La sconfitta del team europeo in Ryder Cup era purtroppo prevedibile: troppo diversi questa volta i valori in campo.

Giocare inoltre fuori casa, su un percorso pieno di tifosi a Stelle e Strisce, ha dato un ulteriore vantaggio agli americani.

I top player statunitensi come Dustin Johnson, Collin Morikawa e Justin Thomas si sono presentati in ottima condizione mentre molti dei nostri non erano in grande forma. Considerando quindi che almeno quattro/cinque giocatori europei non hanno reso secondo le aspettative, il risultato era praticamente scontato.

I soli Jon Rahm e Sergio Garcia non sono bastati a ribaltare le sorti del match

Sicuramente il criterio di selezione sarà da modificare: tre wild card non sono a mio avviso sufficienti. Inoltre c’erano troppi punti in palio nella seconda parte di stagione. In tanti sarebbero potuti entrare all’ultimo, addirittura in cinque a Wentworth.
In questo modo non c’è tempo di riposare e scaricare la tensione.

Le differenze viste a Whistling Straits sono solo la punta dell’iceberg di un divario sempre più marcato e sostanziale tra le due realtà golfistiche.

Intanto la qualità dei campi nei quali si gioca: dopo il Covid il 50-60% dei percorsi europei non è in buona condizione. Se un golfista si abitua a giocare tutto l’anno su green lenti e bruttini, quando va negli Stati Uniti per i major e i WGC e li trova veloci e belli ha meno possibilità di far bene.

Oggi tra Europa e USA non c’è partita e appena un golfista ha la possibilità di scegliere va Oltreoceano senza neanche pensarci.

Questo va al di là dei meri montepremi. Le strutture per praticare sono ottime, gli spostamenti e l’accoglienza sempre perfetti e le condizioni di gioco sono molto simili da torneo a torneo, a vantaggio dello spettacolo.

Un altro esempio è legato ai test Covid: in USA sono praticamente spariti, qui in Europa si fa ancora molta fatica a  spostarsi da un paese all’altro.

Se si ha la possibilità quindi si va in America sin da giovani.

L’università statunitense oggi offre possibilità a chiunque. Per noi europei questo è un vantaggio: ci si reca negli States, si studia e si gioca seguiti da un coach e, se si ottiene la carta, si ha il vantaggio di vivere in un contesto già familiare. Per assurdo risulta più complicato tornare a casa e giocare in Europa.

Il problema vero è che il PGA è un tour più competitivo, con campi migliori e permette ai giocatori di crescere. Sicuramente le aziende hanno vantaggi fiscali nell’investire negli Stati Uniti ma affiancare il proprio nome a percorsi perfetti e field di prim’ordine dà un ritorno più alto rispetto a puntare sul circuito europeo.

Oggi la differenza è talmente evidente che è incontrovertibile.

Secondo me ci saranno gare co-partecipate con gli States, come lo Scottish Open, dove metà field sarà europeo e metà americano. Creare un unico tour mondiale è più complicato rispetto al tennis. Il PGA oggi è nettamente il primo, poi l’European dà qualche chance, gli altri invece sono nettamente inferiori. L’Asian Tour è stato acquisito dai sauditi quindi o scompare o diventa il secondo circuito. Se PGA e European faranno cartello l’Asia sarà la serie C del golf internazionale altrimenti per l’Europa lo scenario potrebbe diventare nei prossimi anni addirittura peggiore di quello attuale.