Quando penso alla Ryder Cup penso al coronamento della mia carriera e al raggiungimento della consapevolezza di essere stato tra i migliori giocatori al mondo. Soprattutto per un atleta a cui non davano chance, tale risultato è stato una grande soddisfazione personale e per il mio Paese, essendo stato il primo professionista italiano a prenderne parte. Ai miei tempi per qualificarsi era necessario totalizzare punti giocando in Europa e nei quattro major, in più dovevi rientrare tra i migliori nove europei oppure tra le tre wild card decise dal capitano. Riuscire a far parte del team della mia prima Ryder Cup del 1993 ha rappresentato l’apice di una stagione giocata ad altissimi livelli. 

La seconda qualifica è arrivata nell’edizione successiva, nel 1995, e la terza nel 1997. Ho rischiato di qualificarmi di diritto anche nel ’99: avevo vinto il Nord Est Ireland Open ma, mancando il taglio nel torneo successivo, Il BMW Open, mi sono precluso la possibilità di una quarta edizione. Avrei potuto ricevere una wild card? Si, ma non è successo e vi dirò che non ci sono rimasto così male. Lo sport, e in particolare il golf, ti insegna a guadagnarti meriti e accettare demeriti sul campo e mai a tavolino.

Uno dei ricordi a cui sono più affezionato e che mi ha enormemente emozionato è legato alla cerimonia di apertura

Ogni giocatore europeo veniva presentato con l’inno del proprio paese. Da sportivo sentire il nostro “Fratelli d’Italia” associato al mio nome è stato come salire sul podio e vincere un oro, anzi, ben tre ori.

Le mie Ryder Cup sono state tutte importanti e significative a modo loro. La prima al The Belfry, in Inghilterra, è stata un’esperienza unica proprio perché facevo il mio debutto nella competizione mondiale per antonomasia del nostro sport, dove al comando del team europeo c’era Bernard Gallacher. Purtroppo, in quell’occasione abbiamo perso come squadra e io sono stato battuto nel singolo contro il grande gentleman del golf, Davis Love III. 

Tre putt alla 17 e un bogey alla 18 che mi sono sognato per mesi, come penso sia successo a Baggio per il rigore sbagliato ai Mondiali del 1994. Però quel colpo sbagliato all’ultima buca mi ha reso famoso in tutto il mondo: il giorno dopo, in aeroporto, mi sono ritrovato la mia foto in prima pagina sul Daily Telegraph. 

La mia seconda Ryder Cup si è giocata in terra americana, nel ’95 all’Oak Hill Country Club, nello stato di New York. Questa edizione, nuovamente capitanata da Gallacher, è stata coronata da una mia ‘hole in one’ e da una vittoria di squadra che nessuno ci attribuiva. I miei compaesani avevano imbrattato la via fuori casa mia con la scritta: “Go Rocky-Hole in One”.

Il golf iniziava a comparire anche nei telegiornali italiani. È stato un bel momento.

Infine, la terza consecutiva, giocata al Valderrama Golf Club di Sotogrande, è stata senz’altro la Ryder più memorabile per diverse ragioni: ero più maturo e avevo una maggiore consapevolezza del mio gioco, delle mie potenzialità e del mio valore. Inoltre, era la prima volta che si giocava in Europa – fuori dalla Gran Bretagna – con un grande ed empatico capitano come Severiano Ballesteros da cui ho imparato molto. Abbiamo vinto e io ho fatto una grande prestazione: ho battuto il fenomeno Tiger Woods. 

Durante la mia entusiasmante e indimenticabile avventura in Ryder ho avuto il piacere di giocare e vincere in doppio con Josè Maria Ólazabal, Ian Woosnam e Sam Torrance che sono sicuramente i compagni che porto nel cuore. Da loro ho imparato molto, facendo tesoro di consigli e tecnica di gioco. Non ho mai fatto il capitano, perciò non mi permetto di dare consigli, ma per esperienza personale e osservando i miei capitani, so che la grande difficoltà è riuscire a creare le combinazioni giuste tra i migliori professionisti al mondo: grandi personalità abituate a competere in uno sport individuale. Da ex giocatore, individuare coppie che abbiano feeling e giochino l’uno per l’altro è di certo uno dei segreti per la vittoria. 

In quella settimana tutti devono dare il massimo e tutti possono contribuire a portare punti.

Assisterò a questa storica 44esima edizione italiana a Roma, al Marco Simone. In questo momento della mia carriera, dopo essermi sudato tutto, sono felice di fare lo spettatore e non vedo l’ora di godermi lo spettacolo.
Forza Europa!