Facebook, Instagram, Twitter e gli altri social martedì 2 giugno sono stati inondati di foto completamente nere. È stato il Blackout Tuesday, sportivi e personaggi famosi hanno espresso così il loro cordoglio e la loro indignazione per la morte di George Floyd, afroamericano di Minneapolis ucciso a 46 anni da un poliziotto, che durante un fermo, mentre era a terra, gli ha premuto il ginocchio contro testa e gola, facendolo morire soffocato. Quanto accaduto la scorsa settimana nel Minnesota ha letteralmente incendiato gli Stati Uniti, un’ondata di violenta protesta ha toccato quasi tutte le città. Gli sportivi americani, ma non solo loro, hanno sentito il bisogno di esprimersi su un gravissimo episodio, che sembra averci portato indietro di cinquant’anni. Ovunque spopola l’hashtag “Black lives matter”, le vite nere contano.

Il razzismo non è un problema dei neri, è un problema di tutti

Le stelle del basket americano Le Bron James e Stephen Curry sono state tra le più attive nel tentativo di sensibilizzare la società americana su quanto avvenuto. Così come l’ex pugile Floyd Mayweather, che pagherà il funerale di George Floyd a Houston.
Anche il golf si è mobilitato con Tiger Woods, sua nipote e proette Cheyenne e Jon Rahm.

Lo spagnolo, numero due del mondo, è intervenuto su Instagram parafrasando una frase di Nelson Mandela.
“Nessuno nasce odiando un’altra persona per il colore della sua pelle, per la sua storia o per la sua religione. Le persone devono imparare ad odiare e, se possono imparare ad odiare, gli può essere insegnato l’amore, anche perché l’amore arriva più facilmente al cuore umano che il suo contrario”.