L’idea di questo editoriale ci è venuta lavorando sul numero di giugno di Golf & Turismo.

La presentazione dello U.S. Open, che per la prima volta nella storia si svolge nello stato di Washington, a Chambers Bay, ci ha portato a viaggiare parecchio su internet, dopo aver letto l’articolo firmato da Lanfranco Vaccari, che ha visitato e giocato il campo lo scorso anno.

Visto che la grande novità era rappresentata dalla possibilità di variare il par 5 delle buche 1 e 18, abbiamo rintracciato la scorecard del bellissimo percorso disegnato da Robert Trent Jones Junior.

Ci ha attirato una frase, scritta sopra le caselle delle prime nove buche: “Tee it forward… Play faster… Have more fun!” (Usa il tee avanzato, gioca più rapidamente, divertiti di più).

Per chi non lo sapesse “Tee it forward” è una campagna lanciata qualche anno fa dalla Professional Golf Association (PGA) of America e dalla United States Golf Association (USGA), i due maggiori enti golfistici degli Stati Uniti.

L’invito, supportato da due mostri sacri del nostro sport quali Arnold Palmer e Jack Nicklaus, dice più o meno così: “Vuoi divertirti?

E allora giocala partendo più avanti. I migliori giocatori del mondo segnano grandi score perché usano bastoni più corti e aperti per attaccare il green.

Scegli il tee che fa per te, in base alla lunghezza del tuo drive, anziché usare quelli arretrati che non vanno d’accordo con la tua forza o la tua abilità.

E se controllate la scorecard noterete che, accanto ai nomi dei tee, c’è proprio la lunghezza del drive, segnata in yarde.

Famosa è rimasta la partita fra Tiger Woods e il presidente americano Barack Obama, giocata nel febbraio 2013.

Sul piatto una puntata di 5 dollari a testa fra i quattro golfisti in campo e la scelta di piazzare la palla avanti.

In quella occasione anche Tiger provò “tee it forward” e pare si sia divertito parecchio, visto che fra l’altro allora giocava alla grande ed era il numero uno del mondo.

Giusto un anno fa, Golf & Turismo si è occupato del dibattito legato alla presenza sulle buche di numerosi tee di partenza ben differenziati. In un’approfondita inchiesta di Andrea Ronchi, avevamo affrontato la questione, che era già stata toccata nel 2012 dalla Federgolf in una newsletter.

Il risultato allora era stato abbastanza scarso, al punto che la FIG, in maniera più perentoria, aveva riproposto l’argomento con la circolare numero 12 del 28 marzo 2014.

Quel documento rendeva obbligatorio l’uso dei tee avanzati per gli under 12, con l’imposizione di creare nuove partenze per i più giovani.

A distanza di un anno abbiamo provato a fare qualche telefonata in giro per l’Italia, contattando direttori e segretari sportivi.

Il risultato della nostra breve inchiesta si discosta poco dal tenore dei commenti che avevamo raccolto dodici mesi fa.

Buona parte dei circoli si è adeguata, anche se solo aggiungendo tee marker verdi vicino a quelli rossi delle ladies, mentre altri hanno seguito alla lettera le istruzioni e approntato vere nuove partenze.

Ci sono però alcuni club che non hanno modificato di un centimetro la situazione già esistente e, soprattutto, quasi dovunque continuano a essere utilizzate solo due partenze: dai gialli per gli uomini e dai rossi per le donne.

In base a una statistica spannometrica ma affidabile, questi due tee si portano a casa l’80 per cento del ‘traffico’, lasciando il resto a bianchi e neri.

E per i verdi e gli arancioni? Solo le briciole, a livello di centesimi percentuali.

I motivi, molto semplici, riguardano in primo  luogo l’improponibile taglio di handicap di vari colpi (anche cinque o sei) per avere in cambio solo una manciata di metri.

Uno scambio non vantaggioso visto che spesso, nei vari campi, non viene osservata la regola del colpo di handicap in meno a fronte di una riduzione di circa 200 metri.

Altro punto dolente le discussioni sui premi speciali, soprattutto per il driving contest ma anche per il nearest to the pin.

E ancora, per  molti uomini, è di ostacolo la considerazione che giocare avanti sia una soluzione poco onorevole.

Il risultato è che, dalle nostre parti, il “tee it forward” non trova molti estimatori. E poco importa che all’estero invece sia entrato da tempo nell’evoluzione naturale del gioco e che fuoriclasse come il grande Tom Watson dichiarino candidamente: “Se mi voglio divertire davvero, adesso gioco dal tee delle donne.”

D’altronde, parafrasando Beppe Severgnini, “we are happy to be Italians”. Sempre e comunque.

fulvio.golob@golfeturismo.it