Seconda intervista per Luke Donald, capitano europeo, a poche ore di distanza. Questa volta l’inglese si è presentato davanti ai media da solo e non con l’avversario americano al fianco, lasciandosi andare a dichiarazioni interessanti sul suo team e sul modo di operare dei suoi vicecapitani.

Dopo le foto di rito di stamattina la settimana entra davvero nel vivo, che sensazioni hai a pochi giorni dal via?

Sì, finalmente ci siamo. La foto ufficiale è una grande e piacevole tradizione. Per tutte le squadre con cui ho partecipato alla Ryder Cup in passato, i primi giorni in cui ci si ritrova finalmente in via ufficiale in uniforme sono sempre un momento unico. È stata una mattinata davvero speciale con un’atmosfera fantastica sul primo tee di partenza.

Gli abbinamenti di questa mattina sono già un segnale di quello che hai in mente e, cambiando tema, hai intenzione di seguire le orme di Thomas Björn e farti un tatuaggio in caso di vittoria?

Inizio dalla seconda domanda. Nessuna garanzia sul tatuaggio. Tanto per farvi capire, non ne ho nemmeno uno. Ma sono sicuro che troveremo un modo altrettanto adeguato per festeggiare se domenica andrà come vogliamo. Per quanto riguarda gli abbinamenti, in parte dipendono dalla rotazione per avere tutti i giocatori a disposizione dei media. Oggi sei dei ragazzi hanno avuto conferenze stampa con i giornalisti, per cui questi sei sono stati inseriti nei primi gruppi. Non c’è molto da dedurre. Ovviamente abbiamo un nostro piano, che potrà essere modificato nei prossimi giorni. Naturalmente i vicecapitani stanno sul campo a osservare i giocatori e a vedere come si comportano, come si sentono e tutto il resto. Chiaro che abbiamo un nostro piano.

Avete scelto di giocare prima i foursome, il motivo è legato al fatto che è una formula che si adatta perfettamente ai tuoi ragazzi?

Semplicemente ci siamo basati su un analisi approfondita delle statistiche del team. All’interno della nostra squadra riteniamo di avere degli accoppiamenti molto forti, con un grande potenziale. Ci sembra di essere leggermente più forti statisticamente nei foursome rispetto ai fourball.S ai, nella Ryder Cup ogni squadra vuole partire subito in quarta. Si vuole partire subito in vantaggio. Io e i vicecapitani abbiamo deciso che la scelta migliore era cominciare con i foursome, null’altro da dire. Penso che abbiamo l’opportunità di mandare sul campo quattro coppie molto solide e speriamo di ottenere subito un vantaggio. Mi sono confrontato più volte con tutti sui potenziali abbinamenti ma non c’è ancora nulla di deciso.

Puoi dirci come si è integrato Sepp Straka nel gruppo e se ha ricevuto qualche battuta sui suoi legami e sul suo background americano?

No, nessuna presa in giro. Tutti e 12 fanno parte dello stesso team questa settimana. Non ci sono gerarchie e anche Sepp si gode l’atmosfera di squadra. Abbiamo visto che si è divertito e si è integrato molto bene con i ragazzi anche a gennaio alla Hero Cup. Anche in quel caso ha dimostrato il massimo impegno volando da Maui ad Abu Dhabi. Magari ha un accento americano e vive in Georgia ma anche altri di noi vivono in America e alcuni sono sposati con ragazze americane. È così e basta. Questa settimana siamo tutti Team Europe.

Due domande non correlate: una riguarda il primo tee, il nervosismo e l’agitazione, vedendo quanto sono grandi le tribune, che sembrano diventare ogni anno sempre più enormi. Cosa ti senti di dire a chi come rookie si avvicina per la prima volta al tee della 1? Perché ovviamente ci sei passato anche tu.

Credo che tutti sappiamo che è un momento importante. Per me lo è stato sicuramente. Nel 2004, alla mia prima esperienza, non ho tirato un gran colpo e mi è partita a destra. Non è semplice prepararsi a quel momento ma credo che i ragazzi venerdì saranno pronti. Partiranno con il piede giusto. Sappiamo che questo aspetto è importante in Ryder Cup e senza dubbio è il messaggio che vorrei lanciare agli esordienti e a tutta la squadra.

