Nel golf, si sa, anche la distanza di un centimetro può fare la differenza tra la vittoria e la sconfitta, tra il vivere un momento di gloria e vedere il proprio sogno svanire nel nulla.

Ad aprile, questa distanza si allunga fino a toccare i 300 metri, la lunghezza del Magnolia Lane, il viale più famoso nel mondo del nostro sport.
Splendidamente delimitato dai suoi alberi, è capace di regale a chiunque lo percorra una sensazione che difficilmente è descrivibile a parole.

Che tu sia un giocatore o, nel mio caso, la sorella, avrai sempre i brividi ogni volta che varcherai quei cancelli. La prima volta che attraversi la Magnolia Lane, anche se guidi lentamente, non realizzi appieno cosa stai facendo e non avrai il tempo necessario per renderti conto della fortuna che stai avendo. La sensazione e l’eccitazione che si prova nel mettere piede all’Augusta National è la stessa che prova un bambino in un negozio di caramelle. 

È come fare un passo indietro nel tempo, nella storia, e rivivere tutte le glorie di questi 86 anni di Masters

Alla mia prima esperienza nel 2017 mi ci è voluto un po’ per rendermi conto che l’erba su cui stavo camminando era reale, sembrava troppo perfetta per essere vera finché non ho deciso di strapparne alcuni fili. Mi sembrava di essere entrata in un mondo ovattato e fantastico e facevo fatica a distinguere il sogno dalla realtà. 

Un’altra cosa che ha subito catturato la mia attenzione è la percezione che abbiamo dal divano di casa. La televisione non rende giustizia ad Augusta, in TV il percorso sembra piatto e, vi assicuro, è tutt’altro che così. 

Il percorso è come se lo conoscessi da sempre anche se non vi hai mai messo piede

I giocatori, sia veterani che rookie del primo major dell’anno, seguono la memoria storica del torneo, sanno già la posizione delle bandiere e il punto esatto nel quale fare atterrare la palla.
Poi, tra il dire e il fare, è tutta un’altra questione. 

Impossibile non adorare l’atmosfera che si respira al Masters e la sua ineccepibile accoglienza.
In quanto sorella di Rafa potevo accedere alla club house e, all’improvviso, mi sono ritrovata a godermi una tazza di caffè proprio accanto a Jack Nicklaus, a Gary Player e Tom Watson con indosso le proprie Giacche Verdi.
Non capita tutti i giorni di essere accanto a personaggi che hanno scritto pagine di storia del golf.

Sappiamo tutti che il Masters è un torneo incentrato sulla tradizione e, uno degli aneddoti meno conosciuti, è proprio il mio preferito: avere infatti la possibilità di occupare una delle sedie dei patron di Augusta lasciate libere mentre stai seguendo la gara. Questa regola mi ha permesso di vedere diversi match chiave in prima fila alla 12 con un tempo sufficiente per presentarmi ai miei “vicini di banco” e fare in modo che Rafa ricevesse la sua ovazione salito sul tee di partenza.

So benissimo che vincere il Masters per mio fratello significherebbe più di qualsiasi altra cosa al mondo

I suoi primi ricordi di Augusta sono legati alla vittoria di José María Olazábal, che l’ha ispirato a diventare un giocatore professionista. L’esperienza di Rafa in Georgia è sempre stata molto positiva. Innanzitutto, al suo debutto, è stato il miglior rookie spagnolo nella storia a ottenere una Top 20 al Masters (17° nel 2017), ha abbracciato il suo caro amico Sergio Garcia dopo la sua vittoria sul green della 18 nel 2017 e, nello stesso anno, ha giocato sabato con Phil Mickelson e domenica con Tiger Woods. È incredibile come il pubblico sia pazzo di questi due fuoriclasse. 

Bene, non vedo l’ora di tornare presto ad Augusta. Per me il Masters non è solo il major più esaltante dell’anno ma è anche e, soprattutto, una questione di famiglia. Vivere l’esperienza di Augusta con mio fratello e i miei genitori è un privilegio riservato a pochi.