Fare un bilancio di quest’annata non è certo facile se pensiamo al lockdown di primavera, alla difficoltà nel riaccendere i motori da metà maggio, alla paura di non riuscire a ripartire, all’incertezza del domani e, non ultimo, alle strane pretese di pochi (per fortuna) soci-abbonati, che egoisticamente hanno pensato solo a quello che non hanno potuto usufruire.

Da dieci anni gestisco Terre dei Consoli, circolo definito “Non Equity Club”, ovvero dove gli iscritti non sono proprietari ma semplici abbonati, come in palestra.

Questo significa che tutti i problemi economici, i costi di manutenzione, la gestione e le responsabilità ricadono solo e unicamente sulla proprietà. 

A differenza degli “Equity Club”, dove i soci sono proprietari del campo, i golf che hanno semplici abbonati sopravvivono grazie agli sforzi di chi quotidianamente si mette le mani in tasca per ripianare il bilancio.

Molti circoli hanno purtroppo chiuso a causa di gestioni scellerate, altri invece sono stati vittime di proprietà inconsce del reale valore del posto e della pretesa di chiedere, nel momento della vendita o della gestione, cifre da capogiro nemmeno fossero Pinehurst, Pebble Beach o Loch Lomond.

Dall’altra parte invece capita sempre di più di incontrare giocatori che chiedono sconti su green fee già molto bassi, chi si lamenta per non avere un prezzo di favore sui servizi (golf cart, sacche a noleggio, lezioni, carrelli), chi va al bar e, con fare maleducato, fa notare al povero cameriere di turno che il prezzo del panino è troppo alto e che il caffè sotto casa lo paga meno.

Credo che ogni attività si possa sempre migliorare grazie anche alle critiche e alla consapevolezza che, se non ci si evolve, si viene superati e che la concorrenza è un motore fondamentale.

Ma ben diversa è la pretesa di qualche presuntuoso che con 30 euro vorrebbe giocare, avere servizi inclusi, mangiare con cinque euro ed essere libero di sputare sentenze sul campo, sulla sua manutenzione, sulla cattiva gestione di chi, come il sottoscritto, cerca di mandare avanti un circolo con i soldi del solito “Pantalone”.

Il problema sta nel fatto che, a causa della scarsità dei praticanti e delle persone che ogni anno decidono di sottoscrivere una formula di abbonamento, i circoli hanno iniziato una guerra (ufficiosa) al ribasso delle proprie tariffe, sminuendo il proprio valore e mettendo in difficoltà anche le persone che ci lavorano.

Immaginate se tutti i ristoranti stellati cominciassero a far pagare le loro specialità la metà, a volte anche meno, rispetto a quello che chiedevano normalmente.

Andare a cena con 40 euro da Bottura, Cannavacciuolo, Cracco, Oldani o Heinz Beck sperando in un resto, magari con un buon vino e l’arroganza di criticare questi maestri della cucina.

Ecco cosa sta succedendo: la gente non si rende conto che sono almeno 15 anni che sta pagando un prezzo notevolmente più basso per i green fee e i servizi che il circolo offre loro, e che invece dall’altra parte i costi sono aumentati.

Sono stato testimone oculare di golfisti che, dopo aver giocato magari gratuitamente grazie a una convenzione o cortesia, hanno poi sentenziato su tutto: staff, disegno del campo, manutenzione, cibo e addirittura sui poveri caddie master, rei di non aver ricordato le loro abitudini nel mettere le sacche nella giusta posizione sul golf cart, ovviamente pagato con lo sconto. 

Sono per fortuna tanti anche coloro che invece si rendono conto perfettamente delle difficoltà dei circoli che vivono di soli abbonamenti e green fee.

E se pensiamo alla voragine causata dell’assenza del turismo internazionale, ecco che diventano ancora più preziosi, gratificando gli addetti ai lavori e convincendo gli amici più pignoli a rinunciare alla pretesa di un rimborso economico post lockdown.

Io sono a favore dei circoli privati, cosi come a quei giocatori che pretendono di avere il campo tenuto come se dovesse ospitare il Masters.

Tutto dipende però da quanto sei disposto a pagare per questo, perché se intendi andare da Smith & Wollensky ma hai solo dieci euro in tasca, non ti puoi che fermare da Kentucky Fried Chicken.