Sono passati vent’anni da una giornata che, per chi ama questo sport, è impossibile da dimenticare.

Payne Stewart, uno dei più carismatici e vincenti campioni dell’era pre-Tiger, a giugno di quel 1999 aveva vinto per la seconda volta in carriera lo U.S. Open a Pinehurst, con un decisivo putt di cinque metri alla 18 ai danni di un giovane Phil Mickelson.

A settembre aveva fatto parte del team americano di Ryder Cup per la quinta volta in carriera nella storica edizione di Brookline, in cui gli americani furono artefici di una clamorosa rimonta nei singoli superando l’Europa per 14.5 a 13.5 partendo da un passivo di 6 a 10.

25 ottobre 1999: quel volo da Orlando a Houston

Il 25 ottobre Stewart e il suo team volarono a bordo del jet privato di proprietà del campione americano, un Learjet 35, da Orlando dove viveva a Houston, per partecipare al Tour Championship, ultimo appuntamento della stagione del PGA Tour, in programma al Champions Golf Club.

La CNN fu la prima a riportare la notizia di un aereo privato che stava sorvolando i cieli americani senza meta, in direzione delle Grandi Pianure, dopo aver lasciato l’aeroporto di Orlando alle 9:19 di quella mattina del 25 ottobre.

Il network statunitense attivò subito una diretta per seguire gli sviluppi della situazione: entrambi i piloti del jet non rispondevano a qualsiasi contatto radio così il Governo americano decise di far decollare due caccia F-16 per valutare la situazione.

La scoperta in diretta: la depressurizzazione della cabina

I piloti militari, in collegamento radio con il comando generale dell’esercito, riportarono che a bordo si intravedevano quattro persone incoscienti e che i finestrini erano ricoperti di ghiaccio: il jet aveva subito un’imprevista depressurizzazione della cabina.

L’identità delle persone presenti su quel volo rimase anonima fino al pomeriggio, quando fu rivelato che a bordo c’era un giocatore di golf professionista e poco dopo fu confermato che si trattava del campione U.S. Open in carica, Payne Stewart.

Il jet fuori controllo procedeva grazie al pilota automatico e, per timore che potesse schiantarsi su qualche cittadina, si disse che il Pentagono stesse addirittura valutando il suo abbattimento, notizia che fu poi invece smentita.

Il jet precipitò, una volta esaurito il carburante, in un campo del South Dakota, senza che gli F-16 militari e le telecamere di tutti i network televisivi americani lo perdessero di vista un secondo.

Una tragedia in diretta mondiale

Se ne è andato così, in diretta video mondiale, uno dei giocatori più amati e vincenti di quella generazione. A bordo con lui c’erano, oltre all’equipaggio, gli agenti Van Arden e Robert Fraley e l’architetto della Nicklaus Design, Bruce Borland.

Stewart aveva solo 42 anni, una carriera e soprattutto una vita ancora davanti a lui.

Nessun giocatore statunitense nato negli anni ’50 e ’60 ha vinto tre major come Payne Stewart, che trionfò nel PGA Championship del 1989 e due volte nello U.S. Open (1991 e 1999). Erano gli anni di dominio europeo con Nick Faldo e nei quali Greg Norman e Nick Price recitavano un ruolo da protagonisti sulla scena mondiale. Prima dell’era Tiger il panorama del golf professionistico era certamente più democratico e geograficamente diversificato.

24 successi in 18 anni tra cui tre major

Stewart non era considerato il miglior giocatore americano ma certamente il più carismatico e amato dal grande pubblico. Fred Couples nel 1992 fu numero 1 del mondo per tre mesi, Stewart al massimo raggiunse il terzo posto del World Ranking. Davis Love III vinse negli anni ’90 una dozzina di tornei sul PGA Tour, il doppio rispetto a Stewart che conta in carriera un totale di 24 successi in 18 anni: 11 sul circuito statunitense, uno sull’European Tour e altri 12 in giro per il mondo.

Payne Stewart era però celebre per avere quella capacità innata che solo i veri campioni posseggono: giocare il miglior golf nei momenti decisivi.

Oggi, di fianco al green della buca 18 di Pinehurst n° 2, spicca una figura bronzea che lo ritrae in uno dei suoi più celebri gesti di esultanza dopo il putt vincente con cui conquistò, proprio in quel tragico 1999, il suo secondo U.S. Open.

Uno stile inconfondibile, uno swing impeccabile

Nato nel 1957 a Springfield, in Missouri, William Payne Stewart divenne celebre in tutto il mondo per il suo inconfondibile look anni 30 che sfoggiava con un’eleganza unica in campo, ma anche per la sua immensa classe e per uno swing tecnicamente impeccabile.

Grande gentleman del green, ha fatto di uno stile un vero e proprio brand e rimane ancora oggi uno dei più amati e rimpianti campioni della storia del golf. Dal 2000 il PGA Tour ha istituito il Payne Stewart Award, premio che ogni anno viene assegnato a un giocatore che si distingue per il rispetto delle regole e delle tradizioni del gioco, un premio alla memoria di un campione sfortunato che rimarrà per sempre nel cuore di tutti.