Lo U.S. Open è da sempre considerato il banco di prova più difficile per i giocatori.

A differenza dell’Open Championship che ha bisogno delle intemperie per mettere in serie difficoltà i fortissimi partecipanti, i campi dell’Open americano sono preparati in maniera tale da riuscire a creare enormi problemi a tutti i concorrenti, anche in occasione di giornate perfette.

Le condizioni del percorso sono infatti sempre portate al limite e ogni minimo errore viene il più delle volte pagato molto caro. Fairway stretti, rough folti , green duri e ondulati sono le caratteristiche principali di questo splendido e affascinante torneo  che mette sempre a dura prova i contendenti.

La preparazione di questo importante major deve quindi essere molto meticolosa. Quando ti affacci per la prima volta a questo tipo di gare è molto facile distrarsi e perdere di vista l’obbiettivo principale della settimana, ovvero performare al meglio.

Tutti i partecipanti vengono accolti in maniera calorosa. Non importa quale sia il tuo World Ranking, se ti sei guadagnato l’accesso a questo evento verrai riverito e coccolato tutta la settimana dai mille volontari.

Appena ritiri il bagaglio all’aeroporto trovi una persona che ti aspetta e ti accompagna al parcheggio del golf, dove hai la possibilità di scegliere la tipologia di vettura che vuoi usare durante tutta la permanenza. Nell’armadietto degli spogliatoi troverai palle, guanti, scarpe e tanti splendidi gadget logati. E, come se tutto ciò non bastasse, pure una sacca nuova, il più delle volte un pezzo unico con i colori e il logo che solitamente rappresentano una particolarità della città che ospita il torneo.

Tutti i brand di bastoni fanno a gara per darti i loro materiali, nella speranza che tu li possa utilizzare in gara. A mio parere però tutte queste attenzioni possono solo farti abbassare la guardia. Sono convinto che,  se sei arrivato fin lì con i tuoi mezzi, non hai bisogno di nulla in più per disputare un buon torneo, devi solo pensare a studiare al meglio le insidie del percorso.

Nel 2021 con Guido Migliozzi siamo riusciti a organizzare le prove campo a Torrey Pines in maniera perfetta. Sarebbe stato divertente condividere il giro di allenamento con i più forti giocatori iscritti. C’è sempre da imparare dai campioni ma in quella occasione abbiamo preferito giocare da soli, per fare un buon lavoro e  studiare i green e le varie posizioni di bandiera nei minimi particolari.

Per fare tutto ciò in maniera efficace devi a mio parere limitarti a fare 9 buche alla volta. Diciotto buche di fila studiando bene il campo sono davvero troppe, finisci esausto e rischi di non memorizzare correttamente le  particolarità evidenziate.

A Torrey Pines siamo quindi arrivati con largo anticipo e abbiamo scelto di fare nove buche alla volta negli orari meno affollati. In modo da poter giocare da soli e ripetere ogni colpo, studiando alla perfezione ogni angolo del percorso.

Dopo di che abbiamo utilizzato il campo pratica per allenarci con tranquillità sui colpi e le traiettorie che avevamo scelto di tirare dal battitore. Abbiamo inserito un solo nuovo bastone che ci è servito per coprire una distanza che in quel momento non avevamo in sacca e che ci è poi servita in molte occasioni durante la gara.

Lavoro molto meno stancante e molto più mirato alla performance rispetto alle 18 buche consecutive che nelle prove campo dei major possono durare quasi sei ore. In questi tracciati è ovviamente fondamentale essere precisi dal tee per darsi l’opportunità di tirare alla bandiera. Ma è anche importantissimo allenarsi dalle distanze intorno ai 100 metri, che poi sono quelle che spesso ti capitano per recuperare il par quando manchi il fairway e sei costretto a ributtarla in pista con un sand wedge.

Per quanto tu possa tirare bene il drive devi mettere in preventivo di dover giocare almeno quattro secondi colpi dal folto rough o, se sei più fortunato, dai bunker che difendono i fairway, che ti lasciano comunque più controllo del colpo e possibilità di recupero rispetto all’erba incolta che ti avvolge e nasconde la palla. In alcuni U.S. Open la media dei fairway presi da giocatori finiti poi nei Top 20 è stata addirittura inferiore al 50%!

Ritornando all’edizione dello scorso anno è stato davvero emozionante vedere Guido eseguire alla perfezione durante la gara tutto ciò che avevamo programmato è allenato nelle prove campo. Molti dei colpi di recupero da noi studiati e praticati sono poi capitati nel torneo e Guido ci ha messo tutta la sua classe e freddezza per ripeterli al meglio e terminare con un ottimo e storico quarto posto. 

Lo U.S. Open è davvero una gara unica nel suo genere, per quasi tutti i giocatori l’obbiettivo è riuscire a mantenere la calma e soprattutto non farsi sopraffare dalle insidie del percorso. Quando ti mantieni intorno al par sai bene di non essere lontano dal leader e di avere ancora possibilità di vittoria. Solo chi è in gran forma può davvero pensare di accettare la sfida e di provare a battere il campo.

Quest’anno sarà il The Country Club di Brookline ad ospitare la 122esima edizione. Il campo è stato portato a Par 70 ed è anche stato notevolmente allungato rispetto alle edizioni precedenti. Essendo questo percorso famoso per avere green piccoli duri e ben difesi sarà quindi importante scaldare bene il sand wedge e farlo lavorare al meglio!