Ancora lui, sempre lui. Dopo un 2018 che sembrava francamente irripetibile, Francesco Molinari ha ricominciato da dove ha finito.

Non è bastato un major, il primo titolo di un italiano sul PGA Tour, il trionfo a Wentworth, una Ryder Cup da fenomeno e la vittoria nella Race to Dubai per frenare l’ascesa verticale del più grande talento mai espresso dal nostro golf.

Carnoustie non era un campo che amava, e lì ha sollevato la prima Claret Jug azzurra entrando nella leggenda di questo sport dalla porta principale. Neanche l’Augusta National, per sua stessa ammissione, rientra tra i suoi percorsi preferiti ma eccolo lì, a metà torneo di questo suo ottavo Masters, addirittura tra i leader, in piena lotta per la Giacca Verde.

Ad Augusta è stato un venerdì indimenticabile per il golf italiano, una di quelle giornate che si sognano per una vita, soprattutto perché il teatro è quello unico dell’Augusta National, il major più bello e sognato da tutti.

Il 67 di Chicco è frutto di un giocatore che nell’ultimo anno è cresciuto esponenzialmente in convinzione attraverso i suoi pesantissimi successi. La tecnica non è mai stata in discussione, la consapevolezza di essere un top player assoluto ora è lampante in ogni angolo della sua mente.

Ma il lavoro e l’umiltà restano le solidissime basi del suo gioco; pratico, cinico, privo di fronzoli, metodico nella precisione e infallibile nel gioco corto. Questo Francesco Molinari può puntare oggi a tutto, nessun limite può essere posto, nemmeno quello di vederlo indossare addirittura la Giacca Verde.

Siamo a metà strada ma già dopo 36 buche tutti i grandi o quasi sono già allo scoperto, per quella che sarà una lunga, lunghissima volata sino alle ultime 9 decisive buche di domenica pomeriggio.

A guardare la parte alta del leaderboard ci sarebbe da tremare: mai come quest’anno il Masters sta regalando un torneo apertissimo e di eccezionale qualità. A fianco di Molinari a -7 ci sono quattro vincitori di major, Brooks Koepka, Adam Scott, Louis Oosthuizen e Jason Day.

Dietro a loro a un solo colpo, Dustin Johnson, Xander Schauffele (miglior giro di giornata con 65), la sorpresa Justin Harding e Tiger Woods, autore di un giro alla Seve Ballesteros in cui ha dato spettacolo con recuperi incredibili, mandando letteralmente in delirio il pubblico come negli anni d’oro dei suoi primi trionfi al Masters. Solo due putt mancati per un nulla alla 17 e alla 18 gli hanno impedito di riprendersi le prime pagine di tutti i giornali del mondo. Ma la caccia alla sua quinta Giacca Verde a 14 anni dal suo ultimo successo è aperta e viva più che mai.

E poi un fantastico Ian Poulter, che in compagnia di Jon Rahm occupa la decima posizione ma a soli due colpi dalla vetta con un totale di -5. Alle loro spalle un Phil Mickelson deludente (unico giocatore di quelli di testa a chiudere sopra par di giornata 73) ma ancora ampiamente in gioco, Matt Kuchar, David Howell III e Patton Kizzire.

Crolla Bryson DeChambeau, autore di un pesante 75 che lo fa scivolare dalla vetta al 16° posto, risale Jordan Spieth, ora 29° grazie al 68 di giornata. Patrick Reed resta in gioco con lo stesso totale di Spieth ma lontano dagli standard che lo scorso anno gli hanno permesso di indossare la Green Jacket.

Con il taglio caduto a +3 restano in gara in 65 sugli 87 al via; fuori il numero 1 del mondo, Justin Rose, la prima vera grande sorpresa in negativo di questa edizione, dato tra i favoriti torna a casa dopo 36 buche in un Masters per lui da dimenticare in fretta. Niente da fare anche per Sergio Garcia e Danny Willett, lontanissimi parenti dei giocatori che solo tre e due anni fa indossavano la Giacca Verde.

Siamo solo a metà strada ma il Masters è già entrato nel vivo; da oggi tutti all’attacco, per vincere serviranno, come sempre accade su questo campo, anima, cuore e tenacia, qualità che a Francesco Molinari certo non mancano.