Dietro Marc Leishman che settimanalmente vola da una parte all’altra del pianeta inseguendo il sogno del successo sportivo e della fama si nascondo aneddoti spesso non raccontati.

Marc Leishman è un ragazzo solare, come il paese da cui proviene, l’Australia.

Una carriera brillante, cinque vittorie sul PGA Tour e un major più volte sfiorato, come l’Open Championship a luglio del 2015, quando a St Andrews perse solo al playoff la Claret Jug, finita nelle mani di Zach Johnson.

Una famiglia perfetta e felice, trasferitasi a Virginia Beach, in Virginia, e tre meravigliosi figli, Oliver, Harvey ed Eva avuti da Audrey Hills, la sua compagna di sempre, spostata nel 2010.

Nella vita apparentemente perfetta della famiglia Leishman il fulmine a ciel sereno arriva il 31 marzo 2015.

“Sono ormai passati più di cinque anni – racconta Marc Leishman – ma a volte mi sembra che sia successo solo pochi mesi fa. Il ricordo è ancora vivo, impossibile dimenticare”.

In quei giorni dell’anno i top player affilano i propri bastoni in vista del primo attesissimo major della stagione, il Masters, torneo che nel 2013 Marc Leishman andò vicinissimo a vincere, lasciando la gloria a un altro ‘aussie’, Adam Scott, il primo australiano a conquistare la Giacca Verde.

“Mi trovavo già ad Augusta, per perfezionare swing e strategia in vista del torneo. A casa in Virginia sembrava che mia moglie Audrey avesse all’inizio solo un brutto raffreddore.

La febbre però dopo un paio di giorni non le scendeva, la pressione sanguigna si era abbassata e il cuore pulsava a 140, quando invece il livello normale è tra 60 e 100 battiti al minuto.

Sono tornato al volo e l’abbiamo portata subito al pronto soccorso dato che non riusciva nemmeno a respirare.

I dottori furono subito preoccupati e la successiva diagnosi confermò che aveva una setticemia, in poche parole un avvelenamento del sangue, un’infezione che si sviluppa in una parte specifica e che inizia poi una reazione a catena in tutto il corpo”.

La notizia è di quelle che lasciano a bocca aperta, inermi, senza apparente possibilità di reazione.

I medici parlano di situazione disperata, con solo il 5% di possibilità di ripresa, praticamente una sentenza o quasi.

“Ci sono alcuni momenti chiave di questa incredibile storia – prosegue Leishman – che sono impressi nella mia mente dopo essere tornato di corsa a casa con il primo volo disponibile.

Non riuscivo a riconoscere mia moglie Audrey, dopo che i dottori l’avevano girata dalla posizione prona a quella supina.

Sembrava un’altra persona, il suo corpo e il volto erano completamente gonfi.

Mi ricordo sacche di antibiotici e fluidi che le venivano continuamente iniettati. A quel momento compresi la gravità della situazione.

Quando parlai con i dottori la prima volta, mi dissero che c’era una forte probabilità che non ce l’avrebbe fatta.

Mi ricordo di essere tornato nella stanza dove Audrey era intubata, era cosciente e comunicava con il cellulare tramite SMS.

Chiese subito se sarebbe guarita e io le mentii spudoratamente. “Sì certo – le dissi -, andrà tutto bene, ma devi essere forte e combattere”.

Dicono che la speranza sia la linfa delle nostre vite, capace di generare quell’energia inconscia che ci consente di superare ogni limite o ostacolo, anche quelli più impensabili.

“La vita è fatta di speranza, senza saremmo persi – aggiunge -. Quando mi sono trovato di fronte a lei non me la sono sentita di dirgli la verità.

Se l‘avessi informata della gravità della situazione avrebbe potuto facilmente arrendersi, sapendo le difficoltà che avrebbe incontrato o quante poche chance aveva di farcela.

Penso che sia una gran cosa poter dare a qualcuno speranza. Ho pensato davvero che potevo perderla, era un pensiero fisso.

Ci sono stati tre o quattro giorni in cui sembrava non avere alcuna possibilità. Mi fa male ricordarlo ma stavo quasi pensando a organizzare il suo funerale.

Quando ci sono poche chance di sopravvivenza non si può fare a meno di immaginare le conseguenze più drammatiche. Ho iniziato anche a pensare che se fosse morta sarei tornato con i ragazzi in Australia e avrei ricominciato lì la mia vita, facendo loro da padre e da madre”.

