Telefonata texana con un altro diamante del golf azzurro: Stefano Mazzoli. Risponde rapido, sicuro e con una lucidità da campione sui programmi futuri.

Una bella storia che parte tra le montagne innevate per finire sui prati verdi, passando per un paio di promesse che siamo riusciti a strappargli.


Pirmin, partiamo da questo soprannome, cosa significa e chi ha deciso il tuo nickname?

Viene dallo sci, lo sport che praticavo prima del golf. Pirmin Zurbriggen è stato un grande sciatore svizzero e ora un bravo allenatore. Il mio primo maestro di golf, Stefano Turesso, mi chiamava così per prendermi in giro, sia per la somiglianza che per incitarmi a passare più tempo in campo pratica e non sulla neve.

Sei stato giocatore di interesse Nazionale, poi sei andato in America a studiare e ora sei passato professionista. Qual è il trucco per arrivare preparati al grande salto?

Le scelte, come sempre, sono fondamentali. Volevo passare professionista già a 18 anni poi sono andato sei mesi a giocare in America. 

Ho visto il livello di gioco e i campi sui quali facevamo le gare, ho capito immediatamente che non sarei stato pronto e allora ho deciso di frequentare il college e “studiare” da vicino lo stile, le strategie e i futuri colleghi. Serviva esperienza, credo di aver scelto con la testa.

Sono curioso, nei college come è il rapporto con il nuovo coach? Ti cambia lo swing o parla con i tuoi allenatori precedenti, studiando piani di lavoro a quattro mani?

Alla Texas Christian University l’allenatore non era uno “Swing Coach”, quindi non abbiamo lavorato tanto sulla tecnica ma sull’impegno e la voglia di vincere. In altre università c’è più contaminazione ma sta sempre all’atleta decidere su cosa lavorare. Le università ti vogliono vincente e mettono a disposizione i mezzi, al resto ci devi pensare da solo anche se lavori in gruppo.

Ma soprattutto, sono vere quelle feste dei college piene di belle ragazze che vedo nei film?

Certo che sono vere! Dovresti venire una volta, tanto ci sono sette giorni su sette feste ovunque. Organizzo? 

Lascia perdere, andiamo avanti. Parliamo di Alps Tour 2020, finisci quarto a fine anno ma con un solo polso disponibile…

Anno difficile, piccolo intoppo nel finale ma posso dire di avercela messa tutta. Stavo andando bene poi il mio polso sinistro mi ha abbandonato, facendomi saltare qualche appuntamento. Ci ho provato lo stesso ma non puoi scendere in campo con quei problemi. Adesso faccio riposare “l’armatura” e poi si torna ancora più in forma di prima.

Come si supera quel momento in cui il fisico non è dalla tua parte? Su cosa ti allenavi?

Si supera programmando il recupero, allenandosi su altro e credendoci ancora. Un infortunio capita, la voglia di vincere resta. Tu, lo so, mi immaginerai ad approcciare con una mano sola ma non è andata proprio così.

Approcceresti bene anche con i piedi, Pirmin! Cambiando discorso, assomigli a Rickie Fowler, su questo abbiamo scherzato più volte sul Pro Tour. Oltre al baffo da VIP, segui le sue orme? A chi ti ispiri di più?

Li ho tagliati, sai? Consiglio della fidanzata che quando mi ha rivisto mi ha fatto capire subito che il look era da rivedere (ride). Mi ispiro a Tiger e ad altri, soprattutto guardo l’approccio mentale, non la tecnica. Mi affascina di più lo stare in campo, il flow che si genera quando la vittoria è vicina.

Come imposterai il 2021? Frequenterai ancora l’Alps Tour oppure riuscirai a giocare anche altre gare?

Prima di tutto aspetto i calendari, di questi tempi è difficile fare programmi. Se l’Alps Tour dovesse ripartire subito in Egitto, farei immediatamente le gare di questo circuito. Credo anche di poter sperare in qualche invito sul Challenge Tour, mi piacerebbe guadagnare la carta subito. Intanto mi alleno sulle gare americane dell’ATP, non offrono carte ma ci sono ottimi giocatori che vogliono mettere alla prova lo stato di forma. Mi sono iscritto adesso a un torneo, tifa per favore. 

In campo ci sembri sempre concentrato e, permettimelo, con quella grinta di chi sa che può sempre farcela. Da dove viene? Mamma? Papà?

Senso del dovere. Mi sono sempre chiesto: “Come andrà in ufficio papà lunedì? Si arrabbierà per qualcosa di sbagliato o metterà sempre il massimo per risolvere i problemi?” Quindi la mia risposta è “vado a lavorare”. Ma non ti nego che lo faccio divertendomi.

Chi è il tuo migliore amico nel golf? 

Quella radio sempre accesa di Michele Ortolani, uomo dai mille argomenti interessanti.

Facciamo tre piccoli sogni: dove sarà Pirmin fra due, cinque e dieci anni?

Fra due sarò sull’European Tour, poi, forse, prima dei cinque, sul Pga. Fra dieci anni? Potremmo vedere qualche major all’orizzonte, che dici? Oppure arrivare nei primi 50 giocatori del mondo.

Allora in che anno mi porterai con te  a vincere l’Open Championship?

Il 2025.

E il Masters?

Prima, quello prima, nel 2024. Perché? Perché il campo lo conosco già: l’ho giocato a fine gennaio 2019. Il padre di un ragazzo nella nostra squadra universitaria era amico di due soci di Augusta.

Pirmin, ho finito, con la promessa finale. Se abbiamo azzeccato le date devi fare una cosa durante la premiazione televisiva. Dovrai dire “per scommessa devo citare un’intervista fatta qualche tempo fa con il mio amico giornalista…”.

Sarà fatto, giuro sarà fatto. Pensa che ridere.

Pensa che sogno, invece. Comunque, parola di amico?

Certo Belli, lo sai che mantengo le promesse.

Non vedo l’ora, intanto salutami Sabina…

Eccoci, lo sapevo, non scriverlo che è timida. Fai sempre questa domanda alla fine, vero? 

Sempre, grazie Pirmin.

Fatti sentire, ho altro da raccontarti…