E in fatto di nervosismo? Com’è stata la tua prima esperienza nel 2004?

Quando mi sono avvicinato al tee ero abbastanza tranquillo e fiducioso. Cinque minuti prima mi sembrava tutto piuttosto normale, come un major, una cosa importante, sì, ma niente di straordinario. Poi, una volta che chiamano il tuo nome, inizi a dimenticarti le cose, la mente si svuota. Ma è importante cercare di avere abbastanza chiaro cosa si vuole fare sul primo tee. Sono tutti professionisti. Tutti hanno vissuto momenti importanti e sono sicuro che sapranno gestire bene la situazione. Ovviamentenon è una cosa da poco. La pressione è tanta. Ma come dico sempre ai miei ragazzi bisogna cogliere appieno questi momenti e goderseli, perché sono gli attimi migliori della nostra carriera.

A parte questo, quando Zach Johnson ha selezionato le sue wild card avevate fatto dei pronostici? Intendo dire, ti aspettavi che avrebbe scelto Justin Thomas? Non è in ottima forma ma ha fatto grandi cose in Ryder Cup.

Sicuramente Zach sa quello che fa e io non ci ho prestato troppa attenzione. Anche in questo caso si tratta di una situazione che esula dal mio controllo. Io, Edoardo e i vicecapitani abbiamo tenuto traccia di tutte le statistiche, comprese quelle degli Stati Uniti, e sicuramente avrebbero potuto prendere una strada diversa da quel punto di vista. Ma Justin Thomas ha disputato due Ryder Cup, e ovviamente ritengono che, nonostante quest’ultimo periodo non certo brillante come lui stesso ha dichiarato, il suo apporto alla squadra è notevole. Anche in questo caso, Zach sa ovviamente cosa sta facendo. Ad essere sincero ero più concentrato sul mio team che sulle loro scelte.

Siamo curiosi di saperne di più sull’approccio statistico che state adottando, ci racconti come è strutturato?

Edoardo Molinari lo fa ormai da diversi anni. Ha lavorato e collabora tuttora con numerosi giocatori del DP World Tour e del PGA TOUR. Lavora con alcuni ragazzi in modo specifico sulle statistiche di chi gioca questa settimana. È molto intelligente, molto sveglio. Capisce le cose anche dal punto di vista del giocatore, avendo disputato lui stesso una Ryder Cup. Conosce bene la pressione e tutto ciò che ne consegue. E sa che i numeri possono fare la differenza. Ci fidiamo di Edoardo e dei suoi numeri anche se ovviamente non ci basiamo al 100% su questi per le nostre decisioni, che sono anche di istinto. Tutto il materiale che abbiamo raccolto negli ultimi tre anni, avendo giocato tre Open d’Italia, ci ha permesso di elaborare un bel po’ di statistiche su ciò che funziona e ciò che non funziona su questo campo , e ancora una volta, lui svolge un ruolo cruciale in quella che si spera sarà una tre giorni di successo per riconquistare la coppa.

Se qualcuno ti consegnasse i quattro abbinamenti degli Stati Uniti di venerdì mattina -anche non in ordine ma comunque definitivi -potrebbero servirti o sarebbe sostanzialmente inutile?

Come ho già detto credo che dobbiamo tornare a focalizzarci su ciò che possiamo controllare, sui nostri abbinamenti e su quello che cerchiamo di fare. A differenza della Presidents Cup, dove si possono abbinare un po’ i gruppi, questa è la peculiarità della Ryder, fa parte del divertimento. Si tratta di un sorteggio alla cieca. Anche in questo caso non interpreterò troppo i loro abbinamenti. Possiamo avere un’idea e un’ipotesi ma si tratta appunto di un’ipotesi. Non è il caso di dare troppa importanza a questo aspetto, che potrebbe cambiare. Bisogna controllare quello che si può controllare. Tiriamo fuori i nostri migliori abbinamenti nell’ordine che riteniamo più opportuno e lasciamo il resto al caso.

Che valore aggiunto dà Tommy Fleetwood? Secondo te potrebbe diventare futuro capitano di Ryder Cup, e che cosa dà ai ragazzi del team?

