Come volevasi dimostrare il protagonista indiscusso del Masters è stato lui, Tiger Woods. 

Basti pensare che in America le televisioni hanno registrato il 35% di ascolti in più proprio grazie alla presenza del Fenomeno californiano.

E nulla ha potuto Scottie Scheffler, vincitore della Giacca Verde e talento fuori dal comune. Aggiungo che il potere mediatico di Woods lo si misura anche e soprattutto dalla stagione stellare che sta facendo Scheffler. Anche se si fosse spogliato sul green della 18 di Augusta, i giornali di tutto il mondo avrebbero prima scritto delle gesta di Tiger, poi si sarebbero concentrati sul suo spogliarello. 

Credo che la forza di Tiger si possa cercare nel suo passato. La pressione che un ragazzo adolescente ha dovuto sopportare è inimmaginabile. E non mi riferisco solo al padre e agli sponsor che facevano a gara per averlo, ma a tutta la comunità di colore. Tiger aveva la responsabilità della minoranza etnica sulle proprie spalle ed è quindi normale che da qualche parte sarebbe potuto esplodere.

Ricordiamoci che è sempre umano e una valvola di sfogo era inevitabile. All’inizio della sua carriera si è dovuto fare strada contro il pregiudizio della gente, non abituata a vedere su un campo da golf un fuoriclasse dalla pelle scura. Poi, i risultati hanno iniziato a parlare da soli e in poco tempo il giovane Tiger, che vinceva otto o nove tornei all’anno con un vantaggio di 10 colpi sul secondo, ha iniziato a fare la storia.

Nello sport si va a cicli. Prima di lui i tre nomi che ha stravolto il golf per tecnica e carisma sono stati Ben Hogan, Arnold Palmer e Jack Nicklaus. Hogan è stato il più grande di tutti. Giocava a cavallo tra gli anni ’40 e ‘50 e ancora oggi si studia e si prende da esempio il suo swing.

Palmer è stato l’uomo che ha fatto entrare il golf nelle case della gente e che ha portato il nostro sport in giro per mondo, Nicklaus il giocatore che ha vinto qualsiasi cosa e che, con ogni probabilità, deterrà il record di maggior major vinti in carriera. Ecco, ritengo che Tiger Woods possa essere la loro perfetta sintesi. Nel corso degli anni il 15 volte campione major ha spaccato il golf, ha cambiato modo di giocare disintegrando gli avversari. Molti hanno provato a emularlo e copiarne il movimento ma ne sono usciti distrutti. 

Lo stesso Phil Mickelson ci ha impiegato anni prima di poter competere alla pari e riuscire a batterlo portandosi a casa sei titoli del Grande Slam. Nel corso della storia non c’è mai stato uno sportivo così trasversale che sia riuscito ad avere un impatto così forte a prescindere dalla disciplina praticata. Se vogliamo fare un paragone l’unico è stato Mohammad Alì, il pugile diventato un’icona dentro e fuori dal ring. 

E che dire di queste nuove generazioni. Non si possono fare paragoni quando di fronte a te hai una persona come Tiger Woods. Queste giovani leve sono fortissime, grandi lavoratori, campioni in campo, hanno una tecnica incredibile ma mancano di quel carisma, di quel fascino che solo Woods aveva e ha.

Ci dobbiamo liberare dall’ombra di Tiger e sperare che possano nascere nuove grandi rivalità sulle quali concentrarci. Nel golf stanno crescendo nomi come Scheffler, talento indiscusso, il più forte di tutti al momento ma dalla personalità banale. Cameron Smith è un bel personaggio, divertente da vedere in campo ma ancora giovane così come Collin Morikawa e Viktor Hovland. Insomma, scordiamoci di rivedere in campo uno come Tiger Woods almeno per i prossimi 30 anni. 

Chi sarà il prossimo? Temo bisognerà aspettare molto ma molto tempo.
Portiamo pazienza!