Potreste non crederci perché non sono un tipo molto sorridente quando sono in campo, ma la verità è che adoro questo gioco.

Posso dire di essere un vero perfezionista e mi piace cercare sempre di migliorare ogni aspetto della mia tecnica ma, soprattutto, il modo in un colpisco la palla.

Comprendere cosa sia necessario fare per migliorare, conoscere il proprio corpo per acquisire più controllo e potenza, capire lo swing in modo da semplificarlo, sono tutti aspetti estremamente interessanti e a cui dedico molta attenzione.

Considerato che amo l’intensità di questo gioco e la continua necessità di miglioramento che richiede, non posso immaginare di fare altro nella mia vita.

Sono stato così fin dall’inizio. Quando avevo sette anni e al campo pratica del Virginia Country Club assillavo con le mie domande sul gioco campioni del Tour come John Cook, Paul Goydos e John Mallinger.

Assimilavo tutto ciò che mi dicevano e lo stesso facevo con il mio coach, che del resto era anche il loro, Jamie Mulligan.

Lui sostiene che il mio gioco è un ibrido di tutti i giocatori con cui ha lavorato e ai quali si è ispirato, risalendo fino a Ken Venturi, Byron Nelson e Ben Hogan.

Non so se questo sia vero o meno ma penso che tutti i grandi giocatori siano sempre alla ricerca dalla semplificazione del loro swing, così da rendere l’impatto più potente e costante.

Non mi soffermo sempre sulla tecnica quando lavoro sul mio swing e penso che anche voi dovreste fare lo stesso: più si semplifica il movimento più è facile eseguire un buon colpo.

Per aiutarvi, Mulligan ha suddiviso il mio swing in quattro momenti chiave e vi illustrerò la tecnica che usiamo per renderlo più intuitivo e ripetibile.

Dopo un grave infortunio alla schiena che mi ha tenuto lontano dai campi per tre anni, ho dovuto ottimizzare il mio swing e renderlo più pratico per tornare a competere ad alti livelli.

Questo processo mi ha portato ad arrivare nei Top 10 del World Ranking e nei primi 20 in 50 differenti classifiche sui colpi giocati stilate dal PGA Tour.

Spero che questi esercizi possano aiutare anche voi a sviluppare uno swing semplice, coerente e costante su cui fare affidamento, in modo che possiate godervi il vostro gioco tanto quanto oggi io faccio con il mio.

1 – TAKEAWAY? NO, “MOVEAWAY”

Quando prendo posizione all’address, mi vedrai muovere i piedi, piegare la testa e scrollare le braccia e le spalle.

Non è nervosismo, si tratta di prepararsi a fare un gesto atletico libero da tensioni.

Invece di pensare al primo movimento dello swing come al takeaway, che suona come se stessi afferrando il bastone e dovessi toglierlo dalla palla, preferisco chiamarlo come lo chiama il mio coach Jamie: “Moveaway”.

La rotazione del corpo è ciò che sposta il bastone indietro, quindi non c’è attività in eccesso nelle mani o nei polsi per far andare il bastone nella corretta posizione.

Il mio obiettivo è effettuare uno swing bello ampio: ho delle braccia lunghe che potrebbero darmi ampiezza ed estensione già all’inizio del backswing ma voglio che la posizione corretta delle mani e delle braccia sia il risultato del modo in cui ho ruotato la parte superiore del corpo.

La relazione del mio braccio sinistro con il corpo non cambia mai, e in seguito vedrete come quella posizione sarà quasi identica quando il bastone si sposterà oltre l’impatto nel follow-through.

2 – APPENDERE IL BUCATO ALL’APICE

Per rendere il mio swing più efficiente dopo l’infortunio alla schiena ci siamo concentrati nell’eseguire una grande rotazione.

L’ampiezza creata durante la fase di ‘moveaway’ è ben presente quando porto il bastone in alto.

