I saggi dicono che il Masters si vince (e aggiungiamo si perde) solo nelle ultime 9 buche del quarto giro di domenica. Ma è incontestabile che ogni singolo colpo giocato all’Augusta National, dal primo all’ultimo giorno, abbia un peso enorme nel computo finale del torneo, anche quelli della giornata inaugurale, storicamente ricca di sorprese nelle parti alte della classifica e in cui i top player rimangono nel gruppo, senza fare troppo clamore.

Non è stato il caso di uno dei più attesi protagonisti di questa 83esima edizione, Tiger Woods, che ha chiuso in 70 il primo giro piazzandosi subito nelle parti altissime del leaderboard (secondo) quando ha imbucato alla 18 alle 16:26. Davanti a lui in quel momento c’erano solo il rookie Justin Harding (69), il campione 2013 Adam Scott (69) e lo spagnolo Jon Rahm (69), lo scorso anno in contention per la Giacca Verde poi vinta da Patrick Reed sino alla buca 15 del 4° giro, quando I suoi sogni sono finiti nell’acqua.

Woods, la cui vittoria  al Masters era data prima del via 12/1, è a caccia del suo 15° major e della sua quinta Green Jacket. Un acuto che manca da molto, moltissimo tempo, da quello U.S. Open a Torrey Pines del 2008 vinto miracolosamente su Rocco Mediate al playoff in condizioni fisiche disastrose.

Martedì in sala stampa ha dichiarato di sentire di poter vincere ancora questo torneo e i suoi occhi non tradivano incertezze. E la conferma è giunta anche attraverso le parole di Jack Nicklaus, recordman ad Augusta con sei titoli, che ha ammesso di non aver mai visto Woods così in palla come in questi giorni.

Le sue 18 buche di apertura di questo Masters hanno segnato solo pochissime sbavature tra cui tre putt mancati dalla corta distanza, ma il gioco mostrato è stato quello solido ed efficace dei giorni d’oro. Prima del via aveva dichiarato ingiocabile per raggiungere il green il nuovo bunker posizionato nel fairway di sinistra della buca 5, dove ovviamente ci è poi finito recuperando comunque bene con l’approccio e il putt.

Solo in un paio di occasioni nei suoi quattro successi ad Augusta Woods era uscito allo scoperto già al termine delle prime 18 buche, e solo una volta, nel 1997, anno del suo punteggio record finale di -18, ha preso la testa da solo. E nessuno come lui conosce segreti e insidie di un tracciato che per domare bisogna prima saperlo rispettare e poi attaccare, ma sempre nei momenti e dai punti giusti.

Ma veniamo al protagonista del giorno, anzi degli ultimi major. Brooks Koepka non aveva fino a oggi mai avuto un grande feeling con l’Augusta National e il Masters; alla sua sola quarta apparizione e un 11° poso del 2017 quale miglior risultato, il Player of the Year 2018 del PGA Tour ha ricominciato da dove ha finito nei tornei del Grande Slam, davanti a tutti.

Con 66 comanda dopo le prime 18 buche, e dopo aver vinto lo scorso anno due dei quattro major (U.S. Open e PGA Championship) diventa a tutti gli effetti uno degli uomini da battere anche di questa edizione del Masters. Nel finale viene agganciato grazie a 4 birdie tra la 15 e la 18 da chi Augusta e il Masters ce l’hanno nel sangue fin dai tempi amateur, Bryson “The Scientist” DeChambeau.

Dietro a lui un Phil Mickelson rigenerato (67), autore di 5 birdie sulle seconde, e altri due grandissimi, Dustin Johnson e Ian Poulter con 68, personaggi anche loro scomodissimi per la vittoria finale. Il Champion Player of the Year, Francesco Molinari, finisce in cifra rossa (70) ed è 11° grazie a un giro attento e senza sbavature chiuso con un fantastico birdie alla 18.

Tra le grandi delusioni di giornata ci sono il numero 1 del mondo, Justin Rose e Jordan Spieth, entrambi lontanissimi parenti dei giocatori che hanno infiammato con le loro performance le più grandi platee del mondo. La strada è lunga, anzi lunghissima, ma la prova non solo di forza ma soprattutto tecnica di Brooks Koepka in queste prime 18 buche ha lasciato tutti a bocca aperta.

Una cosa è certa: lo spettacolo del Masters è solo iniziato.