Sì, assolutamente, potrebbe essere un futuro capitano. Sono rimasto impressionato dal modo in cui ha gestito il gruppo alla Hero Cup. Tommy ha un modo di fare fantastico. È molto rilassato. Ha sempre il sorriso sulle labbra. Ama lavorare in squadra. Ama l’atmosfera. Penso che il suo gioco si possa elevare grazie al gruppo di supporto che lo circonda. Fa gioco di squadra ed è uno dei migliori colpitori di palla al mondo. Mi aspetto una grande settimana per lui. Ovviamente ha giocato molto bene. Si è visto quando ha fatto coppia con Francesco, una persona con cui si è trovato molto a suo agio e ha avuto un grande successo sul campo. Lo ribadisco: gli piace giocare in squadra e si vive appieno i momenti con il team.

C’è molto interesse per Ludvig Åberg, per ovvie ragioni. Puoi dirci, nel breve periodo in cui avete giocato insieme, come è stato? Ha trovato la sua dimensione? Ha una grande personalità? E cosa farete per assicurarvi che dia il meglio di sé? C’è qualcuno in particolare che si occupa di lui o che lo tiene d’occhio? Qual è la tua strategia al riguardo?

Beh, Ludvig è come appare. Sembra imperturbabile. È piuttosto silenzioso e ascolta molto. Non è certo uno che, a tre o quattro mesi dall’inizio della sua carriera professionale, si mette a parlare e a fare il leader. Non è proprio il suo stile. Sembra di ghiaccio. Ogni volta che gli è stato chiesto di giocare bene ci è riuscito, e sono felicissimo di averlo in squadra. Ovviamente abbiniamo i vicecapitani a determinati giocatori, e questa settimana faremo lo stesso. Ci sarà uno dei nostri vice con lui praticamente sino a domenica, ma come dicevo prima, sembra che si stia inserendo bene ed è rilassato, entusiasta. Ludvig non esagera mai, è molto equilibrato e credo che questa settimana lascerà che siano i suoi colpi a parlare.

Puoi dirci quale dei vicecapitani lo seguirà?

Sarà Nicolas Colsaerts.

Fari giocare tutti e 12 prima dei singoli?

Dobbiamo vedere nei prossimi giorni i livelli di forma e di stato di tutti, poi decideremo di conseguenza. È ovviamente un campo impegnativo con molti dislivelli per cui vediamo in termini di dispendio energetico come reagiranno. Non è escluso che qualcuno ne giochi cinque su cinque comunque.

Per quanto riguarda i foursome, prima parlavi ovviamente della Solheim Cup: questa teoria non ha funzionato bene per le europee che sono andate sotto 6-2. Hai capito cos’è successo in quell’occasione e potrebbe influenzare le tue scelte dei prossimi giorni?

Non è stato l’inizio ideale per l’Europa alla Solheim ma hanno rimontato alla grande fino al pareggio 14-14 che le ha permesso di riconquistare la coppa. Quindi per me si tratta solo di preparare i ragazzi bene prima del primo tee shot, di assicurarmi che si siano ambientati e che siano pronti a iniziare alla grande. Non si può fare altro. Anche in questo caso non credo ci sia nulla da imparare se non essere presenti per i propri compagni di squadra quando si gioca i doppi. Penso che il foursome, in particolare, sia un formato che richiede un grande spirito di squadra e sicuramente voglio trasmettere questo messaggio ai ragazzi.

Credi che sia un gruppo solido il tuo e chi potrebbe essere tra i 12 il vero team leader di questa edizione?

Non credo che ci sia necessariamente bisogno di grandi voci all’interno del team. Bisogna avere ben chiaro il motivo per cui si è qui, qual è la ragione e come si intende raggiungere l’obiettivo. Questi ragazzi sono molto motivati e sembrano molto uniti. A me sembrano un bel gruppo, vanno molto d’accordo tra loro e hanno già creato una sorta di legame indissolubile tra loro. A volte le parole sono superflue. Durante la settimana ci assicureremo di lavorare come una squadra ma credo comunque che ogni team sia diverso dall’altro e abbia la propria personalità. Nella squadra ovviamente ci sono alcuni volti nuovi mentre altri ragazzi che hanno partecipato alla Ryder Cup da protagonisti assoluti non ci sono più. Capiscono che ora hanno l’opportunità di scrivere la loro di storia. Sono entusiasti di essere qui e pronti.