e Phil Mickelson ha dimostrato quest’anno a Kiawah Island che è assolutamente possibile, anche in una stagione negativa, ottenere un exploit simile pure per chi non ha più vent’anni come loro.

Tiger ha sempre costruito il suo programma stagionale intorno ai major e con il PGA Championship ora fissato a maggio, quando ancora non fa un caldo opprimente, potrebbe prendersi un mese intero di pausa dopo il Master per prepararsi a una nuova stimolante sfida. E non dimentichiamoci che 4 dei suoi 15 major sono arrivati ​​proprio in questo torneo.

THE MEMORIAL

Solo quattro giocatori hanno avuto l’onore di aver un proprio torneo nel PGA Tour: Tiger Woods, Byron Nelson, Arnold Palmer e Jack Nicklaus. Woods è molto orgoglioso di essere uno di questi quattro ed è fortemente legato a Nicklaus. Qui ha vinto cinque volte ed è stato il primo torneo a cui ha preso parte dopo l’interruzione per il Covid nel 2020. Giocare sarebbe un grande omaggio all’Orso d’Oro e farà di tutto per poter un giorno esserci di nuovo.

THE PLAYERS

Lo Stadium Course del TPC di Sawgrass è un altro campo che premia il gioco preciso con i ferri più della forza bruta. Woods ha anche dichiarato di voler sostenere la causa del PGA Tour e che mai si unirebbe al progetto di Greg Norman della Superlega mondiale.

Tiger è stato il giocatore che più di tutti ha contribuito alla crescita del circuito, dei suoi partner e dei montepremi grazie alle sue memorabili imprese e il PGA Tour gli è enormemente riconoscente per questo.

E trattandosi del ‘flagship tournament’ del circuito, dove ha sede proprio la PGA Tour, siamo certi che Tiger un giorno ci vorrebbe tornare ma da protagonista in campo.

U.S. OPEN

Per uno con una carriera costellata da infortuni come Tiger è forse il torneo più complicato. I campi sono sempre lunghi, con rough spesso ingiocabili. È un test estenuante, sia fisicamente che mentalmente. E seppur Tiger abbia in bacheca tre trofei del più antico major americano bisogna anche ricordare che ha mancato il taglio in tre delle sue ultime quattro apparizioni. Se c’è un torneo dello Slam che salterebbe volentieri probabilmente è questo.

PALMER INVITATIONAL

Ha vinto il torneo ben otto volte in carriera e nutre per questo lo stesso valore affettivo del Memorial di Nicklaus. L’unico dubbio è che si disputa prima del The Players e francamente appare improbabile pensare di vederlo impegnato per due settimane consecutive, almeno nel 2022.

FARMERS INSURANCE OPEN

Ha vinto anche questo otto volte e Torrey Pines è forse il tracciato dove in carriera ha mostrato il suo gioco migliore. Ma è a gennaio, quando raramente si raggiungono i 15 gradi a La Jolla, e Woods ha parlato in passato di quanto siano importanti il ​​calore e l’umidità per far sentire meglio il suo corpo. Il campo è sempre lungo e morbido. Non è comunque tra quelli impossibili e, per conformazione e caratteristiche, ben si addice alle caratteristiche anche del Tiger ultima versione.

Ora proviamo a contarli. Se per assurdo li giocasse tutti, anche quelli difficili o improbabili, sarebbero 10 tornei a stagione. Difficile pensare che il Tiger che verrà, se davvero potrà tornare alle gare, possa aspirare a giocarne di più. “È una realtà sfortunata certo – ha detto -, ma è la mia nuova realtà. E la devo accettare”.