Forse non tutti lo sanno. Il Golf, non è un errore di battitura intendiamo proprio quello con la G maiuscola, è nato match play. C’era un volta un gioco nel quale le sfide erano dirette e prevalentemente tra due giocatori. In palio c’erano onore e soldi. La storia ha virato verso lo stroke play e oggi le gare testa a testa si contano sulle dita di una mano. Per non parlare del gioco tra i dilettanti, dove la pratica match play è pressoché sconosciuta. In compenso non è un mistero di come le sfide a due, o eventualmente a quattro giocatori, siano molto più affascinanti. La Ryder Cup è il più evidente degli esempi. Pensate però a quanto possa essere avvincente giocare contro un avversario sapendo che il triplo bogey della buca 1 potrà essere ovviato con un par alla buca due, in caso di errore del rivale.

Sebbene il gioco a colpi abbia soppiantato quello match play, il golf più che ogni altra disciplina non ha perso il fascino della sfida. I duelli connotano da sempre il nostro sport. Alcuni dualismi si sono prolungati per diversi lustri segnando indelebilmente la storia di questo sport.

Il più celebre e recente è senza ombra di dubbio quello tra Phil Mickelson e Tiger Woods. Quando il giovane Tiger fece la propria apparizione sul Tour, era il 1996, Lefty era già una stella con un paio di apparizioni in Ryder Cup. Da allora per ben 17 anni non c’è stato torneo rilevante nel quale i due non si siano sfidati. Purtroppo Mickelson è nato nel periodo storico di uno dei giocatori più dominanti di sempre. Le sfide infatti sono state quasi tutte appannaggio del Fenomeno al punto che Lefty risulta essere il giocatore nella storia del golf con il maggior numero di settimane da numero due al mondo. Non è mai stato al primo posto del World Ranking, in compenso ha spesso vinto nel cuore dei tifosi che lo adorano almeno quanto Woods.  Sul loro gioco non c’è nulla che si possa raccontare che già non sia noto. Phil è probabilmente il miglior giocatore della storia con in mano il wedge, Tiger con tutto il resto. La riprova arriva dallo U.S. Open, gara dove fantasia e abilità intorno al green sono state spesso grimaldelli per essere protagonisti. Mickelson è arrivato ben sei volte secondo. Woods ha conquistato tre vittorie e due secondi posti. I due hanno totalizzato 127 vittorie sul PGA Tour e conquistato 21 major. Certo, può sembrare una sfida impari, in fondo ha vinto sempre o quasi lo stesso giocatore, però siamo certi che la costante presenza di Mickelson a insidiarne la leadership abbia contribuito alla grandezza di Tiger costringendolo a migliorare giorno dopo giorno. 

Ma c’è un altra sfida che ha perseguitato Tiger Woods nel corso della sua carriera. Non parliamo in questo caso di un avversario in campo. È vero che Vijay Singh lo ha scalzato dal primo posto del World Ranking nel 2004, ma la contesa è durata solo 32 settimane prima dell’eclissi del fijiano. La sfida a distanza che ha dovuto affrontare il Fenomeno è stata quella con Jack Nicklaus. Sebbene i due siano separati da generazioni, Tiger da sempre rincorre il record di 18 successi nei major dell’Orso d’Oro che è diventata la sua principale motivazione. Purtroppo non ci è dato sapere come sarebbe andata una sfida in campo tra i due ma il duello a distanza mantiene tutt’ora un grande fascino animando discussioni eterne nelle clubhouse. 

