Se negli anni ‘90 mi avessero detto: “Alberto, sai che nel 2023 la Ryder Cup verrà disputata in Italia?” avrei certamente risposto: “What?!”.
In quegli anni eravamo talmente lontani come tradizioni golfistiche da questo straordinario evento che sarebbe stato come pensare di richiedere la finale di Wimbledon sulla terra rossa del Foro Italico!  Come ben sappiamo, per tradizione la Ryder Cup viene ospitata alternativamente nei due Continenti, Stati Uniti ed Europa, e nelle edizioni europee per tantissimi anni sono stati scelti esclusivamente campi britannici dato che il team era interamente composto da giocatori della Gran Bretagna.

Solo dal 1979 i giocatori dell’Europa Continentale furono ammessi nella squadra per cercare di ostacolare lo strapotere americano, che in diciannove edizioni avevano perso soltanto in tre occasioni.

L’inserimento dei continentali, quali Severiano Ballesteros, Bernhard Langer e José María Olazábal, diede subito il risultato aspettato.

Negli ultimi quarant’anni l’Europa ha infatti collezionato più vittorie dei temuti rivali americani. Nel 1997 accadde qualcosa che ruppe ancora di più la storica tradizione britannica: in onore del più carismatico giocatore di tutti i tempi, Severiano Ballesteros, la Ryder Cup venne giocata in terra spagnola nello splendido percorso di Valderrama. Sempre negli anni 90 anche il rapporto Italia e Ryder Cup fece un enorme e inaspettato balzo in avanti grazie a un campione assoluto di nome Costantino Rocca, che si guadagnò la selezione per ben tre edizioni consecutive, 1993/95/97.

Dopo di che, Francesco ed Edoardo Molinari fecero la storia nella Ryder 2010, diventando i primi fratelli a vincere la coppa contro gli Stati Uniti.

Ed eccoci qui

Siamo ormai a pochi giorni da questa storica Ryder Cup ‘Made in Italy’ che ha perso qualche campione a causa del LIV ma che sarà comunque uno spettacolo straordinario. Cos’è cambiato negli ultimi trent’anni in questo prestigioso evento che risulta essere fra i più seguiti in tutto il mondo? Sicuramente molto, anche perché lo sport in generale ormai si è trasformato in un enorme business e di conseguenza gli atleti sono spesso pedine mosse dai manager, in direzione del miglior offerente.

Per fortuna la voglia di entrare nel team è sempre alta e l’Europa ha trovato in Rory McIlroy l’erede naturale di Seve a livello di cuore e passione. Ai miei tempi quando si parlava di Ryder Cup era addirittura come parlare di qualcosa di religioso, di sovrannaturale, si era disposti a tutto pur di riuscire ad entrare in squadra.

A me personalmente il nome Ryder faceva immediatamente venire in mente una sola persona: Severiano Ballesteros.

Seve incarnava la Ryder, Seve era la Ryder. Il campione spagnolo aveva questo appuntamento sempre fisso nei suoi pensieri e si esaltava dando spettacolo ogni volta che metteva la palla sul tee della 1 per affrontare i fuoriclasse americani.

Nessuno più di lui viveva questa sfida con così tanta passione, determinazione e forza agonistica

Per Seve la Ryder era una missione, il suo carisma e la sua personalità riuscivano infatti a caricare la squadra e a spingerla a compiere imprese impensabili. Il campione spagnolo non andava molto d’accordo con i giocatori britannici ma durante la Ryder li considerava come dei fratelli, piangeva e li stritolava con i suoi poderosi abbracci in seguito alle loro vittorie.

Erano davvero altri tempi. Ogni volta che Seve vedeva un giovane europeo distinguersi sul tour si congratulava con lui e lo stimolava a migliorare, il tutto sempre e solo in funzione della squadra di Ryder. Una passione così forte e contagiosa che attaccava tutta l’Europa davanti al televisore perdendo la cognizione del tempo, tutti intenti a tifare i propri beniamini guidati dal nostro carismatico condottiero. 

Non appena arrivò in squadra il giovane Olazábal, lo prese sotto la sua ala protettrice e lo trasformò in un killer da match-play.

Vederli in campo insieme era un’emozione indescrivibile e in questo momento, mentre scrivo, mi viene la pelle d’oca. Anche durante la sua grave malattia, quando non poteva più presenziare all’evento, il Team Europe sentiva il bisogno delle sue parole e della sua carica agonistica e, riuniti in spogliatoio, organizzavano un appuntamento telefonico con il campione spagnolo.
Seve sei unico e ci manchi davvero tanto.