Vincere l’Open Championship è sempre stato il sogno di tutti i giovani golfisti europei. Chi da bambino durante un allenamento non ha immaginato sul putting green del proprio campo di imbucare il putt della vittoria e di alzare la Claret Jug?

Una cosa è sicura: alzare la più antica coppa del golf proprio a St Andrews ha un sapore davvero speciale e credo che rappresenti anche il sogno proibito di tutti i migliori professionisti al mondo.

Il fascino dell’Old Course è davvero contagioso, nessuno riesce a rimanere indifferente quando entra nella storica arena del golf britannico. The Open è sempre stato considerato un durissimo banco di prova, soprattutto quando le condizioni climatiche diventano difficili.

Vento, pioggia, campo duro e veloce contornato da un folto e impenetrabile rough hanno di fatto reso per decenni i major qui disputati uno dei test più impegnativi della stagione.

La parte da padrone la fa ovviamente sempre il clima. È il vento a decidere quanto complicare la vita ai giocatori e quanto farli soffrire in campo. Negli anni abbiamo infatti assistito a giornate infernali, dove si è velocemente passati dalla calma piatta a climi estremi, che spingono il gioco in campo al limite della regolarità.

In quei momenti c’è davvero poco da fare, la parola d’ordine è una sola: “Non perdere la calma“.

Praticamente è come trovarsi in mezzo all’oceano con il mare in burrasca, momenti nei quali non vedi l’ora di mettere i piedi a terra, ovvero di arrivare in club house.

Il più grande in queste situazioni estreme è sempre stato Severiano Ballesteros, la sua immaginazione e la sua capacità nel lavorare la palla hanno sempre fatto la differenza con gli avversari.

In questi tracciati devi infatti saper leggere le situazioni alla perfezione: ti può capitare di tirare un wedge da 200 metri se hai la palla in semi rough e il vento a favore, così come alla buca successiva essere costretto a tirare un ferro 5 da 120. Solo chi ha il pieno controllo degli effetti e dell’altezza di volo della palla può quindi riuscire a domare il denso vento dei links britannici.

Saper usare tutte le traiettorie della palla è di fondamentale importanza quando si alza la bufera. Quando il vento soffia forte, in direzione laterale a quella di tiro, devi essere capace di contrastarlo, creando l’effetto opposto.

Se dal tee la tua palla vola con effetto uguale alla direzione di un vento laterale andrà certamente più lunga, ma appena atterra sui duri fairway dei links è destinata a rotolare velocemente e in diagonale rispetto alla direzione della buca, con ampie possibilità di terminare in rough.

Con i driver moderni, che hanno sicuramente complicato l’esecuzione dell’effetto draw a causa del basso spin con il quale fanno volare la palla, quasi tutti i giocatori soffrono in particolar modo il vento da sinistra.

È davvero difficile contrastare questa tipologia di vento e per farlo il più delle volte ormai la scelta ricade sul legno 3: qualche grado in più di loft e mille rivoluzioni in più di spin aiutano a far girare più facilmente la palla verso sinistra.

Il saper contrastare la direzione del vento vale ancor di più quando si parla di un colpo al green. Se vuoi fermare la palla in pochi metri con un vento che soffia da destra devi per forza di cose prendere un paio di ferri in più e creare un fade accentuato. E ovviamente vale anche per un vento che soffia da sinistra, che fortunatamente con i ferri è nettamente più facile da contrastare rispetto al drive. 

Una delle sensazioni più belle del golf è vedere la palla che contrasta il vento per tre quarti del volo, per poi raddrizzarsi quando perde forza nel finale cadendo dolcemente nei paraggi della bandiera.

Anche intorno ai green bisogna avere un’ampia gamma di colpi a disposizione e una buona immaginazione. In un giro sui links può davvero capitare qualsiasi tipo di approccio e devi essere quindi pronto a usare quasi tutti i bastoni che hai in sacca. 

Sono molti i giocatori che scelgono di abbassare il bounce dei wedge per far sì che il bastone scivoli meglio sui duri fairway britannici.

In molti casi i recuperi più semplici sono per assurdo proprio quelli affrontati dai famigerati ‘pot bunker’: la sabbia è talmente fine e pura che puoi davvero far fare alla palla quello che vuoi.

È vero, in tantissime occasioni vediamo in tivù impiegare due o tre colpi per uscire dal bunker anche dai professionisti. Questo succede quando l’angolo formato dal piano della sabbia e la classica sponda in terriccio si avvicina ai 90 gradi. In questo caso quando la palla finisce sotto sponda e il lie è leggermente in discesa non c’è nulla da fare, conviene assolutamente uscire lateralmente per evitare che la palla ti ritorni sui piedi, o ancora peggio nelle tue impronte… 

Anche dai bunker del fairway non conviene mai fare gli spiritosi quando sei a più di 80 metri dal green non hai proprio scampo, la devi buttare fuori e devi provare a recuperare con il colpo successivo.

Uno dei colpi più utilizzati sui links e in particolare all’Old Course di St Andrews è sicuramente il putt da fuori green. Il fairway è talmente duro e veloce che volendo puoi infatti puttare anche quando sei a 30/40 metri dal green. C’è da dire che essendo quelli dell’Old Course fra i più enormi al mondo, anche perché molti di essi hanno due buche in comune, ti possono facilmente capitare putt di 50 metri anche avendo la palla in green.

Dove c’è poco da fare, ed è davvero impossibile azzardare previsioni attendibili, è sul controllo del primo rimbalzo in pista. I fairway dei links, pur essendo prevalentemente piatti, sono pieni di infiniti piccoli avvallamenti che creano continue situazioni di sali e scendi. Quando la palla atterra può quindi incontrare nello stesso metro quadrato sia un punto in salita che uno in discesa, il che può significare per un drive facilmente una trentina di metri di differenza e per un colpo al green una decina di metri.

Un’altra dote che devi avere al British Open è quella di leggere correttamente i lie quando finisci in rough. Anche quando la palla non sembra messa così male, le lunghe e apparentemente leggere spighe che la circondano ti avvolgono il bastone nel downswing e ti fanno chiudere pericolosamente la faccia del bastone. Più è lungo lo shaft e più è facile incorrere in questo errore e vedere la palla partire bassa a sinistra e andare nei guai. È importante quindi capire il “punto di rottura”, ovvero fino a dove puoi osare: se con un ferro 9 probabilmente riesci a creare una sorta di flyer e arrivare anche a 200 metri (rotolo compreso), con un paio di ferri in più rischi che la palla non parta proprio!

Chi sarà il vincitore di questa 150esima edizione è praticamente impossibile da pronosticare. Io spero vivamente che soffi un forte vento da sud-ovest in modo da rendere le seconde nove buche del percorso molto impegnative e più spettacolari e vedere un Open Championship in grande stile. Se invece le condizioni climatiche non dovessero essere difficili, assisteremo a un vero e proprio massacro del campo e la vittoria se la giocheranno i migliori giocatori di putt.