Ottantasette primavere compie quest’anno il Masters, nato nel 1934 dal genio del più grande amateur della storia del golf, Bobby Jones. Per celebrare degnamente questa edizione vi presentiamo una serie di contenuti esclusivi alla scoperta della sua magica leggenda.

Correva l’anno di grazia 1934. Robert Tyre Jones Junior, per tutti Bobby, il più grande amateur di sempre, si era ufficialmente ritirato solo pochi anni prima. Nel 1930 aveva infatti coronato il sogno di una vita, quello di vincere nello stesso anno il Grande Slam, ovvero tutti e quattro i principali tornei di golf di allora. Il British Amateur e l’Open Championship a giugno, lo U.S. Open a luglio e lo U.S. Amateur a settembre.

Basta golf giocato, ogni obiettivo, anche quello più stimolante, lo aveva ormai raggiunto. In testa il grande Bobby aveva già un’altra sfida impossibile, quella di costruire il più bel campo da golf mai esistito e di dare vita a un torneo a inviti unico al mondo. Acquistò così ad Augusta, in Georgia, la sua terra natale, un immenso vivaio di 147 ettari insieme a Clifford Roberts, noto imprenditore statunitense dell’epoca. Con l’aiuto dell’architetto di campi da golf Alister MacKenzie, incominciò a dare forma alla sua creatura, l’Augusta National Golf Club.

Il resto è storia

Tea Olive, Pink Dogwood, Flowering Peach e Crab Apple, Magnolia, Juniper, Pampas, Yellow Jasmine. Ad ognuna delle sue 18 buche venne rigorosamente attribuito il nome di una pianta che la circondava. Nulla venne lasciato al caso, l’obiettivo era ambizioso quanto il carattere del suo geniale ideatore.

Nel 1933 il circolo aprì per la prima volta le porte al gioco e il risultato finale non poteva che lasciare tutti a bocca aperta. Ma fu proprio l’anno successivo, il 1934, che segnò ufficialmente l’inizio di una delle più grandi leggende sportive: il 22 marzo si disputò il primo Augusta National Invitation Tournament, nome originariamente scelto per il nuovo evento. Lo volle lo stesso Bobby Jones che, a differenza del socio Clifford Roberts, mal digeriva il nome attuale, The Masters. Nome che venne ufficialmente utilizzato solo a partire dal 1939.

Vinse Horton Smith, uno dei più forti professionisti dell’epoca, che intascò come primo premio 1.500 dollari. Bobby Jones, su consiglio di Roberts, partecipò al torneo, che ovviamente ebbe un risalto mondiale per il suo ritorno in campo, ma chiuse solo 13° a dieci colpi da Smith, che rivinse anche due anni dopo, nel 1936. Ma Jones la sua partita l’aveva vinta. Il suo nome, oltre alle sue gesta sportive, sarebbe rimasto indelebilmente legato alla sua meravigliosa creatura golfistica. Da allora, ogni primavera, il gotha del professionismo mondiale si dà appuntamento sui fairway più scintillanti e immacolati della stagione, quelli dell’Augusta National, con l’obiettivo di indossare il simbolo del club fondato da Jones, la Giacca Verde. 

87 primavere

Quest’anno si festeggia l’87esima edizione e tutte, a parte quella del 2020 a causa del Covid disputata a novembre, hanno rigorosamente caratterizzato l’inizio di ogni primavera. E come ogni stagione che si rispetti, Golf & Turismo è pronto a offrirvi la più ampia e dettagliata selezione di approfondimenti sul primo attesissimo major.

Per parlarvi di Masters abbiamo chiamato il meglio del golf nazionale e internazionale, campioni e addetti ai lavori in grado di svelarvi aneddoti e curiosità ma anche di trasmettervi magia e fascino di un evento unico. Si dice che su questi fairway fare un pronostico sia praticamente impossibile.

Per indossare la Giacca Verde non basta semplicemente tirare fuori il meglio di sé. Bisogna essere in grado di andare oltre i propri umani limiti, superare oltre che gli avversari il peso della storia. Si dice che il Masters si vinca e si perda domenica solo dopo aver giocato l’Amen Corner. Sarà pure una leggenda, ma la storia spesso ha detto questo. Quello che è certo è che, a vincere, domenica sarà ancora una volta l’Augusta National.