Parlando di Jack Nicklaus però non si può fare a meno che ricordare le sfide in campo contro Arnold Palmer. Probabilmente, Woods a parte, sono proprio loro due ad avere avuto il maggior impatto sul pubblico e contribuito all’aumento di praticanti. Le loro sfide non si limitavano ai colpi in campo. Era proprio un modo di essere: il ragazzo arrogante e aggressivo della Pennsylvania (Palmer) contro quello attento e conservatore dell’Ohio. A quel tempo, Nicklaus era conosciuto come ‘Fat Jack’ per il suo fisico non proprio filiforme, mentre l’esuberante Arnie era il bello, ‘The King’ il suo soprannome. Sul percorso erano quasi sempre imbattibili a patto che non fossero uno contro l’altro. Terzo incomodo della sfida Gary Player, il Cavaliere Nero per il proprio abbigliamento. I tre hanno dominato le scene tra gli anni ’50 e l’inizio degli ’80 con 34 Slam in totale. Pensate che tra il 1958 e il 1980, uno dei tre ha conquistato un piazzamento sul podio in almeno un major ogni anno.

Arnold Palmer e Jack Nicklaus

Per onor di cronaca ci fu un altro sfidante che alla fine degli anni ’70 insidiò la leadership di Nicklaus. Stiamo parlando di Tom Watson. Tra il 1977 e il 1983 Watson fu vicino a spodestare l’Orso d’Oro dal suo trono relegandolo al secondo posto in quattro degli otto titoli major conquistati. Nello stesso periodo anche Nicklaus vince tre tornei dello Slam. La sfida più celebre tra i due fu all’Open Championship nel 1977 quando addirittura i giornali cavalcarono l’onda titolandola “The Duel in the Sun”. Sul percorso di Turnberry i due si diedero battaglia un giro dopo l’altro superandosi continuamente, prima che Watson avesse la meglio alla 72ma buca di un solo colpo. 

Andando a ritroso nella storia troviamo una delle rivalità più prolungate nel tempo: quella tra Ben Hogan e Sam Snead. Il primo divenne professionista nel 1936, il secondo quattro anni più tardi. Dominarono la scena per oltre 20 anni vincendo un totale di 146 volte sul PGA Tour. Se Snead conta un numero maggiore di titoli, Hogan è uno dei cinque golfisti ad aver completato il Grande Slam in carriera. I due hanno contribuito a portare il golf tra la gente. Era la sfida tra la faccia sorridente e il cappello di paglia di Snead contro l’impiallacciatura severa di Hogan che rendeva le loro battaglie molto più affascinanti. Nel 1950 il dominio è stato assoluto: 11 tornei per Snead e 13 per Hogan. 

Ma la prima grande sfida nel golf del secolo fu quella tra Walter Hagen e Bobby Jones. La loro leggenda ha un tale fascino da essere narrata in numerosi libri e film quali ‘Bobby Jones Genio del golf’ e ‘La Leggenda di Bagger Vance’. Hagen ha vinto 11 major a cavallo della prima Guerra Mondiale mentre Jones ne ha vinti sette. I due però si sono spesso scontrati sul campo in match di esibizione. Bobby Jones era il più grande dilettante dell’epoca e vinse lo Slam nel 1930, Walter Hagen il professionista sfacciato e pomposo che amava giocare a golf per soldi. Si scontrarono nel “The Match of the Century” nel 1925 dopo che Jones aveva già vinto lo U.S. Open e lo U.S. Amateur, entrambi considerati allora major. La sfida è finita con la vittoria di Hagen per 12 a 11 e alcuni sostengono che proprio a causa di quella sconfitta Jones non passò mai al professionismo.

Questi dualismi hanno segnato da sempre il golf. Ma quanto sono importanti e come sono cambiati nella storia dello sport in generale?

Una borraccia passa da una mano all’altra donando un preziosissimo sorso di acqua nel momento di massimo sforzo della sfida. Anche se non eravate davanti alla TV il 6 luglio 1952 avrete già capito quello di cui stiamo parlando. 

