di Marta Visentin, naturalista, consulente ambientale della Federazione Italiana Golf

La riscoperta della nostra bella Italia mi ha spinto a tornare in un magnifico luogo dove, ricordi d’infanzia, partecipai al matrimonio dell’assistente universitaria di Fisica di mio padre, che proprio al Golf Club San Michele, a Cetraro (Cosenza), organizzò il ricevimento.

La bellezza dei luoghi e l’ospitalità sono entrati a far parte degli imperdibili. Complice un meteo fantastico, le giornate al San Michele son volate e ritrovare le sensazioni provate tempo prima è stata di certo la migliore terapia antivirus!

Il percorso di golf, il più naturale d’Italia, 9 buche, par 70, si snoda nei terrazzamenti a picco sul mare blu, circondato dalle colture Bio dell’azienda agricola e da una fitta macchia mediterranea ben conservata.

Un piccolo links, che dal campo pratica al driving range sino a raggiungere la clubhouse, è caratterizzato da un paesaggio che muta continuamente, offrendo una vista suggestiva in costante movimento: colline, boschi, vigneti, antichi centri abitati, torri di guardia e la cornice mozzafiato del mare.

Per l’impegno ambientale il circolo ha ricevuto ben due Riconoscimenti nell’ambito del progetto “Impegnati nel verde” – categorie Biodiversità nel 2015 e Acqua nel 2020.

L’ospitalità è garantita: il Grand Hotel San Michele, che vanta una lunga storia di famiglia, racchiusa anche nella biblioteca dell’albergo e nelle magnifiche sale ricche di antichi oggetti e mobili, svetta sull’azienda agricola omonima estesa su una superficie molto ampia, valorizzata dalla presenza di vigneti, frutteti e campi di ortaggi, che contribuiscono per il 75% alla fornitura dei prodotti utilizzati nelle sue cucine.

L’offerta culinaria del Grand Hotel segue pertanto il naturale corso delle stagioni, per garantire così agli ospiti cibi genuini, sani e sempre freschissimi. L’azienda agricola produce inoltre uva per vini bianco e rosso e da tavola. Un altro vanto è l’impianto di fitodepurazione delle acque reflue dell’albergo che avviene attraverso l’Eichornia crassipes – giacinto d’acqua, autorizzato dalla provincia di Cosenza e regolarmente monitorato dal’ARPACAL.

Per gli appassionati di archeologia, le due anfore poste all’ingresso testimoniano gli antichi traffici che la Magna Grecia intesseva con i vari popoli mediterranei e che il piccolo ma interessante Museo dei Brettii e del Mare a Cetraro illustra con begli allestimenti.

Perla del luogo è la posizione in alto sulla scogliera: un’area naturale sensibile rientrante tra le aree protette della Rete Natura 2000, istituite con Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, ovvero il Sito di Importanza Comunitaria (S.I.C. IT9310038) denominato “Scogliera dei Rizzi”, caratterizzata da alti strapiombi, grotte e anfratti, che dà spazio a una flora molto interessante con specie particolari della macchia mediterranea in via di estinzione.

Oltre all’indiscusso valore paesaggistico dell’area, significativa è la presenza di cenosi alofile ben conservate ricche di specie vegetali di interesse fitogeografico, fra le quali Limonium remotispiculum, elemento endemico sud-tirrenico. A dominare tutta la scogliera dei Rizzi, dall’alto del costone roccioso si trova la Torre di Rienzo, sottoposta a vincolo monumentale ai sensi della Legge 1089/3, facente parte del sistema di fortificazione e difesa costiera del Regno di Napoli, contro le incursioni piratesche eretta alla fine del XVI secolo, in età ­Vicereale. Per raggiungere il mare un ascensore scavato nella roccia conduce sulle spiagge attrezzate e riservate agli ospiti.

Tra rocce e scogli dove le piante mediterranee crescono rigogliose, si può osservare il Falco pellegrino che nidifica in alto e pattuglia la costa. Tartarughe marine e cetacei, soprattutto Stenelle, sono piuttosto frequenti tra gli avvistamenti da riva e sott’acqua la tutela del tratto di mare permette di osservare tante specie di pesci confidenti come Castagnole, Donzelle, Saraghi, Salpe, Occhiate e le ormai rare Cernie.

Il San Michele è meta in primavera di specie migratrici: moltissime lasciano l’Africa, dove hanno passato l’inverno e si avventurano in viaggi lunghi e faticosi, attraverso il deserto del Sahara e il Mar Mediterraneo, per tornare a nidificare dove sono nate e per ripartire a fine estate. Se i passeriformi hanno “scritto” nel DNA la rotta che li porterà a destinazione, rapaci, oche e cicogne devono imparare dai genitori dove passare, quindi almeno in una tratta devono essere guidati.

Gli stretti come quello di Messina sono uno dei “caselli” di passaggio dopo il quale, scivolando lungo la costa, in volo planato o battuto, a seconda del vento, gli uccelli migratori si avventurano verso nord. I rapaci in genere sfruttano le correnti d’aria ascensionali, volteggiano in alto e una volta raggiunta la quota ottimale planano.

Il Falco pecchiaiolo, nonostante, come tutti i rapaci, sia protetto da leggi nazionali e convenzioni internazionali, per anni è stato perseguitato dal bracconaggio nel meridione – attività contrastata duramente dalle Associazioni ambientaliste e dal Corpo Forestale dello Stato -, è l’emblema dei rapaci migratori, che passano in sud Italia.

Maestoso, volteggia sullo Stretto di Messina e sulle altre isole circumsiciliane. Combatte contro il vento – e contro i bracconieri – per raggiungere e superare le alture del vicino Aspromonte. Diffidente e dalla vista straordinaria, l’Adorno – come è chiamato comunemente in Calabria – fa la spola tra la vetta d’Europa, l’Italia e l’Africa, percorrendo ogni anno, instancabile, migliaia di chilometri… Simile alla più nota Poiana, si nutre prevalentemente di vespe è infatti un insettivoro.

Per osservarlo durante la migrazione, una meta caratterizzata da grande sensibilità ambientale è proprio il Golf San Michele, da sempre un’oasi protetta, dove chi è stanco si può riposare, prima di ripartire e dove si può imparare a riconoscere, dall’alto verso il mare il passaggio in volo delle tante specie in migrazione. Giocare in ­un’Oasi dove il mare incontra la montagna. Più di così…

Marta Visentin
Naturalista, consulente ambientale FIG