Non capita tutti i giorni di aver l’opportunità di intervistare in esclusiva un giocatore di fama mondiale. Se poi questo top player è uno dei tuoi beniamini a stelle e strisce, l’onore e l’emozione sono raddoppiati. In breve, è andata proprio così: ho alzato la cornetta del telefono e dall’altra parte mi ha risposto niente meno che Rickie Fowler, il giovane campione americano da anni uno dei pilastri del PGA Tour. 

Quella di Fowler è una storia fatta di rivalse e successi. Un incidente all’età di 14 anni sembrava avergli spezzato il suo sogno più grande, diventare un campione di motocross. Ma, si sa, il destino ha sempre in riservo qualcosa di speciale e così il ragazzino di Murrieta, in California, si è rimboccato le maniche, ha impugnato il bastone ed è diventato il giocatore numero 1 nell’Amateur World Ranking, prima di approdare sul massimo circuito americano. Dopo anni di successi, qualcosa sembrava essersi inceppato nella vita professionale di uno dei più talentuosi ragazzi sfornati dal golf americano negli ultimi vent’anni. 

La tua vita è cambiata radicalmente negli ultimi anni. Ti sei sposato e stai aspettando una bambina. Quanto tutto questo ti ha influenzato come persona e giocatore?

 Tantissimo, ora non devo più solo pensare a me stesso, mi sto creando una famiglia, le responsabilità sono cresciute e magari non potrò più fare quello che voglio e quando voglio (ride) ma la strada che io e mia moglie Allison abbiamo intrapreso è mille volte più esaltante. Con lei sono cresciuto, mi sento un uomo migliore e la tranquillità che mi dà la riverso anche sul mio gioco in campo.

Rickie Fowler con la moglie Allison Stokke durante il Par 3 Contest del Masters 2018.

A questo proposito, tutti parlano di crisi, cosa ci puoi dire?

 Gli ultimi due anni sono stati faticosi dal punto di vista tecnico e mentale. Il golf è fatto di alti e bassi, la storia lo insegna, ma mi sto riprendendo e il putt, che è l’aspetto che più di tutti mi ha dato problemi, sta tornando quello di prima.

Quante chance di sei dato per far parte della squadra di Ryder Cup a Whistling Straits?

 Se devo essere obiettivo sarà molto difficile riuscire a qualificarsi anche se mancano ancora un paio di mesi e in programma ci sono importanti tornei perciò… mai dire mai! Io ce la metterò tutta perché la Ryder è un appuntamento al quale non voglio mancare.

Sulla carta, la squadra americana di Ryder Cup, considerando singolarmente i giocatori, è sempre stata la più forte. E allora perché nelle ultime sette edizioni ha praticamente sempre vinto l’Europa?

 Non credo che gli americani siano sempre stati i più forti, nella compagine europea ci sono sempre stati i fuoriclasse. Detto ciò, è vero, gli europei forse credono più nelle loro capacità e, soprattutto, riescono a creare quell’atmosfera famigliare e a fare gruppo più di noi statunitensi. Con questo non voglio dire che la nostra squadra non sia unita, ma ritengo che ogni tanto bisogna lasciare da parte i dissapori e scendere in campo con un unico obiettivo: giocare per la propria bandiera e dare il massimo in ogni singolo colpo.  

La divertente immagine di un Fowler single tra i vittoriosi baci alla Ryder Cup di Hazeltine nel 2016.

Qual è il major che sogni di vincere? E quello più nelle tue corde?

 Senza alcun dubbio il Masters e l’Open Championship. Sono i miei palcoscenici preferiti nei quali riesco sempre a dare il meglio di me. Soprattutto adoro l’Open, un’istituzione. Amo giocare sui links, là devi saper lavorare la palla, giocare in situazioni sempre diverse e in condizioni meteo avverse. 

Sei molto amico di Phil Mickelson. Cosa ti ha insegnato la sua vittoria 

al PGA Championship?

 Phil mi ha davvero impressionato. È incredibile come sia riuscito a costruirsi la vittoria giorno dopo giorno, a gestire le condizioni di vento e la pressione delle ultime buche. Questo trionfo deve essere di insegnamento a me e a tutte le nuove generazioni. Mickelson ha dato una lezione di vita e di professionalità all’intero movimento golfistico mondiale. Dopo anni di successi non si è adagiato sugli allori, ha lavorato duramente e continua a farlo tutt’ora come se fosse un neofita del PGA Tour. Questo traguardo è la prova che non si è mai troppo grandi per continuare a credere in se stessi e che la strada per scrivere altre pagine di storia di questo sport è ancora lunga.

Con chi hai legato maggiormente 

sul Tour?

 Sicuramente con Phil Mickelson, ci siamo avvicinati molto negli ultimi anni, è un uomo incredibile e ha un senso dell’umorismo e una personalità che fai fatica a trovare altrove. Sono poi molto legato a Justin Thomas, è il mio miglior amico sul circuito americano. 

E poi Jason Dufner, Patrick Catlay e Jordan Spieth.

Da quando sei bambino hai un talento innato per le moto da corsa. Coltivi ancora questa passione?

 Assolutamente sì, le moto sono il mio primo amore e sai come si dice… il primo amore non so scorda mai. Ho diversi amici che praticano ancora motocross e appena posso cerco di unirmi a loro. Ogni volta che monto in sella è come se fosse la prima.

Se non fossi diventato un professionista di golf avresti continuato con questa carriera?

 Credo proprio di sì, la moto sarebbe sicuramente stata la mia strada. Ho avuto però un brutto incidente a 14 anni che mi ha precluso un futuro in questo sport. Da quel momento ho deciso di dedicarmi al golf, ho frequentato con passione l’Oklahoma State decidendo di fare il salto al professionismo nel 2009. 

E con le macchine invece che rapporto hai? 

 Amo i motori, le macchine e adoro guidare. E in questo senso la mia collaborazione con Mercedes-Benz mi dà la possibilità di mettermi al volente di modelli performanti e da sogno. A fine luglio ritirerò la nuova GLS Maybach e avrò la fortuna di ricevere anche la AMG GT Black Series. Cosa desiderare di più dalla vita?

Come ti vedi nel ruolo di padre?

 Te lo dico appena stringerò mia figlia tra le braccia, so che finché non sarà con me e mia moglie non potrò realmente capire quello che si prova. Desidero essere un bravo padre e un punto di riferimento per lei. Sarà bello portarla in giro per il mondo e farla conoscere ai miei amici e colleghi del Tour. Siamo una grande famiglia e sarà un piacere vederla crescere insieme agli altri bambini del circuito.

Immagino tu non sia mai stato in Italia. Posso permettermi di consigliarti una bella vacanza a Roma? Porta tua moglie a vedere la Città Eterna e nel frattempo giochi l’Open d’Italia…

 Consiglio che seguirei molto volentieri. Mia moglie è stata più volte in Europa e in Italia e ogni volta mi decanta le bellezze del Paese e soprattutto l’ottimo cibo. Sarà un cliché ma come si mangia da voi, da nessun’altra parte nel mondo. 

Non per fare la pignola, ma hai depistato la mia domanda…

 A voi donne non sfugge nulla… Mettiamola così, prima della Ryder Cup 2023 mi vedrai a Roma, questo è sicuro.