Golf italiano: i campi di gioco, nelle ultime regioni a dare il via libera, si sono riaperti  lunedì 18 maggio. I centralini dei Circoli sono stati subito subissati di prenotazioni (obbligatorie) e spesso si sono rivelate insufficienti partenze dalla mattina presto a pomeriggio inoltrato. Una gran voglia di golf, l’abbiamo visto tutti durante questi mesi, in cui hanno fatto a gara il bisogno di ritrovare un po’ di libertà e il piacere di un giro in campo.

Poi è arrivato il semaforo verde per le clubhouse. Spogliatoi compresi, in un primo tempo dichiarati off limits. E quindi si sono riaperti i confini, a partire dal 3 giugno. Ma, purtroppo, gli abituali arrivi di giocatori dall’estero sono rimasti una piccola percentuale rispetto agli anni scorsi, con grandi problemi per i campi cosiddetti turistici del golf italiano, che vivono in gran parte grazie ai green fee venduti.

All’inizio di questo sfortunato 2020, i numeri non sono cambiati molto rispetto al passato. Circoli e giocatori si sono rivelati in leggera flessione. In particolare i club sono scesi sotto quota 400 ed è difficile pensare che in questo momento tanto complicato si potrà in futuro invertire il trend al ribasso.

Golf italiano: la situazione di giocatori e circoli

Anche per il bilancio a fine 2019, segnali di numeri negativi per il golf italiano. I giocatori al 31 dicembre erano 90.229, contro i 91.165 di fine 2018. Si tratta di un valore leggermente inferiore a quello di 13 anni fa, nel 2007. Il picco del 2011 (101.817) è arrivato al termine di tre stagioni oltre la fatidica soglia dei 100.000 (2009-2011). Oggi però ci troviamo ormai abbastanza distanti da quei numeri, con una perdita di oltre l’11 per cento di praticanti. Gli uomini rappresentano sempre i tre quarti (74,5%, 67.286) lasciando alle donne il rimanente 25,6% (22.943). Dei 90.229 golfisti italiani, gli adulti erano 80.630 e gli juniores 9.599 (10,6%).

Ma come sta andando quest’anno? A fine giugno, secondo dati approssimativi comunicati dalla Federgolf, il numero dei tesserati era di circa 80mila. Più o meno 5mila in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Una contrazione, attesa, che però ci aspettavamo addirittura superiore.

Non cambia molto anche la situazione relativa alle strutture dedicate al gioco. Il boom che si è registrato a cavallo fra anni ’90 e primo decennio del secolo attuale si è trasformato in una calma piatta. Da tempo ormai non si ha notizia di un nuovo impianto in costruzione. Gli interventi si limitano a ritocchi e poco altro. È però all’orizzonte una novità, e cioè quella di un 18 buche a Follonica, sul litorale toscano e poco distante da Punta Ala. Si tratta di un progetto che ha ormai molti anni alle spalle e non è mai stato portato a termine. L’acquisto delle strutture esistenti da parte di Carlo Paolo Negroni, appartenente alla celebre dinastia lombarda produttrice di salumi, ha dato un nuovo slancio alla fine dei lavori. Secondo le ultima notizie il campo, che si estende su 55 ettari, è già stato seminato e potrebbe aprire verso fine anno.

Fra le notizie di novità, al via i lavori anche per le nove buche di Cavriglia (Arezzo), inaugurate le nuove clubhouse di Punta Ala (restyling totale) e Castelfalfi (ex novo). In altre parole, Toscana sugli scudi, con tutti queste realizzazioni di cui abbiamo appena parlato.

Il confronto con l’Europa

A fronte, però, giungono varie notizie di altri circoli esistenti in difficoltà Visto che nel nostro Paese non riesce a crescere il numero dei giocatori, i campi in attività sono infatti più che sufficienti per la domanda. Abbiamo uno dei valori più bassi in Europa come numero di praticanti per circolo. Se comprendiamo anche i campi pratica, parliamo di 386 club sparsi lungo la Penisola, con la bassa media di 284 giocatori per struttura. In Olanda, ad esempio, questo numero è di 1.179 tesserati per circolo, senza considerare anche le decine e decine di migliaia di giocatori “liberi” che non sono iscritti alla Federazione. Nel nostro Paese, inoltre, c’è poco più di un golfista (per l’esattezza 1,4) ogni mille abitanti. In Islanda, detentrice del record europeo, invece uno su 20 ha confidenza con fairway e green. Un altro pianeta.