Oltre a Tiger Woods, ancora a caccia dei 18 major di Jack Nicklaus e dell’83° titolo sul PGA Tour, c’è un altro record, ma questa volta in negativo, che cattura l’attenzione e la curiosità del golf mondiale: quello di Jay Haas, il giocatore che nella storia del golf vanta più partecipazioni ai major senza nemmeno una gioia, ben 87. 

Nato nel 1953 a St. Louis, in Missouri, Haas ha avuto una più che onorevole carriera sul PGA Tour: nove titoli, il primo nel 1978, due anni dopo essere passato professionista, l’ultimo nel 1993.

Nel suo palmarès spiccano anche ben tre apparizioni in Ryder Cup, 1983, 1995 e 2004, con una vittoria, e altrettante nella Presidents.

È ricordato per essere stato uno dei più solidi e consistenti Tour player della sua epoca e giocò sul principale circuito statunitense ben 798 volte, un vero stakanovista dei fairway, a sole cinque partecipazioni dal record assoluto di tutti i tempi di Mark Brooks. 

Sul PGA Tour Haas vanta inoltre un primato tutt’altro che scontato, quello di aver superato addirittura 592 tagli, più di chiunque altro.

Nel 2003 raggiunse la più alta posizione del World Ranking, 17°, dopo aver vinto per la seconda volta lo Houston Open. Ma a dispetto di tutto questo, Haas spesso e volentieri viene ironicamente ricordato per il suo primato negativo nei major, una scomoda etichetta che si porta dietro ormai dal lontano 2008, anno in cui partecipò al suo 87° e ultimo torneo del Grande Slam, il PGA Championship a Oakland Hills, vinto da Padraig Harrington. 

C’è però un giocatore, ancora in attività sui circuiti maggiori, che dopo 25 anni di onorata carriera si sta pericolosamente avvicinando a questo curioso record, Lee Westwood.

Parlare di lui significa, prima di ogni considerazione statistica, rendere omaggio a uno dei più grandi giocatori del mondo degli ultimi trent’anni.

Nella bacheca del 47enne inglese brillano in bella evidenza ben 44 vittorie, di cui 25 sull’European Tour, ottavo di tutti i tempi. Westy è uno dei pochissimi giocatori nella storia del golf ad essersi imposto in cinque Continenti diversi, Europa, Nord America, Asia, Africa e Oceania, e vanta almeno un titolo nelle ultime quattro decadi, l’ultimo l’Abu Dahbi HSBC Championship a gennaio.

Forse non tutti ricordano che Westwood, all’apice della sua carriera, raggiunse anche il numero 1 del World Ranking il 31 ottobre del 2010, mettendo fine al regno di Tiger Woods.

Ci rimase però solo 17 settimane, prima di cedere lo scettro a Martin Kaymer.

Lo riconquistò poi con il trionfo nell’Indonesian Masters nell’aprile del 2011, ma fu superato di nuovo, poco più di un mese dopo, questa volta da Luke Donald. In carriera è stato nei Top 10 del World Ranking per oltre 350 settimane.

Leggendarie e indimenticabili sono le sue prestazioni in Ryder Cup: ben nove le edizioni disputate (tutte dal 1997 al 2016), con all’attivo sette successi di squadra, due sole sconfitte e un record personale di 23 punti.

Ha vinto l’Ordine di Merito dell’European Tour tre volte (2000, 2009 e 2020) ed è stato nominato Golfer of the Year del circuito continentale in tre occasioni (1998, 2000, 2009).

Ad Augusta a novembre ha portato il numero delle sue partecipazioni ai major a 84, a sole tre lunghezze dal primato negativo di Haas.

Una maledizione che l’inglese non è riuscito a spezzare nemmeno nei suoi anni migliori: al Masters è arrivato alle spalle del vincitore due volte, nel 2010 e nel 2016, allo U.S. Open vanta due terzi posti (2008 e 2011), secondo a St Andrews all’Open Championship dietro Louis Oosthuizen nel 2010, il suo miglior piazzamento nel major più antico, e terzo nel PGA Championship nel 2009.

Seppur non abbia mai avuto la gioia di sollevare un trofeo del Grande Slam, le sue performance però sono comunque da far invidia per regolarità e consistenza: in 84 partecipazioni ai major ha passato il taglio ben 65 volte e vanta addirittura 19 Top 10.

Attuale numero 46 del World Ranking, nel 2021 lo rivedremo protagonista quasi certamente ancora una volta in tutti e quattro tornei dello Slam: l’operazione aggancio a Haas potrebbe arrivare proprio in occasione del prossimo U.S. Open, in programma a Torrey Pines dal 17 al 20 giugno, facendolo entrare così nella storia con il record meno ambito da ogni professionista.

Ma del resto perché non provarci ancora Westy: la speranza, anche nei major, è davvero l’ultima a morire.