Augusta, 6 aprile
Avrebbe dovuto essere un pezzo sul Par 3 Contest del mercoledì pomeriggio, invece una serie di coincidenze, mi hanno fatto cambiare i programmi, nella speranza che il mio direttore non se la prenda a male.
In questo articolo vi voglio spiegare la cronologia degli eventi che mi ha aiutato a capire ulteriormente il ruolo di quello che per i più ignoranti (coloro che ignorano) può sembrare un semplice portaborse.
Allontanandomi dal clima di festa e divertimento del Par 3 Contest, di cui molti sottovalutano l’importanza psicologia che ha per i giocatori, in quanto gli permette di staccare la spina prima del grande evento e ricaricarsi in un clima di allegria con la propria famiglia, mi sono imbattuto in una trentina di caddie. Questo gruppetto, vestito con la tradizionale tuta bianca, passeggiava annotando distanze, compattezza dei fairway e dei green, pendenze e rimbalzi.

Questo perché il campo dell’Augusta National è uno di quei percorsi che muta ora dopo ora, minuto dopo minuto. Per quesa ragione il caddie, oltre ad essere l’effetto placebo per molti giocatori, ha anche la funzione di tramutarsi nel saggio grillo parlante, mostrando le cose da un’altra prospettiva.

Tutto questo mio osservare è avvenuto mentre, seduto sulla tribuna della 15, leggevo una rivista di golf dedicata al Masters.
A colpirmi un articolo in cui uno dei preziosi consiglieri di bianco vestiti in incognito raccontava della sua carriera e di come una “Green Jacket” avrebbe potuto cambiare per sempre la vita del suo giocatore e, con molte probabilità, anche la sua.
Mentre leggevo le parole di questo caddie sotto copertura, cercavo di capire chi fosse il famoso professionista.
Quattro pagine in cui parla del rapporto tra lui e il suo giocatore, reo di non essere  troppo espansivo e gioviale, ma ciò non ha impedito di ritrovarsi a poche buche dalla fine a rischiare  di vincere all’Augusta National.
Dalle sue parole traspariva tutta l’ammirazione, la passione e il coinvolgimento di tanti anni vissuti insieme. Dall’altra, si potrebbe pensare che il lavoro del caddie non sia duraturo e solido e pregiudichi la vita privata, in quanto costantemente impegnato sui fairway in giro per il mondo.
Purtroppo la vittoria non arrivò e di conseguenza nemmeno quella serie di eventi positivi per essersi aggiudicati il primo major della stagione. Il misterioso giocatore smise poco dopo, passando al ruolo di telecronista, mentre l’undercover caddie continua imperterrito il suo lavoro di grillo parlante.
A chiudere queste considerazioni sulla figura di colui che non si limita ad accollarsi il peso della sacca per 18 buche, voglio riportare una frase detta da Guido Migliozzi durante la diretta Instagram di Golf & Turismo di ieri. Alla mia domanda su quanto ci avesse pensato a quel famoso e spettacolare secondo colpo della 18 a Parigi all’Open di Francia dello scorso anno (da cui è uscito vincitore) ha risposto più volte facendo riferimento a un “noi”.
Questo è il rapporto di totale condivisione tra un caddie e il suo giocatore.