Ludvig Åberg e Rose Zhang. Segnatevi bene questi nomi perché ne sentiremo parlare sempre più spesso. due giovanissimi, vincenti, e fuoriclasse annunciati che in pochi mesi hanno conquistato quello che si sogna in una vita: vincere sul circuito americano ed europeo ed essere selezionati per la Ryder e la Solheim Cup.

Quando si pensa al talento la prima cosa che viene in mente è una dote innata, la capacità di fare qualcosa senza che nessuno te lo spieghi, una specie di grazia offerta dalla sorte che ci rende diversi (o migliori) degli altri. 

Bene, nella storia del golf di personalità così se ne sono susseguite per anni creando intorno a loro quell’aura che li ha sempre resi speciali e a tratti divini agli occhi degli altri. E oggi, proprio quest’aura è passata a due giovani professionisti che in pochissimo tempo hanno scalato le classifiche mondiali imponendosi tra i grandi del nostro sport: Rose Zhang e Ludvig Åberg. 

Due destini paralleli che ci raccontano com’è essere un prodigio del golf ad appena 20 anni, infrangendo ogni record possibile e vincendo subito un titolo. 

Americana lei, l’immagine del proette senza tempo: astuta, elegante, dallo swing fluido e imperturbabile, e svedese lui, l’immagine del moderno golfista: alto, scolpito e potente.

Rose Zhang

Per galanteria iniziamo subito della giovanissima californiana classe 2003, che dopo 141 settimane da numero uno del ranking mondiale dilettanti, è passata professionista a fine maggio scorso e al suo debutto sull’LPGA Tour ha trovato subito la vittoria. 

Non accadeva da 72 anni che una rookie alzasse il trofeo al debutto tra i professionisti. Per trovare un successo così bisogna risalire nella notte dei tempi e precisamente al 1951 quando Beverly Hanson superò Babe Zaharias e trionfò nell’Eastern Open. 

Dopo oltre settant’anni la Zhang si è così portata a casa il Mizuho Americas Open dopo due buche di playoff contro Jennifer Kupcho. Un exploit che l’ha subito catapultata nell’Olimpo del golf come la new entry più forte del mondo da quando nel 2009 un’altra giovane fuoriclasse, Michelle Wie, mise un piede nel professionismo. 

Si sprecano poi i paragoni con Tiger Woods: entrambi californiani, entrambi hanno bruciato le tappe ed ex allievi della Stanford University.

Le imprese di rose Zhang

E non potrebbe essere altrimenti visto cosa ha già vinto questa 20enne, la miglior dilettante di sempre. Tre volte la medaglia McCormack (il titolo dato dall’R&A alla miglior amateur mondiale), due volte l’Annika Award (miglior giocatrice di College), altrettante consecutive come campionessa NCAA, con record della media score più bassa (68,81).

E non è tutto: vincitrice dello U.S. Women’s Amateur nel 2020, del U.S. Girls’ Junior nel 2021 e dell’Augusta National Women’s Amateur nel 2023.

Nel 2019, ancora dilettante ad appena 16 anni, aveva passato il taglio allo U.S. Women’s Open mentre l’anno successivo ha chiuso all’11° posto in classifica all’ANA Inspiration, uno dei cinque major femminili.

Ha vinto ben dodici dei venti tornei universitari disputati (otto solo nel 2022). Per rendere l’idea e tornare al paragone con Tiger, il 15 volte campione major ne aveva vinti “solo” undici su 26 gare mentre giocava nella squadra dell’università di Stanford.

Ciliegina sulla torta di una carriera iniziata con la marcia ingranata, la qualifica per un posto nella squadra americana di Solheim Cup. E lungo i fairway del Finca Cortesin a seguire la rookie del momento c’era lui, Ludvig Åberg, presente in Spagna per supportare il Team Europe nel quale faceva parte la connazionale Madelene Sagstrom, fidanzata del suo caddie, Jack Clarke. 

Ludvig Åberg

“Ora tocca a un ragazzo che ha le potenzialità per diventare una superstar. La mia sesta scelta è Ludvig Åberg”. Con queste parole il capitano della squadra europea di Ryder Cup, Luke Donald, accendeva i riflettori sul giovanissimo svedese, sul grande azzardo, sulla scommessa, poi vinta a mani basse, del capitano e del suo vice, Edoardo Molinari. 

Il 23enne era il numero uno nella classifica mondiale dilettanti fino allo scorso giugno, quando ha deciso di passare professionista.

Studente della Texas Tech, ha dominato il golf universitario per anni diventando il primo nella storia a partecipare alla Ryder Cup senza aver mai giocato un major. Da dilettante ha vinto per due volte il Ben Hogan Award, il titolo come miglior giocatore universitario degli Stati Uniti.

Ancora con lo status di amateur aveva già giocato qualche torneo sia sul PGA Tour che sul DP World Tour, ma il temperamento che ha dimostrato quando è sbarcato ufficialmente nel mondo dei grandi poteva travolgerlo. Lui, invece, da bravo nordico ha dimostrato sangue freddo e una grande capacità di controllo. Che poi è stata proprio una delle motivazioni usate da Donald per spiegare la scelta di inserirlo in squadra.

I successi di Ludvig Åberg

Nel primo torneo da pro in Canada si è conquistato la 25esima posizione e appena un mese dopo, al John Deere Classic, ha raggiunto il quarto posto. Poi, Donald gli ha chiesto di volare nel Vecchio Continente e disputare qualche torneo sul DP World Tour e la risposta ha dell’incredibile: quarto in Repubblica Ceca e primo all’Omega European Masters.

Così, 77 giorni dopo essere passato professionista e a meno di 24 ore dal primo titolo in carriera sul massimo circuito europeo, il ragazzo di Eslöv si è guadagnato un posto nella squadra di Ryder Cup. Troppo facile chiamarlo predestinato.

Dopo il successo al Marco Simone, non ha perso tempo volando subito Oltreoceano e anche là, nella terra delle grandi opportunità, non è rimasto a mani vuote, trionfando sul PGA Tour all’RSM Classic. 

I numeri incredibili dello svedese

Insomma, Åberg si è reso impossibile da ignorare. In soli cinque mesi da quando ha guadagnato la carta del PGA Tour ed è diventato professionista, ha accumulato una stagione che anche i pro più affermati vorrebbero avere nel proprio palmarès: otto piazzamenti tra i primi 25, quattro Top 10, un secondo posto al Sanderson Farms Championship e una vittoria nel RSM Classic di fine novembre. Ha guadagnato oltre 3 milioni di dollari in 11 eventi del circuito americano e 700.000 dollari in tre tornei in quello europeo.

Alla luce di questi risultati ci si chiede però se il passaggio al professionismo di questi due talenti non sia avvenuto troppo presto.

Se tutto questo successo, questo clamore e interesse nei confronti di due ragazzi così giovani non sia forse prematuro se non addirittura troppo per loro.

A risponderci arriva in soccorso Anne Walker, ex coach della Standford University di Rose Zhang: “Paragono il passaggio al professionismo a quando apri una bottiglia di Coca Cola, la assaggi ed è molto frizzante. Poi, chiudi il tappo e la volta successiva la bevanda è frizzante la metà. Con il tempo perde la sua frizzantezza, giusto? Bene. Questi due ragazzi erano pronti a competere con i migliori del mondo e l’hanno fatto mentre l’effervescenza era ancora bella viva nella propria bottiglia”.