Raggiungere l’apice del backswing non significa solo arrivare a una determinata posizione ma ha uno scopo ben preciso: si tratta di caricare il bastone per il downswing.

Se continuo a fare perno e a ruotare la parte superiore del corpo allora il bastone raggiungerà naturalmente la posizione giusta, senza alcun lavoro extra delle braccia.

Più girerò le spalle meno violenta sarà la transizione da backswing a downswing – che è la chiave per mantenere il controllo del bastone.

Una grande rotazione aumenterà la forza e la carica che verrà utilizzata nell’ultima parte del downswing, proprio quando serve.

Non c’è tensione nelle braccia, il bastone non è molle o disconnesso e non c’è rischio di fare overswing.

La posizione che vedete qui a fianco è ciò che il mio coach Jamie chiama “Appendere il bucato”.

Quando arrivo alla fine del backswing il bastone è così stabile che potrei appenderci addirittura i panni sopra.

3 – TOGLIERSI DI MEZZO

Quando coach Mulligan e io lavoriamo sul mio swing non discutiamo molto di posizioni e di tecnica.

Lui spesso parla di surf e io dei Lakers, di certo non analizziamo continuamente la sequenza del movimento, la velocità di rotazione o altri fattori.

Sappiamo entrambi che la parte dello swing che ci svela ogni cosa è questo momento che vedete qui a fianco.

È proprio da questa specifica angolazione infatti che Jamie spesso si posiziona per guardarmi colpire la palla e, mentre osserva questo momento, a volte gli esce una frase che potrebbe sembrarvi priva di senso finché non ci pensate attentamente: “Togliti di mezzo quando ci sei dentro”.

Questo è il suo modo di spiegare come i fianchi e la parte inferiore del corpo debbano togliersi dalla traiettoria del bastone nel downswing, mentre la parte superiore del corpo, in particolare la spalla sinistra, debba rimanerci, ossia debba restare rivolta verso la palla.

Questa relazione tra la parte inferiore e la parte superiore del corpo è fondamentale per colpire bene la palla.

Se ruotate tutto insieme in avanti e aprite la spalla sinistra non sarete più in una buona posizione per colpire una palla in modo solido.

Mulligan vuole sempre vedere il mio braccio sinistro estendersi naturalmente come se fosse all’interno di un tubo insieme allo shaft del bastone, e vuole che la parte inferiore del corpo crei lo spazio necessario affinché questo tubo possa accelerare verso la palla.

4 – RILASCIARE E STRINGERE IL BASTONE

Per quanto possa sembrare strano, io non voglio ‘colpire’ la palla.

Certo, mi piace comprimerla quando sono su un lie duro, ma non voglio avere la sensazione di portare il bastone alla palla con l’intenzione specifica di colpirla.

Il bastone dovrebbe accelerare dall’impatto fino al finish in modo quasi libero, quindi la mia sensazione dev’essere quella di rilasciare la presa sul grip per poi stringerla nel follow-through (foto nella pagina di destra).

Potete vedere come la posizione delle mie braccia rispetto al corpo subito dopo l’impatto è simile a quella che avevo prima dell’impatto (foto sopra e in basso), ed è anche molto simile a dov’ero nel moveaway.

Ho semplicemente permesso a tutto quanto – parte inferiore del corpo, fianchi, parte superiore e braccia – di svitarsi naturalmente.

A Jamie piace dire che l’impatto non è una destinazione bensì un viaggio.

Quando arrivo al finish voglio sentirmi libero da tensioni, a mio agio e rilassato. In tutte queste posizioni non sto cercando di mettere il bastone in un punto particolare: questo arriva al finish grazie alla naturale rotazione e allo svitamento del corpo, e la stessa cosa accade anche al mio gioco in generale.

Che si tratti infatti di fare uno score basso, vincere un torneo o semplicemente colpire la palla solida, i risultati non sono altro che la conseguenza di un processo.

Se volete dare il meglio in questa stagione golfistica provate allora anche voi a mettere in pratica questo semplice concetto.