Siamo al Tour del France. La tappa era da Bourg d’Oisans a Sestriere e i protagonisti di quello che probabilmente è divenuto il gesto di maggior fair play nella storia dello sport erano Fausto Coppi e Gino Bartali. La loro rivalità è stata indiscutibilmente una delle più sentite della storia in grado di accendere le folle. La sfida all’avversario era sincera. A quei tempi vinceva il migliore, per quel giorno, e lo sconfitto applaudiva. Certo, non mancavano le stilettate ma, proprio come nelle storie del golf che abbiamo raccontato, il confronto nasceva dal talento di due atleti che si elevavano rispetto a tutti gli altri. 

Fausto Coppi e Gino Bartali

Pensiamo a Björn Borg e John McEnroe ad esempio. Indiscutibilmente due ex-tennisti tra i migliori di sempre. La loro rivalità nasceva sicuramente dal talento indiscusso e veniva alimentata dai loro caratteri completamente opposti. Lo svedese infatti è sempre stato noto per la sua freddezza e la sua calma. In campo sembrava non avere emozioni. Tutto il contrario dell’americano che pareva doversi adirare per dare il meglio di sé. Carattere ribelle con continui scatti d’ira non risparmiava tifosi e arbitri. Tra il 1978 e l’81 si sono affrontati 14 volte, superandosi in egual misura, in incontri che la stampa definì tra fuoco e ghiaccio, proprio a causa della diversità caratteriale. 

Bjorn Borg e John McEnroe

Un’altra sfida celebre nel mondo dello sport è stata quella tra Alain Prost e Ayrton Senna, due dominatori della Formula 1 a cavallo degli anni Novanta. La loro diversità caratteriale e nella guida infiammò il pubblico specialmente nel biennio 1988/89, quando entrambi erano alla McLaren. Nel 1988 Senna si laureò campione del mondo, con un minor numero di punti totalizzati, grazie agli scarti. La sfida divenne rovente l’anno seguente, quando a cinque giri dal termine della penultima gara della stagione i due si presero a sportellate pur di vincere il gran premio. In quella stagione fu il “professore” ad aggiudicarsi il titolo.

Le rivalità e i dualismi da sempre sono il nettare dal quale si nutrono i fan. La miscela in grado di incendiare una disciplina e portarla ad essere più luminosa delle altre. Uno sport senza duelli è come un filetto senza un buon bicchiere di vino. 

Ma come sono cambiate queste sfide nella storia? Facebook e i social media hanno cambiato la comunicazione anche nelle contese? Crediamo proprio di sì. Oggi la sfida che ha catalizzato l’attenzione di noi golfisti, quella tra Koepka e DeChambeau, è nata e stata alimentata da stilettate a colpi di post. Abbiamo visto come spesso le rivalità abbiano avuto strascichi fuori dal campo. Le polemiche però ci sembrano inversamente proporzionali alla grandezza degli atleti. Pensiamo per esempio a Ronaldo e Messi. Entrambi hanno le bacheche piene di trofei e si contendono da oltre un decennio il titolo di miglior giocatore dell’anno vincendo il Pallone d’Oro. In più di una circostanza il vincitore si è congratulato con l’avversario. Lo sconfitto ha applaudito il vincente. Questo perché la vittoria è arrivata per meriti conquistati sul campo, gol segnati e coppe vinte. Le polemiche fanno parte del gioco ma non sono il gioco. 

Tornando a Koepka e DeChambeau è triste constatare come il loro dualismo sia nato da polemiche e non dall’aver dominato per un’intera stagione. Storia di un golf che cambia e che in questo momento è orfano di campioni in grado, non solo di emergere, ma di accendere le folle. È un po’ come se sulla nostra tavola ci fosse solamente il vino ma senza filetto. Non fraintendetemi. Lungi dal voler affermare che i due non abbiano talento però… Tiger, Mickelson, Nicklaus e tutti gli altri nominati all’inizio sono stati un’altra storia. Quella che ha reso grande il Golf. Inoltre, nota assolutamente personale, mette tristezza vedere duellare due che faticano a stringersi la mano. Manca molto quel passaggio di borraccia, e non possiamo neanche dare la colpa al Covid…