A un passo dal baratro, Audrey però iniziò miracolosamente a reagire alle cure e lentamente il suo quadro clinico iniziò a migliorare.

A metà aprile le fu addirittura permesso di lasciare l’ospedale e proseguire la riabilitazione a casa, in compagnia del marito e dei figli.

“Audrey è sopravvissuta contro ogni aspettativa, anche dei medici: oggi ho ancora al mio fianco una moglie che mi ama e sostiene, e sto realizzando il sogno della mia vita, come golfista, marito e padre.

Questa vicenda ci ha insegnato molto e ci ha permesso di apprezzare ancora di più quello che abbiamo, prima di tutto la salute.

I momenti che trascorriamo insieme hanno oggi un sapore ancora più speciale rispetto a prima.

La vita spesso ti mette di fronte a delle sfide impreviste e durissime ma, una volta superate, tutto appare diverso, più intenso e luminoso”.

Marc Leishman tornò in campo a fine aprile nello Zurich Classic of New Orleans, riprendendo la sua carriera da dove l’aveva improvvisamente lasciata.

(Photo by Darrian Traynor/Getty Images)

Da allora ha vinto altre quattro volte sul PGA Tour, l’ultima a inizio 2020 in uno dei tornei più prestigiosi del circuito americano, il Farmers Insurance Open a Torrey Pines.

“Siamo davvero fortunati di avere ora una vita felice e sana ma ci sono diverse altre persone che attraversano momenti come quelli che noi abbiamo vissuto cinque anni fa e molti di loro non ce la fanno.

Quando nel 2016 Audrey si riprese completamente decidemmo di dare vita alla Fondazione Begin Again.

È sempre stata predisposta ad aiutare gli altri: avrebbe voluto essere un’operatrice sociale ma ovviamente questo non fu possibile quando, dopo avermi conosciuto, abbiamo iniziato a viaggiare per il mio lavoro.

Aiutare gli altri è il senso della sua vita: una volta nati i nostri figli ha dovuto fare la mamma a tempo pieno ma credo che gli mancasse qualcosa.

L’unica cosa certa è che da questa malattia è poi nato un desiderio ancora più grande di aiutare le persone meno fortunate di noi.

Audrey e io sappiamo che i costi delle cure non ci hanno rovinato però molte famiglie non riescono a supportarle: non posso immaginare che significhi guarire da una malattia seria e dover contemporaneamente pagare il mutuo, l’affitto o le bollette.

Per questo abbiamo deciso di dare vita a questa fondazione, in modo che anche che ne ha bisogno possa concentrarsi solo a guarire.

La fondazione è cresciuta in questi anni esponenzialmente e abbiamo aiutato oltre 3.000 persone dalla sua nascita”.

Marc Leishman non è nuovo a iniziative particolari: qualche hanno fa ha pure creato una birra che porta il suo nome, sempre per scopi umanitari.

(Photo by Rob Carr/Getty Images)

“Abbiamo avuto la fortuna di lanciare sul mercato una birra, la Leishman Lager, che ci ha aiutato a sostenere la fondazione.

La birreria Bay Back Brewery ci contattò per produrre una birra a supporto di iniziative sociali. Mi sono fatto subito coinvolgere, anche perché amo la birra, e ho collaborato alla creazione del suo sapore e del look.

Quando uno assaggia per la prima volta un prodotto che ha creato si è sempre nervosi, perché l’ultima cosa che ci si aspetta e che sia orribile!

Ma il primo sorso è stato eccezionale, era buonissima.

Un mese è diventato sei mesi, e ora sono ben quattro anni che produciamo e vendiamo Leishman Lager, che aiuta a finanziare la Fondazione Begin Again.

Dare una mano gli altri mi ha aiutato nel modo in cui vivo il golf.

Ovviamente voglio giocare sempre bene, ma quando le cose non vanno per il verso giusto penso a quello che stanno vivendo tante altre persone meno fortunate di me e questo rende il risultato sul campo molto meno amaro.

E un aspetto che ha aiutato il mio giocare a golf in modo esponenziale, un punto di vista diverso che mi ha fatto fare un salto di qualità a livello mentale.

Quando si è giovani si pensa solo ad avere successo, diventare famosi, fare un sacco di soldi e vincere tornei.

Adesso invece il solo fatto di avere un’influenza positiva sulla vita degli altri mi rende la persona più felice e completa del mondo”.