Mancano 264 giorni alla 151esima edizione dell’Open Championship e Martin Slumbers, amministratore delegato della R&A è stato molto chiaro: “Non abbiamo nessuna intenzione di bandire i giocatori del LIV Tour dal major britannico”.

Una decisione che arriva come un fulmine al ciel sereno in quella che ormai è una spaccature netta tra le già grandi potenze golfistiche mondiali.

“Non vieteremo a nessuno di giocare l’Open Championship, che da 150 anni è un torneo aperto a tutti i migliori giocatori. Non possiamo tradire la nostra storia e non vedo l’ora di vedere in campo, il prossimo anno, il campione in carica Cameron Smith”.

A molti non era però sfuggita la “scivolata” fatta nel luglio scorso quando Greg Norman, vincitore della Claret Jug nel 1986 e nel 1993 e Ceo della Saudi Arabia Public Investment Fund, è stato escluso dalla cena dei campioni, andata in scena la sera prima dell’inizio del torneo.
Una macchia che Slumbers ha prontamente cercato di ripulire mettendo al centro l’essenza stessa del The Open.

“Con tutto quello che stava succedendo la presenza di Greg Norman non avrebbe fatto altro che aumentare i roumors e aggiunto benzina al fuoco. Tutto questo a discapito della celebrazione del 150° Open Championship, il torneo più antico e ricco di storia del mondo. Sono stato molto gentile con Greg chiedendogli di capire il mio punto di vista. E l’ho fatto in privato senza rendere pubblico e facendo commenti per alimentare la stampa”.

Ora la palla passa alle altre più importanti associazioni a capo dei tre major dell’anno: Masters (Augusta National), PGA Championship (PGA of America), U.S. Open (USGA).

È giusto escludere i disertori del PGA Tour o è corretto che il pubblico assista a un torneo dedicato a tutti i migliori giocatori e top player in circolazione?