Diciamoci la verità, che il LIV Tour abbia dato una bella scossa all’intero movimento golfistico mondiale è ormai palese. Che questa scossa poi si sia trasformata in una crepa profonda che ha diviso in modo irreversibile le più importanti figure e personalità del nostro sport è tutta un’altra faccenda. 

La storia è pressoché conosciuta

A inizio anno prendeva piede il LIV Tour, la nuova superlega araba che ha man mano coinvolto alcuni tra i più forti giocatori del momento, che non hanno resistito al profumo dei dollari lasciando in men che non si dica il PGA e il DP World Tour. 

Da qui, la frattura con i massimi circuiti mondiali a partire da quello americano, che ha repentinamente bandito da ogni suo torneo i disertori. Nomi del calibro di Dustin Johnson, Bryson DeChambeau, Sergio Garcia e Patrick Reed solo per citarne alcuni. 

Dopo il secondo evento di giugno andato in scena negli Stati Uniti, a Portland, la tanto chiacchierata lega finanziata dall’Arabia Saudita ha poi confermato che il LIV Golf Invitational Series passerà nel 2023 a 14 eventi, sempre con 48 giocatori coinvolti. 

Ma per continuare nell’ascesa, il circuito saudita deve compiere un passo fondamentale per la sua credibilità: la validità dei propri tornei per il World Ranking. Una partita di difficile soluzione poiché i membri della commissione del OWGR sono, di fatto, i medesimi che siedono ai posti di potere dei più importanti Tour o organizzazioni mondiali. 

Per avvalorare ulteriormente la richiesta sono scesi in campo i diretti interessati, da Cameron Smith a Dustin Johnson, passando per Phil Mickelson e Sergio Garcia, con una lettera scritta e inviata a Peter Dawson, Chairman dell’Official World Golf Ranking. La volontà è quella di includere, anche su base retroattiva, i risultati riguardanti gli eventi della LIV Golf nei calcoli della classifica mondiale così da ottenere nuovamente punti fondamentali per guadagnare posizioni nel ranking e qualificarsi a eventi clou tra i quali spiccano i major, le Olimpiadi e la Ryder Cup.

La diatriba è poi proseguita con i libri in tribunale, provocando una rottura dei rapporti tra i giocatori stessi, molti dei quali non si sono risparmiati nel criticare le scelte dei propri colleghi. Uno di questi è l’americano Billy Horschel, entrato a gamba tesa sulla querelle PGA-DP World/LIV che popola tutte le prime pagine dei media sportivi. “Ormai regna l’ipocrisia. Per giocare sul PGA Tour devi disputare almeno 15 eventi, il programma del LIV ne prevede l’anno prossimo 14. Quindi sentire dire da alcuni miei colleghi che nel 2023 giocheranno 29 eventi continuando a essere membri del PGA Tour è ridicolo”. 

E tra una dichiarazione al vetriolo e l’altra, il CEO Greg Norman ha continuato imperterrito il suo lavoro ingaggiando nella sua scuderia saudita l’ormai ex numero due del mondo, Cameron Smith. Il suo è stato il nome più pesante tra gli ultimi giocatori che hanno deciso di aderire al LIV Golf Invitational.

La perdita di Smith è di fatto il colpo più duro sinora subìto dal PGA Tour

Mai, infatti, un giocatore tra i primi dieci del World Ranking aveva aderito alla superlega. E il tutto nella migliore stagione disputata dall’australiano da quando è professionista, con le vittorie nel Sentry Tournament of Champions, nel The Players e nell’Open Championship a St Andrews. 

Alla fine, chi ci rimette sono i due eventi golfistici che meglio esprimono lo spirito del golf: la Presidents Cup e, soprattutto, la Ryder. Il colpo di grazia è stato il passaggio in terra saudita di Smith, Joaquinn Niemann, Marc Leishman e Abraham Ancer, che hanno messo non poco in difficoltà il capitano del Team Internazionale di questa edizione, Trevor Immelman. Già la Presidents non ha mai avuto quell’interesse ed entusiasmo propria invece della Ryder Cup. Quest’anno poi, a parte qualche sporadico bagliore di luce e reazione d’orgoglio dei giocatori non americani, non c’è proprio stata partita. E quel che è peggio è che questa situazione si ripresenterà tra meno di un anno a Roma in occasione della nostra Ryder, orfana ormai di campioni che, di questa biennale sfida, sono stati l’anima e il cuore pulsante delle rispettive squadre. 

Sembra proprio che Greg Norman stia di fatto distruggendo il PGA Tour e la sua storia e, cosa ancora più grave, tutto questo si sta riversando sulla Ryder Cup, la gara simbolo del golf, l’evento nella sua forma più pura che ha fatto conoscere il nostro sport ai non golfisti e lo ha reso celebre e popolare in ogni parte del mondo. 

L’unico punto rimasto incompiuto sulla nascita, ascesa e continuità a lungo termine del circuito saudita è legato ai diritti televisivi. Al momento nessuna rete trasmette gli eventi del LIV Tour il quale si appoggia al proprio canale YouTube fruibile a chiunque ma che, in ogni caso, non permette di raggiungere un pubblico più ampio. Ora però pare esserci una novità e il LIV Golf sarebbe vicino a firmare un accordo con Fox Sports 1. 

Si potrebbe stare qui a lungo a dissertare su questa diatriba tra favorevoli e contrari allo sviluppo di questa superlega araba che ormai da un anno alimenta tutti i livelli del golf. 

Alla luce di quanto scritto però, è palese quanto la morale, se di morale si può parlare, è che chiunque ha ormai il diritto di cambiare il mondo, basta solo avere il potere economico per farlo.